Allegri è un signore e questo non si può negare; mai ha cercato la polemica ma ha sempre dribblato critiche e polemiche con risposte a effetto che facevano impazzire i tifosi. Magari non ha la verga di Mourinho, ma ha uno stile tutto suo di dire le cose. 

Ebbene, quell’Allegri sembra essere rimasto a Wembley dopo il 2-2 contro il Tottenham, da allora il ct mostra una profonda insofferenza verso la stampa e gli organi competenti con cui si confronta a fine partita. Difende a spada tratta i suoi giocatori, ricordando vittorie e successi, ma glissa sul motivo del grigiore del gioco bianconero. Ieri, nella querelle con Lele Adani

vengono fuori finalmente le idee con cui allegri costruisce calcio. In sintesi, focalizzarsi sulla fase difensiva e dare la palla ai più bravi, un po’ come, secondo lui, avviene nel basket. Un messaggio simile risulta essere offensivo e non poco, 1 contro il tuo mestiere di allenatore che per assioma deve aiutare la squadra a trovare la quadratura del cerchio nelle sue giocate. 2 contro i giocatori, perché anche se esistono quelli più forti non puoi delegare i “meno forti” a servire soltanto i palloni ai più forti. 3 contro la società e i tifosi; nel primo caso perché tu valorizzi il singolo e parli di gruppo solo per la fase difensiva, mentre ai vertici societari hanno sempre dichiarato che è la squadra a venire prima di tutto. I tifosi invece sono colpiti nell’orgoglio dato che una larghissima fetta di tifosi vede questo arrancante trascinarsi verso il 7^ scudetto consecutivo come un immeritato contentino figlio dell’ennesima eliminazione dalla champions. Il Napoli gioca meglio, ed anche se si specula sul suo cammino europeo, ha dimostrato di crederci. La Juve no e filtra l’idea che, dopo questa, chiamiamola “impresa” le strade tra Allegri e la Juve si separeranno, semplicemente perché ha perso la sua identità, la sua signorilità, ed in una stagione in cui la Juve è andata a inerzia contando sui colpi dei singoli non c’è peggiore sconfitta che vedere una squadra priva di idee, come dice Adani. 

L’anno scorso il 4-2-3-1 fu forse frutto dell’improvvisazione? Assolutamente no. Mandzukic sulla fascia è un’idea da genio tattico, così come lo fu pensare di cambiare al centrocampo a 3 quest’anno. Quindi il mister contraddice se stesso. Non è solo una questione di attimi, di colpi del campione e di situazioni. C’è del lavoro dietro, a volte viene ripagato ma altre volte no. Ma il calcio insegna proprio questo, che molte volte anche se ti ci sei impegnato perdi, in caso contrario si fanno i complimenti agli avversari, non si specula sulle crudeltà dell’ultimo minuto.