Un diluvio rinvia l'appuntamento con la storia del calcio sudamericano e mondiale: la gara di andata della finale di Coppa Libertadores è stata infatti rinviata per il maltempo che sta flagellando Buonos Aires. La grande attesa durerà quindi 24 ore in più, e con essa cresceranno a dismisura adrenalina e aspettative per uno degli appuntamenti sportivi più sentiti al mondo. Il calcio d'inizio verrà dato domenica 11 novembre alle ore 20 italiane, l'11/11 quasi a voler sottolineare, per uno strano scherzo del destino, l'importanza degli 11 protagonisti che scenderanno in campo da una parte e dall'altra. Certo il condizionale è ancora d'obbligo, perché anche il Dio del Pallone è costretto ad inchinarsi al cospetto di Madre Natura, e non può nulla per impedirne i capricci. Il countdown però è ripartito, l'ora X è stata riprogrammata e non si aspetta altro che inizi la Sfida delle sfide.

Genovesi contro Milionari. No, la città Ligure non c'entra e nemmeno la presunta parsimonia dei suoi cittadini. Genovesi contro Milionari è il derby di calcio a Buenos Aires, il Superclásico, tra gli Xeneizes, i genovesi appunto del Boca Juniors, il quartiere povero e portuale della capitale Argentina (dove agli inizi del Novecento si parlava genovese data la preponderanza di liguri tra i suoi abitanti) e i Millonarios, i ricchi e benestanti milionari del River Plate (i cui dirigenti furono così ribattezzati dal quotidiano Cronica perché negli Anni Trenta spesero 35mila pesos, record dell’epoca, per acquistare dal Tigre il funambolico attaccante Bernabè Ferreyra). Boca Juniors contro River Plate, ossia il club preferito da “la mitad mas uno del pais”, la metà più uno del paese, contro “el mas grande”, e in questo caso non c'è bisogno di traduzione.

Una rivalità centenaria che fa di questo derby una delle sfide più calde del mondo insieme a Fenerbahce-Galatasaray a Istanbul, Celtic-Rangers a Glasgow e Stella Rossa-Partizan a Belgrado. La partita che secondo gli inglesi – mai troppo simpatizzanti degli argentini – del quotidiano The Observer è il primo di cinquanta eventi sportivi a cui un vero appassionato deve assistere almeno una volta nella vita prima di morire. Figuriamoci poi se il doppio derby del 10 e 24 novembre assegnerà la Copa Libertadores, l'equivalente della Champions League.

Ha dovuto aspettare più di 50 anni, ma anche l'Argentina adesso avrà il suo derby in una finale di Coppa Libertadores. Anzi di più, due nuove puntate dello straordinario romanzo del Superclásico di Buenos Aires. Due moderni atti di un'opera la cui sceneggiature non è mai banale e segna ogni volta in maniera indelebile la storia delle sfide tra Boca e River. Una finale da sballo, un epilogo già storico prima ancora di essere giocato, perché per la prima volta una finale continentale oppone le due metà dell'Argentina, e in fondo della vita: popolare, fiera, irriducibile quella del Boca, elegante e vincente quella dei parvenu del River. Divisione perlopiù storica, che oggi paralizza un Paese travolto dalla crisi finanziaria e, pure per il gusto anestetizzato di noi europei, rappresenta qualcosa di irresistibile, nostalgico, desaparecido.

Il Boca, squadra tradizionalmente più da coppa, cerca la sua settima Libertadores, il River, che vince più campionati, mette nel mirino la sua quarta. Ben 14 anni dopo Boca e River si ritrovano uno di fronte all'altro a contendersi il trofeo più nobile del Sud America. L'ultima volta fu nel 2004, in semifinale, quando il Boca di un paio di vecchie conoscenze italiane – Tevez e Bianchi – ebbe la meglio, pur perdendo in finale con l'Once Caldas. Un Superclasico che è stato in dubbio fino all'ultimo perché il Gremio, eliminato in semifinale all'ultimo secondo ha fatto ricorso contro il River Plate. Oggetto del contendere l'incursione proibita a fine primo tempo negli spogliatoi dei Milionarios di Gallardo. Piccolo particolare, l'allenatore del River era squalificato. Del resto la Conmbol ha subito definito date e orari delle due finali specificando che l'andata si sarebbe giocherà alla Bombonera il giorno 10 novembre, dicendo solo che il ritorno sarebbe stato il 24, senza specificare lo stadio del River. Per fortuna l'allenatore milionario Marcelo Gallardo se l'è “cavata” con una squalifica.

Quella tra Boca e River sarà anche una sfida tra panchine. Su quella azul y oro sarà seduto Guillermo Barros Schelotto, classe ’73, che allena il Boca dal febbraio del 2016. Da calciatore ha solo sfiorato l’Italia alla fine degli anni Novanta; da allenatore, dopo l'esordio alla guida del Lanus, è stato per qualche settimana – nella stagione 2015-16 – sulla panchina sempre irta di spine del Palermo di Zamparini. Su quella blanco y rojo ci sarà Marcelo Gallardo, classe ’76, che allena il River da quattro anni e mezzo e con cui, nel 2015, ha conquistato la Libertadores battendo nella doppia finale i messicani del Tigres. Talento precocissimo del vivaio River – il suo esordio in A a nemmeno 17 anni – ha dedicato interamente la sua carriera ai Millonarios, salvo una breve parentesi europea (tre anni al Monaco e uno al Psg), una stagione negli States e una in Uruguay (Nacional).

Sarà anche il confronto tra stelle emergenti. Cristian Pavon, classe 1996, soprannominato il “nuovo Caniggia”, indossa la maglia numero 7 e può vantare già una discreta esperienza internazionale, visto che ha preso parte alla sfortunata spedizione dell’Argentina ai Mondiali di Russia. Grande assist-man, molto tecnico, rapido, in possesso di un dribbling fulminante, dà velocità e imprevedibilità alla manovra d’attacco del Boca. Nel River fari puntati su Exequiel Palacios, classe ’98, centrocampista completo che sa impostare e contrastare. Per quanto riguarda le formazioni, ancora non al meglio il capitano del River, Ponzio, mentre partirà dalla panchina l’ex centrocampista del Verona, Bruno Zuculini. Così come Mauro Zarate e Carlos Tevez, dall'altra parte, che non faranno parte dell'undici iniziale. Barros Schelotto in avanti dovrebbe preferire Avila a Benedetto. L’unico ex del nostro campionato a giocare dall’inizio sarà, così, Lucas Pratto, il centravanti del River che pochi ricordano per i suoi trascorsi al Genoa.

La città sarà blindata, sarà una “guerra calcistica” caldissima quella che andrà in scena a Buenos Aires. Andata tra poche ore alla Bombonera, la casa del Boca, uno stadio unico al mondo, anche per la sua forma, nel cuore del barrio portuale di Baires. Uno stadio “irrazionale”, verticale, anemico di spazio, che no tiembla, non trema, ma late, batte forte, con i suoi 60000 cuori. I tifosi del River, per ragioni di ordine pubblico, saranno banditi dallo stadio ma saranno ovunque dal Monumental (la casa del River dove L'Argentina vinse il mondiale del ‘78) fino alla linea di confine più accessibile alla Bombonera, per combattere, speriamo solo quella, la loro guerra di cori. D’altronde fa specie sentire Maurizio Macrì Presidente dell'Argentina, ma anche ex numero uno del Boca, che avrebbe preferito vedere una finale tra un club argentino e uno brasiliano. Ragioni di ordine pubblico appunto, per di più pensando anche al G20 che si terrà proprio a Buenos Aires a fine mese.

Quindi nessun tifoso avversario presente sugli spalti e massima allerta sicurezza perché Boca-River in passato, anche recente, ha stabilito picchi di violenza poco invidiabili. Quando la passione sfocia in un vero e proprio odio sociale si rasenta la follia. Come non ricordare l’episodio del maggio 2015, proprio alla Bombonera, con la partita sospesa nell’intervallo in seguito al lancio di una bomba lacrimogena all'interno del tunnel che porta agli spogliatoi, poco prima dell'inizio del secondo tempo. Protagonisti i tifosi del Boca e vittime furono gli incolpevoli giocatori del River, di cui quattro riportarono ustioni di primo grado su varie parti del corpo. Ed è un vero peccato perché il calcio senza tifosi non ha semplicemente ragione di esistere. Troppo spesso risulta uno spettacolo modesto e con scarsi contenuti tattici e atletici rispetto ad altri sport. Se si elimina anche la parte folcloristica, colorata e divertente si perde molto. Inoltre il calcio è un veicolo socialmente importante, dovrebbero essere maggiormente esaltati i suoi molti lati positivi, ed altresì cercare di limitare i suoi sottoprodotti negativi (violenza, razzismo, mancanza di fair play ecc...) però senza intaccare la parta sana del tifo.

Ma il Superclasico non è solamente questo, è anche spettacolo. Epica e memorabile la partita del ‘87 (di cui inserisco video youtube). Il Boca, in vantaggio per 0-2, grazie al suo centravanti, Jorge Rinaldi detto “La Chancha”, il maiale, per qualche chiletto di troppo, si fa rimontare dal River per un pirotecnico 3-2 finale. Stupendo il gol del sorpasso. É il minuto 86 quando il riccioluto Pedro Troglio (futuro protagonista del campionato italiano con le maglie di Verona, Lazio e Ascoli) tira dal limite, il rimpallo fa capitare la palla a Da Silva che di taquito serve Palma, numero da circo al limite dell’area piccola, palleggio e tiro al volo. Emozioni infinite, perché il Boca al ‘90 potrebbe pareggiare su rigore che Comas fallisce.

Boca-River è la festa del calcio e dopo questa sfida anche la Libertadores non sarà più la stessa, dal momento che, proprio come la nostra Champions, ci sarà una finalissima in campo neutro. Intanto il conto alla rovescia è cominciato. Un primo soffio di immortalità attraverserà nella serata italiana Buenos Aires, il secondo anche esso sporco travolgente y final tra due sabati sancirà non solo chi fra Boca e River vincerà la Libertadores, ma soprattutto chi sarà scivolato nel baratro della derrota, la sconfitta, la cui paura in Argentina è superiore al trionfo. Per questo dicono che il Superclasico di oggi è inspiegabile. Perché va oltre la Bombonera, oltre il Monumental, oltre i giocatori, gli allenatori, il tempo. E' colore, anima e fede. In Sudamerica questo Superclasico è la partita del secolo, ed è qualcosa che va oltre il calcio, è semplicemente inexplicable.