La strada per Istanbul è un sentiero illuminato, che s’inerpica nella tortuosità del tempo ed arriva fin lassù, "dove il cielo è veramente azzurro", anche di sera. Anche in una sera di Giugno, quando le macchie bianche dall’alto si specchieranno nel verde rettangolo della finale, risplendendo l’un nell’altra.

La strada per Istanbul è una lama che taglia il vecchio continente in diagonale, parte da Milano, attraversa i Balcani e bussa alle porte dell’Oriente, segnando il cammino di carovane scatenate e vagabondi innamorati, sciarpe al collo e cuori in gola. 

La strada per Istanbul è il cammino di una fede incrollabile, che accarezza le corde della passione e fa vibrare l’anima. Fede antica, che travalica le ere del calcio e rimane intatta. E si rinnova, di vittorie in sconfitte, di gioie in delusioni, di esultanze in fischi. 

La strada per Istanbul sono i passi sul selciato della memoria, che fotografa nelle menti più longeve il Facchetti dei miracoli in bianco e nero, che scrive il nome di Zanetti sui diari del triplete, che dipinge schizzi di futuro sotto il segno di Lautaro.

La strada per Istanbul è un labirinto di pensieri aggrovigliati, che sgomitolano arditi pronostici e argomenti senza uscita. È il filo d’Arianna steso fino all’Ataturk, che traccerà il lento rientro dei festanti o il lesto ritorno degli sconfitti. 

La strada per Istanbul è una sofferta mescolanza  di scooter e monopattini e automobili e bus e metrò, che Istanbul non la vedranno mai, ma pregan la Madunina di sciamare verso il Duomo e riempire di pazzia la città e il mondo intero. 

Non succede, ma se succede … 

La strada per Istanbul è un tunnel sotterraneo, dove vanno e dove vengon desideri clandestini, che incedono incerti sotto neon a intermittenza (a lasciare intraveder la meta), tra indistinti echi lontani di paure sottaciute.  Sono i desideri del popolo dei bauscia, che dalle Alpi alla Sicilia si muovono in silenzio. Davide fa paura, non vogliono far rumore, perché probabilmente non succede. Ma se succede … Se succede, i cellulari impazziranno, le chat trulleranno, le api sciameranno, si, mentre i sorci si rintaneranno e i gufi gemeranno. 

Ma prima, sarà silenzio. Nel vuoto di caute parole, sarà un silenzio pieno di pensieri.  

Sì, perché la strada per Istanbul è un ostinato orologio che cammina, mentre il resto, tutt’intorno, si ferma e rimane senza fiato, sepolto in un deserto di passione. Sarà deserto in ogni dove. Città abbandonate a una solitudine innaturale, il suono ovattato proveniente da finestre accese, saracinesche abbassate in fretta e furia, semafori solitari senza viatico per alcuno, paesini di montagna ammutoliti dall’inedia più che mai, borghi marinari accarezzati da salmastre sensazioni. E ogni via sarà Istanbul, ogni anfratto sarà Istanbul, ogni piazzola sarà Istanbul, ogni cortile sarà Istanbul, ogni quartiere sarà Istanbul, ogni locale sarà Istanbul. E il Meazza sarà Istanbul. L’Italia sarà Istanbul!  Mentre poliziotti e camionisti, infermiere e puttane, barboni e mogli ammutinate, macchinisti e portieri, vagabondi e camerieri saranno l’ultime insperate rose che vivranno in quel deserto, respirando l’aria rarefatta della desolazione. Del silenzio prima del boato, della quiete prima della tempesta, se boato ci sarà, se tempesta scenderà giù dal cielo, nerazzurro sopra Istanbul. 

Chissà! Non succede, ma se succede … 

La strada per Istanbul è l’approdo dei campioni sulle rive del Bosforo e, campioni, lo saranno comunque. Divisi tra l’Europa e lì, dove sorge il sole, dove le mille notti si condenseranno in una sola notte, dove sultani e imperatori si contenderanno lo scettro migliore, dove la magia d’un sogno è a pochi passi da un trionfo vero. Lì, dove c’era Costantinopoli, dove Roma conobbe splendore e decadenza, dove Milano interista incontrerà onore o polvere, sudore e lacrime. 

La strada per Istanbul è il senso unico d’ogni sacrificio, d’ogni progetto, d’ogni giorno passato sui campi ad arar fatica e coltivar sogni. Sono i centimetri che “ogni maledetta domenica” d’ogni santa stagione d’ogni fiera carriera si accumulano, centimetro dopo centimetro, per arrivare fin lì, a Istanbul. Dove tutto avrà un senso, dove niente sarà più lo stesso, dove ogni centimetro, conquistato o perduto, farà la differenza tra la sconfitta e la vittoria e sarà l’origine di quelle lacrime. 

La strada per Istanbul è un reticolo arzigogolato di schemi e tattiche e cervellotiche strategie, pur sempre alla mercé dell’occasione giusta, del dettaglio sbagliato, del fischio inusitato. Il calcio è questo e ogni partita ha la sua strada.

La strada per Istanbul è pece bollente, tratteggiata dall’ardore di una squadra che ha un enorme bagagliaio: dentro ci sono giovani campioni e attempati fuoriclasse, atleti sfrontati e un allenatore che è speciale, è speciale pure lui. Scarpe senza più sassolini la percorreranno, gambe di marmo ne bruceranno le tappe, impronte già eterne la batteranno. 

La strada per Istanbul è il corteo dell’apoteosi di chi invoca il destino, è il cammino della speranza di chi cerca miracoli, è la marcia funerea degl’inconsapevoli dannati.  È l’incontro col Fato, che abbia voglia di scherzare ancora con gli uomini e si faccia beffe della logica.

Quella per Istanbul è una strada lastricata di niente: attende solo gli alchimisti, che le diano dignitosa lucentezza, aurea brillantezza. Sono chilometri di nobiltà, di trofei, di serate luminose, di fuoriclasse senza tempo, di inni cantati a squarcia gola e mani che brandiscono vessilli. È questo tutto l’oro che c’è nell’Internazionale football club, e d’oro vogliamo che si lastrichi quella benedetta strada chiamata per Istanbul.

Forza Inter! 
Noi ti amiamo, pazza come sei. Come quella strada per Istanbul, dove i folli e gli ottimisti non pagano pedaggio. Il loro viaggio non ha partenze e non ha approdi. Siamo in viaggio da sempre, siamo nati già in cammino e cammineremo. Strade su strade.