Ognuno sta solo sul cuore della terra, scriveva un meraviglioso poeta dell'ermetismo italiano. Non me ne vogliano i cultori di questa incredibile forma d'arte, che amo anch'io. Ma non potevo prescindere da questa citazione per raccontare la peculiarità fondamentale di un ruolo la cui importanza nel calcio non è mai troppo ben raccontata.

Immaginatevi guardiani di uno spazio vitale, delimitato da legni che si rivelano amici o nemici a seconda dell'effetto che prende il velocissimo e insidioso pallone, responsabili del risultato di una partita, di una stagione; immaginatevi a difendere, soli, il vostro guscio da un contropiede devastante in cui cadono uno ad uno i vostri alleati; immaginatevi, ancor più soli, davanti allo sguardo glaciale di un attaccante che piazza il pallone sul dischetto e vi sfida a mantenere la calma e a indovinare dove vuole insaccare quel punto.

La sentite un po' d'ansia? Il portiere è tutto questo, e molto di più. Un ruolo spesso silenzioso pronto ad esplodere in caso di interventi clamorosi o errori banali. La differenza, poi, sta tutta lì. Perché per gridare al valore di un estremo difensore c'è bisogno di un miracolo, di un colpo di reni magistrale, di un'uscita provvidenziale; ma basta un errore di pochi centimetri per diventare un bidone, una scartina, un pessimo portiere.

Di poche ore fa l'accendersi del fuoco su quello che molti hanno definito il futuro della nazionale, il tanto criticato e tanto pompato Donnarumma. Nella finale di Coppa Italia, Gigio si è lasciato scappare due palloni rivelatisi decisivi ai fini del risultato finale, in una maniera del tutto inadeguata rispetto a quanto è attualmente salito il valore di mercato di questo giovanissimo spilungone.

Io, lo ammetto candidamente, non sono tra i suoi più fervidi estimatori (e non parlo dell'aspetto squisitamente "morale" del personaggio, su cui pure ci sarebbe ben da dire); ma credo che non sia semplice a soli 19 anni prendersi sulle spalle la responsabilità di un ruolo del genere, in una squadra dal grandissimo passato, peraltro, che ambisce di nuovo ai vecchi fasti dall'arrivo della ricca (ricca?) proprietà cinese. La storia del rinnovo, il contratto al fratello, la procura affidata ad uno squalo come Raiola, sono obiettivamente fattori non di poco conto nella valutazione complessiva che si fa del numero 99 rossonero, ma da qui a crocifiggerlo per errori che con quella pressione possono capitare ce ne corre.

Dal futuro al passato, se il buon Gigi mi consente il termine; l'altro portiere messo pesantemente sotto accusa negli ultimi tempi da molti commentatori sportivi è proprio il capitano della juve, che sta vivendo un finale di carriera davvero amaro, se raffrontato al percorso. La decisione di proseguire quest'anno, nonostante i primi acciacchi dell'età e l'evidente calo di prestazioni, già lo metteva in una posizione non semplice. L'esplosione di rabbia post partita di Madrid lo ha squalificato agli occhi di molti, ma gli ha restituito un'umanità che forse lui ha fuggito e tentato di nascondere.

Perché Buffon, prima che un uomo è un portiere, ora; o meglio questo è quello che lui ha rappresentato per anni, l'emblema dell'estremo difensore per eccelleza, il capitano in grado di guidare la difesa, la sicurezza per chi non sapeva cosa farsene di un pallone che scotta in fase d'impostazione. E lui da grande calciatore qual è ha cercato di vincere tutto e c'è quasi riuscito, escluse quelle due cosine, un trofeo personale e uno di squadra.

Trofei poi strettamente legati tra loro, poiché con un Champions in tasca e una carriera costellata di riconoscimenti nessuno si sarebbe opposto alla consegna, esclusiva, del pallone d'oro al Gigi nazionale. 

E si ritorna lì, alla difficoltà di vincere un trofeo ambito da ogni calciatore ma che per un portiere è un'impresa titanica, perché il portiere non segna, il portiere non rifinisce, non inventa. Il portiere è solo.

Per non parlare del ruolo di secondo, una delle figure psicologicamente più complesse dell'intero panorama umano. Il secondo sa di non avere continuità, di non godere della piena fiducia e contemporaneamente di dover essere pronto all'occorrenza, a freddo, nel caso in cui il primo manchi o debba uscire dal campo. Di solito si affida questo ruolo ad un giocatore di esperienza, proprio perché reggere il peso della panchina, arrivando ad accettarla come seconda pelle in cui reinfilarsi anche dopo aver ben sopperito all'assenza del titolare, è da titani, mentalmente parlando, da uomini fatti e finiti.

Quindi la prossima volta che inveite contro il vostro portiere che si è lasciato scivolare un pallone dalle mani o che ha azzardato un'uscita fuori luogo, provate a ricordarvi che quell'errore nasce quasi sempre da un atto di coraggio, che può trasformare un uomo in eroe, come un campione in inadeguato. E solo.

La critica fa parte del gioco, ma non dimentichiamoci la difficoltà della solitudine. In fondo ognuno sta solo sul cuore della terra.

Ed è subito sera.