E' possibile commentare una partita seguita alla radio? Sì, se i parametri presi in considerazione sono quelli giusti. E nel caso di Milan Roma c'è da prendere in considerazione il numero 32, cioè i gradi di temperatura, più lo stadio in cui si è giocato, San Siro, un catino senza spifferi d'aria al centro di una zona, la Lombardia, che di spifferi d'aria ne conosce davvero pochi. Ho vissuto, del resto, in Lombardia per molti anni e ho lavorato a Milano. So, pertanto, cosa vuol dire trovarsi lì a 32° di temperatura, in un tardo pomeriggio in cui l'umidità sale con le ore che precedono la sera e rende il calore percepito anche 35-36°. La copertura di San Siro, poi, rende l'ambiente una specie di inferno per i vivi.
Entrambe le squadre temevano l'ambiente da serra tropicale, cosa testimoniata dal primo tempo soporifero. Il ritmo moscio è stato ben reso dagli effetti letargici della radiocronaca. Al termine della prima fase, infatti, avevo la bocca impastata dal placido sonno che, a volte, colpisce sotto gli ombrelloni coloro che si lasciano cullare dalla brezza marina.

Nel secondo tempo, la radio trasmetteva un po' più di brio, ma la Roma, squadra di valore, aveva avuto 2 giorni in meno per riposare rispetto ai padroni di casa ed è calata lasciando la sauna di San Siro a un buon Milan. In un certo senso, i giallorossi sono sprofondati nel sonno come il Capitano Segura in "Il nostro agente a l'Avana". Sfidato a una partita a dama dal protagonista, Wormold. il malcapitato si accorge che le pedine sono bottigliette di liquore e che, al posto di mangiare virtualmente quelle dell'avversario, deve berne il contenuto. La cosa non lo aiuta a stare sveglio e, infatti, si adagia fra le braccia di morfeo.

La vittoria del Milan non va, comunque, sottovalutata, perché a parte il poco tempo di recupero avuto dai giallorossi rispetto ai rossoneri, questi hanno comunque dimostrato una condizione atletica valida, cosa che prima dell'interruzione mancava, a conferma dei gravissimi errori fatti da Giampaolo in fase di preparazione estiva. Per mesi, anche con Pioli, il Milan ha camminato, stancandosi per giunta molto presto anche di camminare. Non ho niente di personale contro Giampaolo, ma messo di fronte a esigenze diversa dalla salvezza tranquilla, si è dimostrato inadeguato.
Come avevo già scritto dopo la vittoria di Lecce, cresce il partito di coloro che preferirebbero non crescere mai per non rischiare o che, accetterebbero di perdere, a patto che ciò avvenga tenendo in società chi ispira simpatia. Personalmente, guardo al curriculum di Pioli, bravissima persona peraltro, e continuo a vedere una carriera a singhiozzo, in cui i periodi buoni si sono alternati a crolli clamorosi. Non so da cosa sia dipeso, ma gli alti e i bassi non possono definirsi casuali in un arco di tempo ormai abbastanza lungo quale la durata della carriera di questo allenatore.

Non molto tempo dopo la fine del conflitto mondiale, i britannici mandarono a casa Churchill, non uno qualsiasi, perché ritenevano di dover voltare pagina, pur con tutta la reverenza e la gratitudine dovuta a un grande della storia. Le grandi società, e il Milan lo è, sono come le grandi nazioni, come lo era ed è la Gran Bretagna: devono conoscere la gratitudine, ma non lasciarsene condizionare.
E' vero che Rangnick potrebbe sedersi dietro la scrivania, lasciando la panchina a Pioli, ma cosa succederebbe se l'attuale tecnico reclamasse, come sarebbe suo sacrosanto diritto, la dovuta autonomia tecnica? Succederebbe che, dopo un po', ci sarebbe l'inevitabile esonero e saremmo costretti a rimettere le solite pezze alla solita stagione piena di equivoci.
In sostanza, perché dovremmo offrire, per un anno ancora, il fondoschiena alla pedata?