Così fu. Non c’era Immobile, a scoccare il mortal tiro, ma una Lazio immemore che la Roma dicea: “ci spero”, così percossa e attonita l’inter stava, muta in quell’ultima giornata così fatale; né sa quando una simil forma di gol mortale la sua cruenta porta a rigonfiar verrà.

Da Praga, folgorante e solo, venne karel e a non tutti piacque; ma con doppietta rara e assurda, lui risorse e poi rinacque, ha mille voci or al seguito ora fischi più non ha: a Poborsky va l’encomio pel dispetto e per l’oltraggio, che interisti han subito quell’infausto cinque maggio.

E scioglie in lacrime Ronaldo antico che’ scudetto più non verrà. Dal delle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, quel pianto libero ebbe il culmine per due soli punti in meno; rimbalzò da Scilla al Tanai, dall’uno all’altro mar. il brasiliano ch’ebbe gloria diede ai poster il suo volto senza luce né speranza.

E che dir del pover Massimo il fattore ricco, proprio lui creator di squadre e sano spirto che dal suo popolo si fece amar? Tifoseria sognava trepida comprar Gresko era il disegno, v’era ansia di terzino indocile che del Carlos ereditasse regno; e lì giunse lo slovacco come premio … che follia fu lo sperar! A Milano ei provò: la baldoria e del linciaggio il periglio, la fuga in patria senza vittoria, gli occhi del Toldon e il tristo esiglio; due volte nella polvere, mai una volta sull’altar.

Parlò il mister ai discepoli, Couper erano nominato, ma le spalle poi gli volsero, come fece il tifo e il fato; Hector fe' silenzio com’ arbitro fischiò la fin di lor e poi sparve senza sfizio mentre Lippi di risa esonda, a destar immensa invidia e rabbia assai profonda, inestinguibil odio che a tutt’oggi fa rumor.

Come sul capo al naufrago l’onda s’avvolge e pesa, l’ondata biancazzurra fu assai alta ed inattesa, Correva celere Simeone a Milano invan; ma dei fischi fece cumulo quando a Roma cholo scese!

Oh quante volte ai posteri noi a narrar le mille imprese, ma su quell’amare pagine si fermerà la stanca man! Oh quante volte, al tacito morir d’un giorno inerte, da filmati Rai fulminei, a braccia un po' conserte, guarderem quei gol che furono, avviliti e senza dir. A ripensar gioie possibili a Inzaghino e a Favalli, a quei quattro gol a grappoli all’onta nera di spavaldi, a uno scudetto menzognero, al suo celere svanir.

Ahi! Quanto strazio così cadde lo spirto azzurro e nero, e disperò; ma valida venne una man dal cielo e Vecin da terra all’aere all’inferno poi li trasportò; e avviò l’inter sua pei floridi sentier della speranza, agli europei campi, al premio che i desideri avanza, dov’è silenzio e tenebre la vendetta che passò.

Bella e Immortale, Iter amica al triplete e ai trionfi ormai avvezza! scrivi Vecchioni, allegrati; ché a superba stazza del pallone il gota giammai più si chinò.

Nessuno delle stanche ceneri di quel giorno fa parola, ma il tempo sotterra e resuscita, affanna e consola, e su quella cicatrice un core in pace giammai più si posò