Quanta attesa per questa partita, soprattutto dalla sponda partenopea, che vede la Juventus come acerrima avversaria e che nel tempo ha instaurato una rivalità che, sinceramente per come la vedo io, non è mai esistita.

C'era una squadra in crisi di gioco, c'era uno spogliatoio spaccato e c'erano tanti infortunati, anche dell'ultimo minuto; nonostante ciò e nonostante un calendario non proprio alla mano (Napoli-Olympiacos-Inter), nessuno ha fatto una grinza e nessuno ha messo le mani avanti.

Parliamo appunto di mani, in particolare di quella sinistra del Pipita (il giustiziere); per qualcuno la sua operazione era una farsa messa appunto per non affrontare la trasferta al San Paolo, altri invece lo volevano presente per fargli quattro gol, altri ancora gli augurano costantemente il peggio e non perdono mai occasione per insultarlo. Gonzalo inizialmente si è sentito ferito a causa di questo "trattamento particolare", non ha mai negato il suo amore per la città di Napoli, per i suoi abitanti e per Sarri, col quale ha un rapporto quasi familiare. Ciò che non è più riuscito a sopportare è stato ADL, il suo modo arrogante di fare e di sentirsi essere superiore.

Anche ieri, durante il riscaldamento, con la mano bendata per il recente intervento chirurgico, ha dovuto sorbirsi gli insulti di oltre 60 mila persone, che, anche ieri però, son state messe a tacere con un gol alla sua maniera, col fiuto inconfondibile del centravanti di razza, di quelli che non perdonano mai. 

Ma, ad onor del vero, la vittoria di ieri è frutto di una supremazia tattica e di una lezione tecnica inflitta da Allegri (l'alchimista) al suo più celebrato e recentemente premiato collega Sarri. L'allenatore della Juventus infatti è riuscito nel suo intento, che prevedeva il limitare quegli scambi rapidi e quegli inserimenti fatali, soliti ai giocatori azzurri nella zona centrale del campo, lasciando così più spazio lungo le corsie esterne che, tuttavia, non potevano garantire soluzioni adeguate vista la differenza puramente fisica tra avanti napoletani e difendenti bianconeri.

La Juve ha interpretato una gara molto simile a quella dell'anno scorso contro il Barça, mentre il Napoli è sembrato, nei limiti del paragonabile, l'Italia vista contro la Svezia. I discorsi post partita di Sarri lasciano il tempo che trovano: discutere dei calendari è ridicolo, così come lo è lamentarsi adesso della mancanza di alternative, dopo aver ben pensato in estate di essere all'altezza, pur essendo arrivati terzi. Ma forse la colpa è anche di chi gliel'ha fatto credere.

Se, dunque, il trionfo è per gran parte attribuibile ad Allegri, merita una menzione straordinaria Douglas Costa (il superdotato), il quale, dall'alto della sua tecnica sopraffina, è finalmente riuscito ad adeguare il suo stile di gioco a quello di cui ha effettivamente bisogno la Juventus. Imprendibile palla al piede, tecnicamente divino, dallo scatto fulmineo e, da ieri, anche disposto al sacrificio: un giocatore così può diventare di importanza fondamentale e una presenza imprenscindibile nella formazione titolare.

Una vittoria che riporta in alto il morale dell'intero ambiente e che, come detto più volte, fa tornare il Napoli in una dimensione più terrena rispetto a come viene usualmente descritto. La squadra che gioca il calcio più bello d'Europa, quindi, è stata fermata da una "provinciale", che però vince da 6 anni consecutivi lo Scudetto.

I partenopei facciano un passo indietro e pensino a come meglio affrontare l'ultima gara del girone di Champions (Manchester City permettendo), ma la Juve non pensi che sia tutto rose e fiori: la stagione è lunga e non possiamo permetterci, a differenza di altri, di festeggiare titoli mensili, bensì solo stagionali.