Buonasera miei cari lettori, come state? Nella speranza che le vostre faccende stiano seguendo un corso positivo, regalandovi così tante soddisfazioni, vorrei sfruttare questo spazio per rubare un attimo del vostro tempo e trasportarvi verso una determinata riflessione, relativa ad uno dei temi maggiormente gettonati nello scaffale delle mie idee, su cui peraltro ho già discusso in precedenza.

Il tanto agognato argomento in questione è il seguente: la sorpresa.

Si tratta di un titolo semplice da affiancare però ad un concetto di estensione totalmente maggiore, poiché la soggettività umana nel suo incredibile universo interiore, riesce a cogliere e rielaborare l'esperienza in sensazioni e umori in maniera continuamente diversa.

In questo modo risulta spesso complicato immedesimarsi correttamente negli altri, senza riuscire a capire quali siano le reali ragioni di alcuni comportamenti, o di determinate reazioni o risposte, che sostanzialmente in un dato istante riescono a stupire, colpendo in contropiede tramite il fattore dell'imprevedibilità, amato o temuto a seconda delle circostanze.

Che si tratti di situazioni più o meno felici, ciò che può sorprendere l'essere umano si trova costantemente dietro l'angolo, in una fase di paziente attesa, pronto a colpire proprio nel momento in cui si abbassa la guardia, nella convinzione che nulla sia al di fuori dell'ordinario controllo, riuscendo così ad ottenere il massimo esito, spazzando via ogni residuo di certezze rimaste.

Senza andare troppo lontano con la fantasia, anzi cercando risposte nella realtà tangibile, una sopresa per verificarsi deve necessariamente coinvolgere almeno un elemento, che all'interno di una circostanza è costretto a subirne le conseguenze: successivamente possono crearsi casi più o meno complessi, in cui gli elementi in gioco aumentano via via nel numero.

Una riflessione che nasce proprio da questa visione, e che per certi versi può apparire paradossale rende complice del discorso la protagonista della scena in questione, ovvero la sorpresa stessa: se infatti si sposta l'attenzione a questo lato per così dire nascosto dell'analisi, (anche se essa non è altri che la madre di quest'ultima), si può provare a comprendere ciò che intendevo precedentemente come ampiezza del concetto.

In questa nuova stagione calcistica, subentrata da circa un mese e mezzo nella quotidianità degli appassionati si sono già presentate diverse figure in grado di stravolgere l'ambiente in cui sono state inserite: in Italia l'esempio più immediato è quello del centravanti polacco Krzysztof Piatek, sbarcato nel nostro paese come giovane talento semi sconosciuto, e divenuto nel giro di sole 7 giornate una vera stella del campionato, con ben 9 reti messe a segno, che gli hanno permesso di raggiungere la doppia cifra prima di campionissimi del mestiere come Cristiano Ronaldo e Lionel Messi.

L'ex calciatore del KS Cracovia non è però il solo ad aver iniziato quest'anno in maniera piuttosto sconvolgente, infatti anche un altro profilo, forse meno pubblicizzato o seguito di lui perché non più giovanissimo, è riuscito a mettersi in luce per la stessa ragione: il suo nome è Junior Moraes, attaccante brasiliano classe 1987, militante nello Shakhtar Donetsk in Ucraina, territorio dal quale altri suoi celebri connazionali sono riusciti a consolidarsi nel calcio che conta (Willian e Fernandinho in quota su tutti).

Esattamente come il collega genoano, anche il verdeoro Moraes sta segnando a raffica, basti osservare la sua straordinaria media realizzativa per rendersene conto, dove le ben 11 reti messe a segno in sole 12 partite, rappresentano inequivocabilmente il suo strepitoso strappo dalla linea del via.

Quello che però colpisce in maggior misura in questo calciatore è ciò che appartiene al suo passato, a quella che ad oggi rappresenta la sua carriera: quest'ultimo di fatto non ha mai vestito maglie particolarmente prestigiose, girando per diversi campionati minori principalmente nell'Est Europa (Ucraina e Bulgaria su tutte), aggiungendo una breve parentesi cinese al Tianjin Quanjian in Cina, dove ha raccolto soltanto 3 povere presenze.

Proprio per tale ragione, questo ragazzo incarna perfettamente le caratteristiche di qualcuno in grado di stupire il popolo a sé circostante, poiché nessuno si sarebbe aspettato di veder scintillare il suo nome tra quelli dei cannonieri più prolifici del calcio europeo, regalandosi così quello spazio di notorietà, che praticamente mai prima di adesso era riuscito a raggiungere nell'arco di una carriera piuttosto inoltrata.

Non è quindi riconducibile ad una certezza assoluta nemmeno che un ultra trentenne possa riuscire ad affermarsi nel calcio che conta, sebbene il suo curriculum sia poco rilevante, poiché come affermato in precedenza il fattore sorpresa non si pone limite alcuno, riuscendo ogni qualvolta ne senta il bisogno, di scardinare interamente la stabilità di un'ambiente.

Per raggiungere dunque ad una conclusione rispetto alla riflessione su cui ho voluto discutere in questo breve articolo, appare adesso chiara la chiave di risoluzione: una sorpresa può diventare a sua volta motivo di meraviglia anche per sé stessa, giacché nemmeno in cuor suo poteva aspettarsi di poter diventarlo per gli altri.