Impercettibile, arriva come un segno del destino, il primo epilogo della sinora giovanissima carriera di Musa Juwara, un ragazzo le cui doti naturali e la determinazione hanno sconfitto i dinamismi di un mondo malato.
Il goal a San Siro è il momento che ti consacra nel gotha del pallone, la brama di ciascun bambino che osservi il calcio con occhi innamorati, quasi innocenti, ricchi di speranza e vogliosi di raggiungere i traguardi ambiti.
Ed allora il tutto incomincia in un campetto, non importa con quali regole. Serve solamente la magia di un pallone per tramutare in realtà quella malia che caratterizza i fanciulli.

L'INFANZIA
Proprio come per Musa, vittima di un’infanzia complicata, dove scorgere obbiettivi futuri era impronosticabile. La sfera, la stessa che coinvolge centinaia di migliaia di adolescenti, rende la sua crescita meno sofferente.
D’altronde, Tujereng, un piccolo borgo privo di ricchezza in Gambia, è il contesto nel quale nessuno vorrebbe muovere i primi passi.
E’ un paesino dove solo il mare crea il desiderio di un futuro migliore: esso, non è quel luogo nel quale distaccare gli animi e godersi le fronde delle palme, bensì rappresenta il distacco che separa gli abitanti dal sogno proibito, l’approdo in Europa, terra per molti impossibile da raggiungere.
Coloro che vi riescono, aspirano a diventare qualcuno, a rifarsi una vita lontano dalla povertà, cercando opportunità ad ogni costo.
Juwara, nella sua infanzia non possiede nulla. Ha solamente un pallone, sul quale porre le basi per l’avvenire, sconosciuto, cosi distante.
Ma ciò non importa, perché la sua determinazione è la chiave di volta, un sentimento superiore agli ostacoli che gli si pongono davanti.
Il binomio di tale componente con le esperienze vissute in prima linea segnano assai la sua esistenza, ma la mutano in meglio.
A 13 anni, però, qualcosa smuove la coscienza di quel ragazzino: il Gambia, tra dittatura e guerre civili, non è più la realtà idonea per lui. Il nativo di Tujereng vuole sfondare, vuole imprimere il proprio nome tra i grandi.
La passione sconfinata per il calcio lo porta ad intraprendere una scelta che presto si rivelerà vincente. Decide di partire alla volta del Vecchio Continente, senza meta, in un barcone della speranza. Racimola un discreto gruzzolo grazie a mesi di logorante lavoro nei campi del Senegal, dove si forma caratterialmente e fisicamente.
Da solo, senza conoscenze, intraprende la lunga traversata, consapevole dei rischi, ma volenteroso di fuggire dal passato per rincominciare.

L'ARRIVO IN EUROPA E L'ESPLOSIONE DEFINITIVA
Musa, assieme a tanti ragazzi aventi le sue stesse ambizioni, partono. Il barcone, sovraffollato, è ricco di sentimenti ed esprime la concezione, di persone innocenti, di guadagnarsi il futuro.
Il percorso via mare, che forgia per sempre le menti di coloro che vi fanno parte, additato da persone comuni con troppa superficialità, documentato dai mass media con distacco, è l’unica opportunità di svoltare per il giovanissimo gambiano.
Il 10 giugno 2016, complice l’intervento di un Ong tedesca, il miracolo è compiuto. Juwara ce l’ha fatta, ha completato il primo step.
A prima impressione, anch’egli può sembrare uno come tanti, ma invece ha qualcosa di speciale, ha un quid maggioritario, è fuori dal comune.
Il rapporto con la sfera non muta con lo sbarco in Italia, ed anzi, visto l’incremento delle possibilità, si implementa.
Giunge dapprima in Sicilia, salvo poi essere dirottato in un centro d’accoglienza a Potenza, senza conoscere la lingua e sprovvisto di punti di riferimento sui quali affidarsi.
Ciò, però, lo fa maturare, lo rende conscio di quello a cui dovrà andare in contro, e gli fornisce la consapevolezza necessaria.
Il barcone, quel lungo viaggio senza fine, hanno posto le basi. Già, perché dopo aver vissuto un esperienza del genere, è pronto a tutto, non ha timori nei confronti di nulla.
Il destino, beffardo nei suoi confronti, che gli ha alzato le prime barricate, si capovolta, crede in lui, vuole dargli ciò che gli è stato tolto.
Mentre sta cercando di sopravvivere, svolgendo qualche mansione, viene osservato da Vitantonio Summa, allenatore della rappresentativa locale, il Virtus Avigliano.
Insieme alla moglie Loredana, decide di adottarlo, porgendogli delle basi sulle cui crescere. La figura di Summa diventerà fondamentale per i suoi progressi in ambito calcistico e non solo, poiché Musa riesce a garantirsi degli studi, come da lui auspicato, ed a formarsi nel mondo del pallone.
I suoi nuovi genitori ne restano folgorati da subito, ed il classe 2001 non delude: sin dagli inizi stupisce con giocate d’elevata fattura, e per merito di un fisico possente, acquisito negli anni di fatiche ardue, si impone all’interno dello spogliatoio.
Sigla reti a ripetizione e trova la propria collocazione sul terreno di gioco come ala intercambiabile, che fa dei propri punti di forza la rapidità e la corporatura, già sviluppata e superiore ai coetanei.
Nel corso di un amichevole estiva contro il Chievo, i talent scout del club veneto rimangono impressionati dalle sue capacità.
I gialloblu vogliono acquisirne il cartellino, ma a mettersi di mezzo è la giustizia che nega il trasferimento, visto il suo status.
Dopo un ricorso, tuttavia, il tribunale di Potenza da il via libera alla cessione. Ancora una volta, Musa ha superato le difficoltà, è riuscito a spiccare il volo.
Con i clivensi è puro show: le sue capacità, rimaste intrappolate in Gambia, sfociano armonicamente, con classe e disinvoltura.
Nella primavera mette a referto ben 8 reti, prima di trasferirsi in prestito al Torino, dove continua a stupire.
Tornato dall’avventura con i granata, e vista la retrocessione del club, si trasferisce al Bologna per 500mila euro.
All’ombra delle due torri matura ed impressiona Mihajlovic, che consapevole delle sue abilità, lo fa esordire in Coppa Italia contro l’Udinese.
Da lì in poi, la rapida ascesa continua, sino al giorno del 7 febbraio 2020 , data che non scorderà mai, quando debutta in Serie A contro la Roma, subentrando al connazionale Musa Barrow.

Il resto è storia: a San Siro, entrando dalla panchina imprime con decisione il timbro per entrare di diritto nell’apogeo del calcio: goal spettacolare dalla distanza e giocate d’autore con le quali si fa notare.
Il suo è un talento naturale, svezzato con l’impegno e grazie al fato, che ha reso possibile a tutti noi la creazione meritata di un ragazzo che, sulla propria pelle, ha passato avvenimenti incredibili, in senso negativo.

Ne ha passate tante Musa, ma ce l’ha fatta, ha consacrato i propri di sogni, si è sacrificato per farlo, portando a compimento una grande impresa.
La sua è una storia di vita, da raccontare e divulgare, una lezione alla quale applaudire.
Musa, ce l’hai fatta.