Nell'ultima giornata di campionato ci sono stati diversi episodi arbitrali che hanno dato adito a moltissime discussioni riguardo l'effettiva utilità della tecnologia VAR. In particolare, la situazione più controversa riguarda il rigore assegnato alla Lazio contro la Fiorentina per un contatto tra Dragowski e Caicedo, propiziato però da un comportamento non propriamente sportivo dell'attaccante biancoceleste (quando è avvenuto il contatto l'attaccante era già per terra di suo). In molti, al termine del weekend, sono arrivati a chiedersi: se il VAR in queste circostanze non può intervenire, a cosa serve la tecnologia VAR?

Facciamo un salto indietro nel tempo. Il 25 febbraio 2012 a San Siro si giocava tra Milan e Juventus una sfida fondamentale per lo scudetto 2012, il primo di una lunga serie per la Vecchia Signora. In quel caso a scatenare le (legittime) polemiche fu una rete segnata da Muntari clamorosamente non accordata al Milan anche se il pallone aveva varcato la linea di porta di circa un metro, condizionando in questo modo la partita (che terminerà 1-1) e la lotta scudetto. Episodi come questo fecero capire al mondo del calcio che non si poteva più rimandare l'ingresso in campo della tecnologia. Due anni dopo, ai Mondiali in Brasile, fecero il loro esordio le bombolette spray per la distanza sui calci di punizione e, soprattutto, la Goal Line Technology, che ha eliminato i dubbi almeno per quanto riguarda le situazioni di gol/non gol.

Un altro step fondamentale è stata l'introduzione della tecnologia VAR (Video Assistant Referee) in serie A a partire dal 2017-2018, dopo le dovute sperimentazioni. Di questa nuova implementazione sembrerebbe superfluo parlare, visto che l'argomento è sulla bocca di tutti, ma purtroppo è manifesto che moltissimi (calciatori, allenatori e dirigenti compresi) non conoscano affatto il Protocollo della FIFA che regola questa tecnologia. Le più grandi bufale riguardo alla tecnologia VAR sono le seguenti:

  • "Almeno poteva andare a rivederlo". La VAR, almeno per ora, non funziona così. Non è infatti l'arbitro a decidere se e quando andare a rivedere le situazioni più problematiche, ma è il VAR (inteso come persona) a richiamarlo al monitor, se sono soddisfatti determinati requisiti stabiliti dal protocollo. Quindi bisogna togliersi rapidamente dalla testa l'idea che l'arbitro, di sua spontanea volontà, vada a rivedere gli episodi dubbi al monitor, perché il protocollo non prevede questa eventualità.
  • "La VAR è nata appositamente per dirimere gli episodi dubbi". Questa è la topica più clamorosa, perché la realtà, paradossalmente, è esattamente l'opposto: la VAR, per come è stata pensata (almeno stando al protocollo attuale), serve a eliminare gli errori chiari ed evidenti, i fatti avvenuti fuori dal controllo dell'arbitro (ad esempio se non stava guardando nella direzione del fatto, oppure se aveva la visuale ostruita da altri calciatori) e quelli derivanti da valutazioni oggettive (posizione di fuorigioco, pallone dentro o fuori dal campo, fallo dentro o fuori area). Non serve a rivedere i casi dubbi, come pensano i più. Un esempio di errore chiaro ed evidente che la VAR, se ci fosse stata, avrebbe potuto sanare risale alla fase a gironi dell'Europa League di quest'anno, nello specifico alla sfida tra Roma e Borussia Mönchengladbach, terminata 1-1. Il gol del pareggio dei tedeschi deriva da un calcio di rigore assegnato per un tocco di faccia (sì, proprio così) di Smalling, visto erroneamente dall'arbitro Collum come un fallo di mano. Ecco, questo è un tipico episodio da VAR: l'errore è evidentissimo e non si presta a particolari interpretazioni o discussioni.

Con queste premesse, diventa facile capire come mai in molti casi non si ricorra alla VAR, anche se sarebbe opportuno: il problema attualmente è il protocollo, che è molto restrittivo, e che rende molto improbabile un intervento dei VAR in caso di contatti e contrasti, in quanto questi episodi sono soggettivi, perché fallosi solo se effettuati con negligenza, imprudenza o vigoria sproporzionata (regola 12 del Regolamento del gioco del calcio). Essendo i contrasti soggettivi, a meno di sviste colossali (ad esempio se l'arbitro per errore vede un tackle sul pallone quando in realtà colpisce esclusivamente l'avversario) il VAR non ha voce in capitolo, perché intervenire in quel caso vorrebbe dire prevaricare l'autonomia decisionale dell'arbitro in campo, facendo diventare il VAR a tutti gli effetti un arbitro in contrasto con quello centrale, con tutti i problemi e le polemiche annesse. Un problema del genere fu sollevato qualche mese fa da Carlo Ancelotti, che chiese testualmente al designatore Rizzoli di chiarire una volta per tutte che l'arbitro vero e proprio è quello sul prato verde, e non quello dietro al monitor.

In sintesi, prima di parlare della tecnologia VAR bisognerebbe quantomeno conoscere l'argomento, che come abbiamo visto è meno banale di quanto si possa immaginare e ha uno scopo diverso da quello che le viene comunemente attribuito: la VAR non è la moviola in campo. Ci vorrebbe anche un po' più di serietà da parte di chi vive il calcio per lavoro e, nonostante ciò, non si informa sulle regole che lo governano, buttando altra benzina su un incendio, quello delle polemiche più o meno strumentali, che divampa allegramente già di suo.
Per chi fosse interessato, questo è il link del protocollo VAR (da pagina 153 in poi): https://www.aia-figc.it/download/regolamenti/reg_2019.pdf