La maglia numero 10 nel calcio è sempre stata, e sempre sarà, l’incarnazione del mito, il numero che non va a finire mai (o quasi) per caso nelle spalle di un calciatore, il numero che in un sol colpo impersona fantasia, classe, imprevedibilità e tanto altro, un marchio che sta lì a suggellare che ci troviamo, non difronte ad un calciatore, ma al calciatore.

Nella sua storia, il calcio annovera numeri 10 che forse non si possono solo definire calciatori, ma anche artisti, per alcuni (a limite del blasfemo) divinità, per tutti giocatori per cui vale pagare il prezzo del biglietto.
Nel passato con la numero 10 si identificava il centrocampista avanzato, il regista avanzato con il compito di far segnare gli attaccanti e quando serviva di pensarci in prima persona.
Ogni epoca è stata segnata dalle gesta di questi funamboli del pallone, come non ricordare i vari Meazza, Pelè, Eusebio, Zico, Rivera, Mazzola, Platini, Maradona, Baggio, Del Piero, Totti, Ronaldinho, Messi, tutti calciatori che ci hanno fatto emozionare, sognare e tenuti incollati alla tv con le loro giocate, inventandosi lanci, pennellate, traiettorie che fino all’attimo prima era fantascienza solo immaginarli. Il numero 10 è sempre stato un’entità a parte, fuori dal contesto squadra, quasi come se facesse una partita nella partita, al quale non si chiedeva neanche di correre, c’era sempre qualcuno che corresse per lui, bastava solo mettere l’invenzione, l’intuizione, il colpo che, in una manciata di secondi, giustificasse la sua presenza in campo, desse un indirizzo alla partita e deliziasse le platee.  

Negli anni il calcio è cambiato, evoluto, i numeri 10 hanno fatto sempre più fatica a trovare posto, spesso ostracizzati e sacrificati sull’altare di un determinato modulo o al credo dell’allenatore di turno, ma anche dall’aumento della fisicità, di un calcio sempre più muscolare, che ha lasciato sempre meno spazio alla tecnica. Su tutti salta all’occhio la seconda parte della carriera di Baggio, giocatore che tra fine anni ’80 e inizi ’90 ha deliziato tutti con giocate sublimi, prima a Firenze, poi alla Juventus, passando per il mondiale del ’90, per poi a metà anni ’90, complice un infortunio, vedersi relegato in panchina ai danni di un giovane e più muscolare(rispetto a lui) Del Piero. Da quel momento, pur passando per squadre altrettanto prestigiose come Milan e Inter, non ha più trovato centralità nei progetti del calcio che contava, finendo la carriera tra Bologna e Brescia, dove, trovando chi credesse ancora in lui, non ha smesso di emozionare e deliziare i suoi tifosi. Il calcio stava cambiando.

Oggi, in questo piccolo scorcio di stagione, sembra quasi che si stia rivivendo la stessa epopea di allora. Due campionissimi del nostro campionato, Dybala e Insigne, stanno attraversando il loro momento più basso, e quasi come se non ci fosse più traccia delle loro gesta, che fino all’attimo prima ci avevano incantato, ora li troviamo oggetto di critiche spesso ingenerose, colpa della nostra sete di tutto e subito, dell’impazienza, della nostra memoria corta, che fanno si che, come con un colpo di spugna, tutto sia stato cancellato, dimenticando il cucchiaio, il dribbling, la punizione che tanto ci hanno fatto godere l’attimo prima, ma che ora sono solo un lontano ricordo, quasi a far diventare l’artista, un normale calciatore.

Come detto, entrambi questi due fuoriclasse stanno vivendo un inizio di stagione complicato. Il napoletano, che numero 10 lo è solo in nazionale, ma a prescindere dal numero di maglia, è un 10 di fatto, dopo le prime due giornate a fasi alterne, nell’ultimo turno di campionato, è stato addirittura sostituito nell’intervallo. E non è andata meglio in nazionale, dove dopo una prima partita un po’ apatica contro la Polonia, è rimasto fuori nella seconda contro il Portogallo, tutte partite, sia con il club che con la nazionale, che non l’hanno visto esente da critiche. Sicuramente in questo inizio di campionato, gioca un ruolo importante il cambio di allenatore a Napoli, dove Insigne dovrà trovare il feeling con i nuovi schemi e ritrovare un po’ di fiducia.

Dybala alla Juventus sta vivendo una situazione analoga, che l’ha visto in campo una settantina di minuti in tre partite, e meno di un tempo nelle due partite in nazionale. Nella sua involuzione, sicuramente gioca un ruolo di primo piano più l’arrivo di C. Ronaldo in squadra, che ha destabilizzato un po’ l’argentino, che una questione tecnico-tattica, in quanto la presenza ingombrante del Portoghese, sembra quasi aver schiacciato l’asso Argentino, sicuramente molto più fragile del Portoghese. Infatti anche l’anno scorso il punto più