1978. L’anno del mondiale in argentina, ma soprattutto DEGLI argentini.
Ma facciamo un passo indietro, La Fifa designa L’Argentina come paese ospitante dell’evento calcistico più importante al mondo quando il paese sudamericano è ancora uno stato democratico. Di lì a poco nel ’76 avverrà il “golpe” che imporrà al paese un regime dittatoriale. Questo particolare cambia tutto.
Il mondiale è un’occasione d’oro per la propaganda della dittatura, inoltre è il diversivo ideale per far dimenticare le tensioni politiche al paese per 3 settimane.
Lo sport e in particolare il calcio sono uno strumento fenomenale per la propaganda politica. Abbiamo numerosi esempi in passato, come il mondiale del ’34 in Italia sotto il regime fascista, le olimpiadi del ’36 a Berlino sulle quali Hitler ha investì parecchi soldi e il mondiale del ’50 in Brasile che doveva consacrare il potere del dittatore Getulio Vargas.
A rovinare i piani di Hitler ci aveva pensato un certo Jesse Owens, mentre i sogni di Vargas furono annientati da Ghiggia e Schiaffino provocando il celeberrimo Maracanazo.
L’Argentina non poteva permettersi in alcun modo una simile disfatta, doveva necessariamente seguire le orme vincenti dell’Italia. Per il raggiungimento dell’obiettivo erano disposti a tutto, ma proprio a tutto…
Infatti la scelta del tecnico per affrontare un evento così importante ricadde sul “Flaco” Menotti, un uomo che aveva una visione del calcio avveniristica, un ‘interpretazione del ‘fùtbol’ assai simile a quella dei rivali più temuti in quel mondiale:L’Olanda.
Ma, c’è un ma. “El flaco” è un uomo dichiaratamente di sinistra, profondamente convinto dei suoi ideali tanto che non diede mai lustro e importanza al regime come invece volevano imporgli. Questo è uno smacco quasi Inaccettabile per l’ideologia totalitarista dei rappresentanti politici del paese, ma vista la pessima situazione vissuta dal calcio albiceleste fino a quel momento decidono di passare oltre far finta di nulla e affidare la “Seleccion” al maestro.
La nazionale Argentina fino a quel momento aveva vissuto una crisi profonda. Il popolo era ossessionato dalla vittoria, ma i giocatori quasi non volevano vestire la maglia albiceleste poiché i ripetuti fallimenti della nazionale non facevano altro che rovinare la reputazione dei calciatori.

Qui Menotti attua la sua rivoluzione, prima filosofica poi calcistica.
Capisce che il successo non porta alla felicità. Ma il contrario, La felicità porta al successo.

Importa nella mentalità del gruppo l’importanza del percorso e non della meta.
L’argentina gioca un calcio di squadra, dove per la prima volta la tecnica prevale sull’atletismo.
Se la squadra si muove armonicamente all’unisono ci si diverte di più e si corre di meno. D’altronde, “la palla non suda”.
Menotti decide di convocare esclusivamente giocatori provenienti dal campionato argentino,ma decide di fare un’eccezione per quello che da due anni è il capocannoniere della Liga, un calciatore fenomenale che segna valanghe di goal come un 9 ma ha la corsa e le doti tecniche di chi parte più defilato come un 11: Mario Kempes.
Una delle caratteristiche della nazionale albiceleste è l’assegnazione dei numeri di maglia in ordine alfabetico. Infatti era insolito vedere un centrocampista come Alonso con il numero 1 e il portiere Fillol con il numero 5.
Una strana e meravigliosa coincidenza del destino posizionò al decimo posto dell’ordine alfabetico proprio Kempes, il quale onorerà quel numero che sembra rispecchiare alla perfezione le sue caratteristiche così uniche, che solo quel ‘diez’ sulle sue spalle è in grado di descrivere. Le critiche iniziali sono moltissime, infatti Il numero 10 non è visto bene in patria vista la sua militanza nel Valencia; ma vedremo che l’attaccante si farà abbondantemente “perdonare” dai suoi compatrioti sul campo.
Nonostante tutte queste aspettative il mondiale non inizia benissimo per i padroni di casa che strappano delle vittorie sofferte a Ungheria e Francia e crollano a Buenos Aires proprio contro gli Azzurri.
Nella partita del Monumental contro l’Italia si verificò una situazione stranissima. Nonostante l’Albiceleste giocasse in casa, quasi la metà dello stadio era composta dai ‘Tanos’, un soprannome argentino per indicare gli italiani o coloro che hanno origini Italiane. I Tanos fecero un tifo assordante e incessante per gli azzurri, trascinandoli alla vittoria per 1-0.
Vista la situazione gli Argentini decisero di giocare le loro partite a Rosario per avere una spinta più focosa da parte del pubblico.
Kempes decise di presentarsi al mondiale con degli insoliti baffi, che però non sembravano portare m olta fortuna all’attaccante principe della squadra di casa. Infatti nelle prime tre partite Kempes non riuscì a siglare neaanche una rete.
Gli argentini sono uno dei popoli tra i più scaramantici al mondo ed in particolare lo era il tecnico Menotti. El flaco si rivolse a kempes e lo pregò di radersi poiché secondo lui quei “Bigotes”(baffi) influivano sulle prestazioni del dieci. Kempes, anche se titubante doveva ripagare la fiducia che l’allenatore aveva riposto in lui e decise di radersi.

Come per magia, la partita successiva, Mario contro la Polonia entra in campo sbabrbato e timbra il cartellino per ben due volte regalando la vittoria ai suoi.
Ora arriva uno degli scogli più duri per l’Albiceleste, il nemico di sempre, l’odiatissimo Brasile.
La tensione durante la partita è alle stelle, si gioca un match brutto, sporco dove le difese si impongono sui rispettivi reparti offensivi. Finisce 0-0.
Per un’assurda formula, L’Argentina deve superare i confinanti peruviani con 4 goal di scarto.
Quella gara, ancora oggi viene ricordata come la “Mermelada peruana”. Le polemiche furono infinite e se ne parla ancora oggi. Si pensa che ci furono pressioni da parte del regime sulla federazione peruviana e pare che siano stati erogati finanziamenti illeciti, inoltre si crede che siano state intimate minacce ai giocatori biancorossi. Come se non bastasse, la notte prima della partita, i tifosi argentini disturbarono il sonno dei rivali facendo trambusto appena sotto l’hotel dove alloggiavano.

Uno dei bersagli principali delle polemiche del mondiale fu il portiere Quiroca, Argentino di Rosario naturalizzato peruviano che si vide costretto a difendere i pali della nazionale biancorossa non certo in un clima di serenità.
Nonostante le inquietanti premesse, il Perù parve voler giocare la sua partita onestamente, tanto che nei primi 10 minuti creò molte occasioni, colpendo addirittura un legno.
Dopo questi primi grattacapi iniziali, la nazionale ospitante decise di salire in cattedra e asfaltò i vicini con un roboante 6-0. Tra luci e ombre l’Argentina conquistò l’agognata finale.
L’altra finalista era l’avversario più temuto. L’Olanda vicecampione del mondo 4 anni prima in Gerrmania giocava il calcio più bello del mondo. Quell’idea di calcio totale che affascinò così tanto Menotti ora era l’ultimo durissimo ostacolo per aggiudicarsi la coppa.
La finale venne giocata al Monumental, ovviamente. Un clima surreale, nonostante l’inverno da emisfero australe soffiava un vento gelido, lo stadio del river sembrava il posto più caldo del pianeta vista la passione dei tifosi di casa. I dati ufficiali riportano più di 70.000 spettatori paganti ma probabilmente erano molti di più. Ogni Argentino nasce con il sogno di vedere l’Albiceleste alzare al cielo la coppa più bella e più importante di tutte e quel giorno proprio non potevano perderselo.
Nonostante i milioni di coriandoli in campo e qualche discrepanza tra l’arbitro e i fiamminghi a causa di una fasciatura ritenuta irregolare di un calciatore olandese, inizia la finale.
Anche qui, nonostante il tasso tecnico delle due formazioni era elevatissimo, di calcio purtroppo se ne vide poco. La posta in palio era troppo alta e il contesto socio-politico del paese rendeva le pressioni ancora più asfissianti. Quando le tattiche si annullano si lascia spazio alla violenza. Calcioni, spinte,sgambetti gomitate… accadde di tutto.
I padroni di casa si portano in vantaggio con il solito Kempes, a dieci dalla fine gli Orange agguantano il pareggio e al 90’ gli viene negata la coppa dal palo.
Ai supplementari, quella che dovrebbe essere una partita diventa una vera e propria battaglia senza regole e quando non si gioca, ma si combatte, lo schieramento che conosce meglio il campo di battaglia ha sempre la meglio e così fu.
Kempes segna l’ennesimo goal del suo mondiale e Bertoni la chiude sul 3-1.
Gli olandesi furibondi per l’arbitraggio lasciano il campo rifiutando il premio per il secondo posto.

Capitan Passarella alza al cielo la coppa e a Buenos Aires si festeggia ininterrottamente per giorni.
Questa è la storia della prima delle due stelle che brillano orgogliose sul petto dell’Albiceleste.
Una stella che brilla grazie al meraviglioso calcio di Menotti e le magie di Kempes ma che ha più di qualche ombra per le situazioni extra-calcistiche che hanno influito più del dovuto sul terreno di gioco.


P.S Voglio ringraziare calorosamente la Pagina Facebook “Il calcio Argetino-Que viva el Futbol” che mi ha inviato la storia dei baffi di Kempes. Seguite la pagina perché è meravigliosa e si occupa di calcio argentino a 360 gradi.

Matteo Di Mango