Sono lontani i tempi del mecenatismo calcistico: presidenti papà che viziavano tifosi e giocatori come fossero figli insieme a rampanti finanzieri d'assalto che reinvestivano ogni anno tutto alla ricerca del margine di guadagno speculativo, spesso con l'aiuto delle banche o della Borsa. Oggi assistiamo alla disperata ricerca di un equilibrio economico-finanziario che consenta una sana e prudente gestione: in questo senso, almeno in Italia, il financial fair play della UEFA ha evitato che le squadre in orbita europea facessero la fine delle molte squadre di fascia media che sono andate gambe all'aria per via di gestioni poco lungimiranti e trasparenti. Nell'ottica di raggiungere quello che un po' impropriamente si chiama pareggio di bilancio (più propriamente, equilibrio di bilancio) anche le squadre maggiori hanno dunque dovuto fare i conti con l'arte di saper vendere.

A determinati livelli, infatti, comprare è semplice: si va dal venditore, anche inconsapevole, e si paga la clausola rescissoria. Un tempo, quando non c'erano le clausole, si facevano le mega plusvalenze incrociate, per pareggiare a bilancio investimenti fuori scala. Berlusconi, vecchio volpone, puntava tutto su ingaggi superiori a qualsiasi concorrente. Moratti, invece, si limitava a superare il prezzo massimo e portava a casa l'ennesimo pezzo della sua collezione privata. Moggi aveva creato una rete di relazioni e di influenze che gli consentivano di supplire ai minori investimenti della proprietà.  Al giorno d'oggi, paradossalmente, è tutto più difficile. L'ago della bilancia si è spostato sull'abilità di vendere: sia per reperire nuove risorse da investire, sia per liberarsi di onerosi contratti pluriennali che pesano non poco sul bilancio. 

Facciamo un esempio. La Juventus ha in rosa Marko Pjaca, classe 1995, nazionale croato, anche se impiegato per pochi minuti nell'ultimo Mondiale russo: la Juventus lo ha pagato nel 2016 circa 23 milioni di euro, bonus compresi, ma dopo un brutto infortunio e la seguente convalescenza, la valutazione del principale sito di calciomercato è scesa a 15 milioni di euro. Il giovane croato percepisce 1,8 milioni di euro netti a stagione fino al 2021. Sembra che stia per essere ceduto in prestito alla Fiorentina per due milioni di euro con diritto di riscatto (non obbligo) fissato a 20 milioni. Il Milan ha in rosa Nicola Kalinic, classe classe 1988, nazionale croato, cacciato dal ritiro della rappresentativa vicecampione del mondo. Nel mercato estivo del 2017 è stato acquistato in prestito con obbligo di riscatto per un totale di circa 25 milioni di euro. Dopo una stagione fallimentare al Milan e la pubblica umiliazione inflitta dal ct Dalic, sembra che stia per accasarsi all'Atletico Madrid per circa 15 milioni.

In termini numerici la Juventus incassa per Pjaca due milioni di euro e ne risparmia 3,5 di ingaggio, quindi ha un effetto positivo in bilancio di 5,5 milioni di euro per un giocatore di 23 anni, nazionale croato. Il Milan incassa 15 milioni di euro e risparmia 7 milioni di euro di ingaggio per tre anni. L'effetto positivo a bilancio è quindi di circa 36 milioni di euro per un giocatore di 30 anni, ex nazionale croato. Non occorre soffermarsi molto sulla questione plusvalenze e ammortamenti (Pjaca ha un costo importante di ammortamento a bilancio, Kalinic sarà tecnicamente una minusvalenza) per capire quanto sia importante avere dei dirigenti che sanno vendere. Sul lungo periodo avere difficoltà a vendere, come ha la Juventus, è una zavorra pericolosissima sul bilancio. Non sarebbe il caso di attrezzarsi facendo riferimento alla preziosa collaborazione dei procuratori, come i dirigenti bianconeri fanno in entrata (vedasi i tanti milioni di euro pagati agli intermediari del "parametro zero" Emre Can)?