In meno di 100 giorni senza calcio abbiamo cambiato i nostri orizzonti. I 60 milioni di allenatori sono diventati virologi, esperti di numeri e quasi haters del calcio. Un'emergenza che ha reso tutti più attenti alla condizione sanitaria globale che al calcio, divenuto quasi lo specchio di quello che siamo in realtà. Abbiamo bisogno di parlare, di esprimere giudizi e di trasformarci in “analizzatori sociali”.
Per un attimo è sembrato che lo sport facesse ribrezzo anche al più accanito dei tifosi, ma in fondo, sapevamo tutti che sarebbe bastato poco per tornare alle vecchie abitudini. O ai vecchi vizi. L’antipasto di Coppa Italia ci ha risvegliato dal torpore, ci ha riportati lavagnetta in mano a diventare nuovamente tecnici e meno virologi, ma neanche i tre mesi senza partite hanno frenato la nostra voglia di mettere qualcuno sulla graticola. Prima Ronaldo per il rigore sbagliato, poi Lautaro. In 72 minuti di partita è stato bersagliato dalle critiche più multiformi.
Chi vi parla non è interista, ma fa parte del mondo dello sport, per questo ho provato a fare un'analisi diversa. Dal dopoguerra ad oggi, non esistono atleti non infortunati che sono stati fermi più di tre mesi. Il calciatore, così come gli altri sportivi agonisti, vivono controllati in un regime che spazia dalla cura degli alimenti, alla psicologia, fino alle più innovative tecniche di allenamento, calcola dei cicli per restare in forma e arrivare al top in alcuni momenti della stagione. Tutto stravolto, come mai prima dalla pandemia globale. Noi però non riusciamo a valutare alcuni concetti. Siamo stati capaci di giudicare i 72 minuti di un calciatore che non ha ancora compiuto 23 anni e vale più di 100 milioni di euro. Lautaro Martinez ha segnato con l’Inter 16 reti in 48 partite in campionato, esattamente una ogni 3 gare, una media molto più brillante se calcolata sui minuti effettivi. In nazionale ha esordito e segnato, è pupillo di Messi, è paragonato ad Aguero, potrebbe essere l’unico colpo sopra i 100 milioni del calcio mondiale nella prossima campagna acquisti e sopratutto ha scalzato Icardi. È stato il suo sostituto nella passata stagione, lo ha messo nel dimenticatoio insieme a Lukaku, ha lanciato una nuova Inter targata Conte di cui è pedina inamovibile.
Noi in 72 minuti lo abbiamo distrutto. È stato tacciato di essere già con la testa sulle Ramblas, di attendere solo un passaggio al Barca che neanche è sicuro, di essere svogliato. Tutto ciò per una partita, una sola, giocata dopo più di 90 giorni di stop. Ronaldo non ci è sembrato più in forma, neanche Lukaku ha brillato, Rebic addirittura ha fatto peggio. Noi però abbiamo puntato il dito su un calciatore che accende l’entusiasmo, segna con due piedi, lotta e si distingue sempre per qualità e tenacia. Tutto ciò solo perché il Barcellona sembra interessato a lui.
E in questo quadro quasi surreale lui non ha detto una sola parola. Zero commenti sui social, nessun gradimento pubblico ai blaugrana, solo sorrisi e foto con la maglia nerazzurra. Siamo il popolo che inorridisce quando un calciatore mette in discussione i contratti e pensa al Dio denaro, ma quando ciò non accade siamo anche più cattivi. I silenzi ci fanno anche più male, perché non ci consentono di esprimere i nostri pareri da tecnici, opinionisti, dirigenti sportivi.

Lasciamo in pace Lautaro e godiamoci l’unica buona notizia. La Coppa Italia ha spazzato via gli haters del calcio, tutti siamo tornati a parlare del nostro sport preferito, e, soprattutto, non siamo più un popolo di brillanti virologi.