“Non sei adatto al calcio”. Esiste frase più sconcertante, spregevole e sconvolgente per le orecchie di un bambino? Direi proprio di no. Perché, complice la candida ingenuità dei più piccoli, un’esclamazione del genere potrebbe potenzialmente coincidere con la prematura stroncatura di un sogno che, tendenzialmente, accomuna gran parte di noi maschietti, ovvero il divenire un calciatore professionista.

L’enorme carenza di tatto che va a connotare la citazione iniziale, tuttavia, è presto smorzata dal processo di crescita che, fortunatamente, contribuisce alla conquista di una verità assoluta: il calcio è accessibile a tutti ed è fonte costante di intrattenimento, a prescindere dall’aspetto professionistico e dalle caratteristiche fisiche di chi lo pratica. In parole povere, posso divertirmi pur non essendo necessariamente un campione. D’altro canto, comunque, la spietata selezione all’ingresso nel calcio professionistico non è certo frutto del volere di chi la attua. Tutta colpa, ancora una volta, della storia di questo meraviglioso sport che, sin dalla propria nascita, ha contribuito pesantemente alla compilazione di una lista di requisiti imprescindibili per la definizione della figura del calciatore professionista: fisico longilineo, baricentro relativamente basso, discreta tecnica e marcata predisposizione atletica alla corsa. Il risultato? Se non avessero indossato casacche di colore diverso, soprattutto nel periodo che si estende dalla fine dell’800 alla prima metà abbondante del ‘900, sarebbe stato praticamente impossibile distinguere un calciatore dall’altro, complici appunto caratteristiche fisiche comuni a tutti.
Caratteristiche che, con l’avvento della modernità e della conseguente evoluzione calcistica, sono divenuti parametri sempre meno rigidi e maggiormente trascurabili, ovviamente senza mai spingersi oltre il limite del buon senso. Ecco spiegato come, al giorno d’oggi, è possibile che calciatori quali Lionel MessiPeter Crouch ed Adebayo Akinfenwa, nonostante le abnormi differenze fisiche, calchino (o abbiano calcato) i manti erbosi di tutto il mondo, potendo spesso vantare notevoli successi. Tra le figure più convenzionali del calcio contemporaneo, ma che ai tempi sarebbero state etichettate come incredibilmente anti-convenzionali, troviamo senza ombra di dubbio il centravanti-boa: si tratta di un attaccante che, generalmente, tende ad utilizzare la propria imponente struttura corporea per sgomitare con i difensori e per fornire ai propri compagni di squadra un riferimento fisso nell’area avversaria; solitamente, il centravanti-boa risulta essere anche un discreto finalizzatore dalla breve distanza. Questa descrizione si adatta perfettamente a due degli attaccanti attualmente più in forma in Serie A che, nel suo rush finale, ha portato alla nostra attenzione due protagonisti inediti, ovvero Cheick Diabaté e Simy. Due ragazzi sui quali, molto probabilmente, nessuno avrebbe mai scommesso un singolo centesimo.

LA BELVA 2.0 Non me ne vogliano i tifosi del Benevento, per i quali l’unica ed indiscussa Belva sarà sempre il bomber Fabio Ceravolo, ma mi risulta impossibile descrivere lo strapotere fisico di Cheick Diabaté attraverso termini diversi. Giunto presso il club sannita nel corso della finestra invernale di mercato, con l’obiettivo specifico di restituire smalto ad un reparto offensivo decisamente sottotono, il centravanti maliano ha impiegato pochissimo tempo per tramutarsi in una felice scommessa vincente, l’ennesima, del presidente Oreste Vigorito. Una carta d’identità non più così verde (30 anni, ndr) e la provenienza da un campionato, quello turco, tendenzialmente di medio-basso livello, hanno contribuito ad abbassare considerevolmente le aspettative verso il calciatore che, tuttavia, è riuscito a convincere anche i più scettici: 7 reti siglate in 8 presenze totali, tra le quali figurano ben 3 doppiette di fila riservate a clienti scomodi quali VeronaJuventus Sassuolo. Una media realizzativa a dir poco spaventosa che presumibilmente, nonostante la matematica retrocessione in Serie B della squadra, andrà a lievitare nelle prossime giornate. La vera impresa del Benevento, in questo senso, rappresenterà proprio il riuscire a confermare l’attaccante, attualmente in prestito secco dall’Osmanlispor, anche per la prossima stagione, quando avrà potenzialmente tutti gli strumenti a propria disposizione per spadroneggiare all’interno della serie cadetta. Tutto, ovviamente, dipenderà dalla volontà e dalle ambizioni del giocatore che, conquistata una nuova consapevolezza di sé, potrebbe anche decidere di rilanciare la propria carriera altrove, perseguendo obiettivi più stimolanti.

L’INCUBO JUVENTINO La sua rovesciata alla Cristiano Ronaldo, con le dovute proporzioni del caso, ha recentemente gelato la Juventus ed infiammato una corsa-Scudetto destinata, ormai, a proseguire fino all’ultima giornata. Si tratta, ovviamente, di Simeon Tochukwu Nwanko, meglio conosciuto come Simy nella massima serie italiana, terminale offensivo per eccellenza del Crotone. Arrivato presso il club calabrese nella passata stagione, il centravanti nigeriano è riuscito progressivamente a scalare le gerarchie del reparto offensivo degli Squali e, soprattutto, a migliorare costantemente il proprio rendimento: dalle 3 reti firmate in 21 presenze nello scorso campionato, infatti, l’attaccante si ritrova attualmente a quota 4 reti siglate ed 1 assist vincente in 19 presenze stagionali. Numeri ben lontani dall’essere eccelsi, certo, ma assolutamente fondamentali per la conquista di una salvezza che, ora come ora, risulta essere ancora in forte discussione. A prescindere dal piazzamento che il Crotone riuscirà a centrare al termine del campionato, comunque, i tifosi calabresi possono dirsi relativamente tranquilli in merito ad una sua eventuale conferma per l’immediato futuro: “A Crotone mi sono trovato bene fin da subito, è una città tranquilla e i tifosi sono caldi e appassionati, come piace a me. Dal punto di vista personale sto attraversando un momento positivo, sto trovando continuità e fiducia, che era un po’ quello che mi mancava. Avevo bisogno di questo per sentirmi importante e ora mi sento finalmente utile per la squadra“. Per quanto il mercato sia in grado di distruggere qualsiasi certezza legata al futuro della stragrande maggioranza dei calciatori, dichiarazioni del genere lasciano davvero ben sperare.

“Non sei adatto al calcio”. Chissà se anche Cheick Diabaté e Simy, da bambini o da adolescenti, si sono ritrovati dinanzi ad una sentenza approssimativa del genere. Non conoscendo le rispettive storie personali, seppur presumibilmente complesse, mi arrendo con il sorriso all’idea che questa mia curiosità difficilmente si vedrà soddisfatta. Già, con il sorriso. Lo stesso sorriso con il quale questi due giganti del gol, nonostante le avversità, sono riusciti a proteggere un sogno che, oggi, assume le caratteristiche di una piacevolissima ed altrettanto gigantesca realtà