Chi pensava che la splendida vittoria contro l’Atletico avesse insegnato qualcosa ad Allegri si deve ricredere.
Piuttosto una partita giocata con grande intensità, in modo propositivo - e dominando l’avversario - rappresenta la classica eccezione che conferma la regola: il calcio di Allegri è perlopiù noia. In fondo, su una cinquantina di partite l’anno, la Juve ne gioca giusto una manciata in maniera decente, e nemmeno per tutti i 90 minuti. Al massimo ti concede una mezz'oretta.
Tuttavia, almeno una volta a stagione, la Juve interpreta la partita perfetta, ma solo quando non ha niente da perdere. Di conseguenza è facile immaginare che i giocatori più tecnici, nonché quelli offensivi, patiscano - e non poco - le dinamiche di un calcio più speculare che spettacolare.
I mal di pancia in questo senso non mancano, un’epidemia che non ha risparmiato nemmeno Pirlo, Ibra, Seedorf e Ronaldinho durante l’esperienza rossonera di Allegri. E non solo. È chiaro che il talento viene frustato da questa mentalità. Difficile crescere tecnicamente, più facile regredire. È così che Dybala ha subito un’involuzione che dovrebbe far riflettere. Una volta lo si paragonava addirittura a Messi e, a sentire gli esperti, il suo valore si aggirava sui 150 milioni. Oggi, da tuttacampista, non ne vale la metà. Una sciagura non solo per lui, ma anche per chi ama il calcio, oltre che per la Juve e la nazionale argentina che si ritrovano un diamante grezzo che non diventerà mai brillante. Ma Dybala nella Juve di Allegri è in buona compagnia, perché la fissazione di Allegri per Mandzukic non ha solo costretto la Joya a migrare nella mediana, ha anche imposto a Pjaca e Orsolini (35 milioni in due) l’esilio fino alla pensione del croato, ha relegato Douglas Costa in panchina e, probabilmente, spingerà Kean a cercarsi un’altra squadra, magari con un allenatore che non guarda ai suoi 19 anni come un handicap, che ma che lo valuti per quello che può dare in campo, fin da subito.
Invece Allegri si “arrapa” più con la fisicità che con la tecnica, e i colpi di tacco sono un’offesa al pubblico pudore. Ma il croato non è il solo a beneficiare della stima smisurata e incondizionata del mister, perché anche Khedira, se disponibile, ha un “posto fisso” nel centrocampo bianconero. In fondo, con un gioco piuttosto lento e compassato come quello della Juve, sembra quasi che Sami giochi a ritmi sostenuti. La verità è che sia Mandzukic che Khedira sono scarti del calcio che conta, e non da oggi.
All’Ajax farebbero panchina, e non è una provocazione. Eppure non capisco la necessità della Juve di reiterare un progetto tecnico desueto, ancorato ad un sistema di gioco che non fa scuola da tempo. Tanto tra vincere il campionato con 7 sette turni di anticipo o con settecento gol di scarto non cambia assolutamente nulla in termini di titoli nazionali, ma potrebbe rappresentare la discriminante per provare ad aprire un ciclo anche in Europa con un calcio potabile.

Detto ciò, la Juve passerà tranquillamente il turno con l’Ajax: è più forte nella rosa e nell’esperienza rispetto agli olandesi, e poi gioca in casa. Allegri l’ha preparata pensando anche al ritorno, male che vada scioglie le briglie ai suoi e, in una mezzoretta, scatena l’inferno. Dovrebbe bastare, sperando di non avere rimpianti per non averla giocata fino in fondo all’andata, accontentandosi del pareggino con gol. Tuttavia, la vittoria finale è ancora lontana anche se quest’anno, come non mai, sembra alla portata della Juve.

Una gioia che manca da troppo tempo al popolo bianconero, una coppa che darebbe più lustro alla collezione di trofei copia e incolla che differenziano solo sull’incisione della data. Potrebbe essere l'anno buono come fu per l'Inter di Mourinho nel 2010, anche se poi, come insegna un certo Xavi, le vittorie frutto di un calcio speculare non lasciano eredità calcistica. Ma a questo punto poco conta, l’importante è arrivare fino al Wanda Metropolitano ed “alzarla” al cielo.
A patto che Allegri abbia ancora una cartuccia dopo quella utilizzata nel match della disperazione contro l’Atletico, da usare eventualmente in finale. Perché, ad un certo punto, Allegri la dovrà pur giocare...