Ogni tifoso interista, è innegabile, vive le partite contro Juventus e Milan come quelle più importanti e delicate dell’intera stagione. Stesso discorso vale anche per i corrispettivi bianco-rossoneri, sebbene in tutte le tifoserie si annidi il profilo del “falso menefreghista”, colui che finge disinteresse al solo scopo di screditare la società avversaria, reputandola non all’altezza della propria storia e sostenendo la curiosa tesi per cui quella partita vale come tutte le altre. Invece, lo sappiamo tutti, le sfide incrociate tra le tre “grandi” storiche del nostro calcio sono da sempre le più intense ed appassionanti, tanto per i sostenitori direttamente interessati quanto per la platea degli appassionati che assiste in modo “neutro” ai vari incontri.
Ora, premesso quanto sopra, una domanda mi ha sempre intrigato ed è spesso stata spunto per discussioni molto interessanti: chi è la rivale per eccellenza dell’Inter?
Partendo dal presupposto che la risposta è evidentemente strettamente personale, è importante fare una panoramica sulle origini delle due rivalità per metterle a confronto.

IL DERBY D’ITALIA
Dopo i primi incroci agli albori del Novecento, la rivalità cominciò a instaurarsi con l’avvento del girone unico nel 1929.
Il primo campionato in assoluto con il nuovo formato venne vinto dall’Inter, al quale seguirono i cinque trionfi consecutivi della Signora.
Durante quel lustro, i meneghini contesero per ben tre volte il titolo, subendo una clamorosa beffa nel 1934/35: appaiate in testa, all’ultimo turno i piemontesi ebbero la meglio grazie al successo di misura ottenuto a Firenze e, contemporaneamente, al clamoroso tracollo nerazzurro all’Olimpico contro la Lazio per 4-2. Sì, avete letto bene: 67 anni prima dell’arcinoto 5 maggio, un clamoroso episodio tremendamente simile sancì il trionfo bianconero. Corsi e ricorsi storici.
La rivincita avvenne tre anni dopo, con i nerazzurri che riuscirono a tornare sul trono, grazie all’ultima grande stagione di Meazza.
Se però fin qui fu più una rivalità di carattere tecnico, la vera miccia scoppiò nel 1961. I bianconeri, trascinati dal tridente Boniperti-Charles-Sivori, erano in testa al campionato con due lunghezze di vantaggio sui diretti avversari ed il 16 aprile di quell’anno lo scontro diretto si tenne a Torino: l’invasione di campo da parte del pubblico di casa sancì la sospensione della partita e la vittoria a tavolino per gli ospiti.
Si arrivò pertanto all’ultima giornata, con le due società ancora una volta appaiate in cima, ma proprio alla vigilia della conclusione del campionato la decisione da parte della Federcalcio sconvolse il torneo: il ricorso della società bianconera contro la sconfitta a tavolino venne accolto, decretando la ripetizione della partita. La Juve riuscì a pareggiare contro il Bari, mentre i neroazzurri persero 2-0 a Catania (nacque proprio qui il celeberrimo “clamoroso al Cibali), consegnando di fatto l’ultimo successo tricolore al “trio magico”.
La domenica successiva, per protesta contro una decisione che scatenò innumerevoli polemiche, l’allora presidente della Beneamata Angelo Moratti spedì la Primavera (tra le cui fila militava un giovanissimo Sandro Mazzola alle prese con la maturità) a disputare il match con i campioni d’Italia, la quale subì un passivo pazzesco: 9-1, con 6 reti siglate da Sivori.
Fu probabilmente questa la pietra miliare di una rivalità che non solo si protrae tuttora ma che è addirittura andata amplificandosi con il passare degli anni.
Già nel 1967, al termine del ciclo leggendario di Helenio Herrera alla guida della “Grande Inter” che aveva incantato il mondo intero, Gianni Brera coniò la locuzione “derby d’Italia”, che anche tra gli addetti ai lavori ha spesso scatenato incomprensioni sul suo corretto utilizzo. Non si tratta di un appellativo forgiato per le uniche due squadre mai retrocesse in cadetteria (anche perché all’epoca il Milan non aveva ancora conosciuto l’inferno della Serie B e, anche forzando questo ragionamento, il termine avrebbe dovuto decadere dopo la discesa bianconera nel 2006 a seguito di Calciopoli) o per le squadre maggiormente titolate in ambito nazionale (per un periodo il Diavolo ha superato i nerazzurri come numero di Scudetti) ma semplicemente è un modo per rimarcare quanto questo match sia sentito in tutta la penisola, considerando l’enorme seguito delle due società e la rivalità accresciuta soprattutto a causa dell’episodio appena narrato.
Destino volle che, dopo quella stagione, gli scontri al vertice furono ridotti per circa trent’anni (eccezion fatta per il titolo interista conseguito nel 1979/80 vinto proprio davanti a Madama).
Negli anni successivi, infatti, la Juventus proseguirà il suo dominio in campo nazionale, vincendo ben 9 campionati su 15 tra il 1971/72 e il 1985/86 e cominciando a vincere anche in Europa, mentre l’Inter attraversò periodi caratterizzati da fiammate senza riuscire a dare continuità ai successi conseguiti.
Uno dei grandi protagonisti di quella Juventus fu Giovanni Trapattoni, il quale divenne anche condottiero dell’Inter dei record del 1988/89 e della prima Coppa UEFA vinta in finale contro la Roma due anni dopo.
Bisognerà attendere il 1997/98 per un nuovo scontro diretto per la vittoria finale. In quell’annata, tra le fila guidate da Gigi Simoni (a cui va un pensiero immenso a seguito della sua recentissima scomparsa) milita il più forte calciatore del pianeta in quel momento, Ronaldo. Le sue giocate sono decisive per trascinare i nerazzurri ad un testa a testa avvincente, che si interrompe nella “madre” di tutte le partite, come ormai ribattezzata da tempo: a Torino, il 26 aprile 1998 va in scena la partita tra le due protagoniste del torneo e, con le zebre avanti grazie alla prodezza di Del Piero, il Fenomeno viene fermato irregolarmente in area da Iuliano. Irregolarmente per il 99% degli appassionati (interisti e non) ma non per l’arbitro Ceccarini, il quale non fischia il rigore e, sul ribaltamento di fronte, concede la massima punizione (giusta) ai padroni di casa.
Succede di tutto: proteste, espulsioni, interrogazioni parlamentari, dibattiti, canzoni-parodie (Elio e le Storie Tese docet).
Un campionato che finisce ancora una volta sotto la Mole Antonelliana ma stavolta la delusione è enorme, non solo per l’episodio clou, ma per l’intera stagione costellata da innumerevoli decisioni discutibili che hanno lasciato una montagna di rimpianti.
Lo Scudetto del 2002 con il finale thrilling ancora oggi ricordato dalla tifoseria bianconera come uno dei più bei momenti della loro storia, che permise di vincere proprio all’ultimo giro il titolo proprio a quattro anni di distanza dal campionato più discusso di sempre, fu solo l’antipasto di ciò che avverrà altri quattro anni dopo.
Lo scandalo Calciopoli, che ebbe le conseguenze note e già accennate sopra, segnò il culmine della lotta tra le due società.
Da questo momento si instaura un clima che diventa a mio avviso esagerato rispetto a quello che dovrebbe provocare una sana rivalità calcistica, la quale dovrebbe servire alle società per essere stimolate a fare meglio sotto il profilo della competitività e, dall’altra parte, a garantire un pizzico di sale in più nelle discussioni tra tifosi e sostenitori delle diverse squadre.
Invece, da una parte e dall’altra, si è assistito e tuttora si assiste ad un impiego di frasi, pensieri, insulti, offese che vanno oltre la semplice espressione di un parere personale.

Battagliare dialetticamente è meraviglioso a patto che sia mantenuto quel livello di educazione e serietà che dovrebbe essere lo standard minimo di ogni conversazione, digitale e non.

Esaurita questa doverosa parentesi, il Triplete nerazzurro conseguito nel 2010 rappresenta il momento più bello della storia del club che provoca ulteriori dissapori, nonostante la piena ripresa dei bianconeri i quali inanellano la serie record di otto titoli consecutivi ma che mancano per due volte l’agognato “treble”, non riuscendo ad acciuffare quella Champions inseguita da 24 anni e che ancora oggi rappresenta il grande neo della società bianconera, motivo di tanta accesissima rivalità rinvigorita a partire dall’anno d’oro del pianeta interista.
L’insediamento di Antonio Conte di quest’estate sulla panchina nerazzurra, dopo aver vinto tutto da calciatore con la Juve e aver fatto ricominciare il grande ciclo da allenatore alla squadra bianconera, è solo l’ultimo tassello di questa storia che, come abbiamo visto, ha radici ben lontane.

DERBY DELLA MADONNINA
Milano
è l’unica città europea che può vantare due squadre diverse campioni d’Europa e rappresenta una delle capitali del calcio mondiale unanimemente riconosciute.
Storicamente, la contesa tra i due volti della città ha rappresentato almeno fino agli anni ’50 una disputa tra i bauscia (borghesia cittadina, tipicamente associata all’Inter) e i casciavìt (cacciaviti, sinonimo della classe operaia a cui si rifaceva il Milan).
Questa distinzione ha ovviamente fatto il suo tempo e il derby della Madonnina è divenuto teatro di sfide tra calciatori e squadre eccezionali: negli anni ’60, infatti, Mazzola e Rivera hanno rappresentato le relative icone delle due società, capaci di vincere sia in ambito nazionale ma soprattutto internazionale.

Con il predominio della Juventus iniziato negli anni ’70, i due club conobbero un periodo non brillantissimo. In particolare, i rossoneri retrocedettero per ben due volte in cadetteria (per motivi diversi) fino alla rinascita sul finire degli anni ’80 che li portò ad entrare dritti nella storia del calcio. L’Inter, come scritto sopra, fatta eccezione per gli anni trapattoniani, tornerà ad aprire un ciclo straordinario proprio in concomitanza con la chiusura di quello milanista targato Ancelotti nel 2007. Una sorta di passaggio di testimone tra i due team, che hanno invece poi fatto perdere le loro tracce in questo decennio, il più buio della loro storia calcistica, tra varie cessioni societarie, acquisti sbagliati e risultati sotto le aspettative. Tutto ciò non ha però scalfito minimamente la passione e la voglia di vincere la “partitissima” svolta allo stadio “Giuseppe Meazza” in quel di San Siro, simbolo di un movimento, di una città, di uno sport.
Un match che non ha bisogno di presentazioni: è una stracittadina, colorata, gioiosa, vivace. Un derby caratterizzato da grande correttezza (eccetto qualche caso isolato) ma che viene vissuto in modo viscerale da ambedue le parti per la conquista di Milano.

- CONCLUSIONI
Fatta dunque una brevissima disamina storica delle due contese (ci sarebbero tantissime storie da raccontare per le quali non potrebbe bastare un libro) è giunto il momento di rispondere alla domanda.
Chi è la rivale per eccellenza dell’Inter?
Personalmente, devo dividere il mio sentimento sotto due punti di vista differenti.
A livello di pancia e di cuore sento molto di più la sfida con il Milan.
È un derby cittadino, non ha spiegazioni, non ha motivi particolari. È il match che più di tutti lascia emozioni e fa vibrare il cuore, sia nel bene che nel male. Il romanticismo e lo spirito calcistico verace per come lo intendo io è rinvenibile alla “Scala del calcio” quando giocano le due titolatissime squadre del Naviglio.
Difficile reperire tali sensazioni in altri contesti.

Il fatto che abbia dedicato poco spazio alla storia della sfida tra le due compagini non tragga in inganno: chi ha assaporato il derby sa che non c’è bisogno di parole per descrivere quel sentimento che si prova durante le grandi sfide che ci hanno regalato.
Detta così, sembrerebbe che anche io appartenga alla cerchia dei “falsi menefreghisti” citati in apertura di articolo, snobbando la Juventus, ma non è assolutamente così.
Urge infatti la seconda considerazione: se a livello strettamente emotivo preferisco il Milan, a livello competitivo non ho dubbi. Voglio sempre vincere contro la Juve, più di ogni altra, sotto il profilo strettamente tecnico.
È inutile negarlo, da una parte e dall’altra: noi vorremmo aver scucito qualche titolo nazionale in più, mentre i bianconeri desiderano la terza coppa sia per motivi logici di successo ma anche per colmare quel gap creatosi nel 2010.
Ergo, stavolta a questa domanda la risposta si deve obbligatoriamente dividere a metà: Milan e Juve sono le rivali per eccellenza dell’Inter! 
E state certi che vale la stessa cosa al contrario.
Non credete a chi lo nega: le tre big sono sempre in competizione, anche in periodi storici in cui qualcuna di esse è in difficoltà.
In fondo, se vissuta in modo degno e corretto, la sana competizione rende il calcio più bello e stimolante.