Spesso mi lamento dei miei acciacchi, frutto di tanti anni sulla schiena e di tanti colpi presi sui campi di calcio. Vorrei avere più salute a disposizione, invece mi sono anche operato ad un ginocchio con ricostruzione parziale della rotula. Non posso più correre, e per uno come me che correva anche per andare a fare la spesa è un bel guaio. Ma nonostante questo, mi faccio forza e cerco di camminare, e percorro spesso quei fatidici diecimila passi che tutti ogni giorno dovremmo eseguire come da dogma imprescindibile, così da combattere molte patologie tipiche degli anziani, non ultimi la glicemia e la pressione alta. Ma se ognuno di noi si lamenta, dovrebbe qualche volta guardare a chi i problemi li ha veramente

Qualche mese fa camminavo indisturbato verso il centro della mia cittadina, quando improvvisamente un tale sulla carrozzina mi supera e dopo pochi metri si gira verso di me in segno di sfida. Rimango un pò perplesso, e mi chiedo se per caso ho fatto quacosa di male, seppure involontariamente, ma nel frattempo il tale mi sorride. Allora io riconosco un vecchio amico, Leo, e mi chiedo cosa lo possa avere ridotto in quello stato. Lo avevo perso di vista da molto tempo, ma di lui mi ricordavo il suo sorriso sempre stampato sul suo viso simpatico. Inoltre la sua disponibilità per ogni iniziativa che volessimo intraprendere nell'ambito della nostra attività parrocchiale. L'attività era soprattutto di carattere manuale, infatti aiutavamo nelle sagre, sia nella fase di costruzione degli stands, che nell'esercizio di vendita. Lui, oltremodo era anche un cuoco di professione, e quindi chi più di lui poteva fornire i suoi servigi in cucina elargendo la sua capacità culinaria e l'esperienza gastronomica. Ma l'aiuto proseguiva anche per altre iniziative, sempre nell'ambito dell'utilità dell'oratorio, e comunque per dare ai bambini e ai ragazzi che frequentavano la parrocchia la possibilità di avere dei giochi e delle strutture che usavano con gioia. 

Dopo averlo salutato, gli ho chiesto cosa era successo! Allora mi fece vedere una tastiera, che portava con sè e nella quale scriveva subito qualcosa. Dalla tastiera uscì una voce metallica che mi diede una sentenza da rabbrividire: "Ho la SLA". Dopo scrisse di nuovo:"Non riesco a parlare e camminare, e come vedi mi faccio aiutare da questo aggeggio".

In questi casi non si sa mai cosa dire, ma lui mi tolse ogni impaccio e mi spiegò molte cose, sempre con il suo sorriso benevolo, precedendo le mie domande. Mi fece anche vedere una sua foto, nella quale si vedeva lui che stava a testa in giù, facendo una verticale con un solo braccio. Un fisico incredibile, ora distrutto da una "maledetta"malattia. 

Gli chiesi della sua famiglia, e lui candidamente mi confessò che era separato. "Ma tua moglie"? - chiesi con preoccupazione. Mi rispose che la sua ex moglie aveva problemi più gravi di lui, e quindi non c'era possibilità per nessuno dei due di aiutare l'alro partner. Un disastro! Non ne dicevo una giusta. Allora lo invitai a bere un caffè e ci sedemmo in un bar, all'esterno, seduti ad un tavolino. La bella stagione era all'inizio e, grazie ad un bel sole, ci godemmo la mattina che ci offriva il nostro buon Dio, discorrendo di altre cose. Ma dopo qualche tempo, lui mi disse che sua figlia lo aspettava più avanti vicino al porto, dove lavorava. E tutte le mattine Leo si recava a trovare la figlia, dopo avere lasciato la struttura che lo ospitava. Ci scambiammo i numeri di telefono, e da allora, tutti i giorni ci scambiamo il buongiorno. 

Quando lo vidi andare via, mi prese la commozione e mi uscì qualche lacrima.  Non è facile accettare queste spiacevoli sorprese, e ti chiedi perché la vita sia stata crudele con una bava persona come lui. Ed il detto che le "bestie grame" come diciamo da noi, ovvero le bestie cattive, non muoiono mai, trovò l'ennesima conferma. E nella categoria ci mettiamo anche i "rompicoglioni". Non che uno propenda per punizioni divine a soggetti notoriamente negativi, ma almeno che si riservi  una giusta considerazione per le brave persone, che meritano la felicità e non l'angoscia di una spada di Damocle sulla testa, che chissà quando calerà, e soprattutto in che modo doloroso.

Il dolore prende molte persone, spesso è più acuto se riguarda i bambini. Le notizie che ci arrivano dall'Ucraina, ci raccontano di tanti bambini che non diverranno mai adulti. Di uccisioni senza motivo, con bombe e armi di ogni tipo. Putin, sta ormai superando un vecchio professionista dell'uccisione di innocenti: il re Erode. E se Erode si limitò ad ucciderli, qui abbiamo anche le deportazioni, e si parla di migliaia di fanciulli che vengono portati in Russia e dei quali spariscono le tracce. La speranza è che siano almeno consegnati a famiglie che li vogliono crescere, ma ci sono sospetti peggiori. Si sa che il mercato degli organi è molto fiorente e redditizio. Come pure il mercato della pedofilia.

Ma vorrei parlare di un'altra storia. Più soft, con sfaccettature più dolci, e condita dai problemi che molto frequentemente attraversano il mondo degli adulti che hanno bambini con affezioni e disabilità. L'autismo è una di queste. 

I problemi non si presentano subito, ma spesso si notano in una fase già avanzata della crescita infantile. A volte non sono immediatamente riconoscibili i sintomi che accompagnano l'insorgere della patologia. Lo spettro autistico ha varie fasi, e può riguardare situazioni piuttosto gravi oppure altri sviluppi più lievi, dove il bambino riesce lo stesso a vivere una buona vita di relazione, riuscendo anche a completare gli studi, e poi a compiere una vita normale, pienamente inserito nel tessuto sociale. 

Il mio amico Gino, è diventato nonno una decina di anni fa. La felicità iniziale si è presto incrinata quando ha visto che il bambino non rispondeva ai canoni che ci si aspetta di trovare nei bambini che crescono e imparano nelle braccia degli adulti. Si presentava apatico,  e difficilmente rispondeva alle domande che i nonni ed i genitori gli rivolgevano, al solo tentativo di instaurare un rapporto d'amore. 

Sua figlia, è un'insegnante, che ha anche gestito durante il suo lavoro, la fase di sostegno a ragazzi in difficoltà. Si insospettisce presto, e lo porta da alcuni specialisti per avere una diagnosi. Il responso non è immediato, e forse lascia qualche speranza. Ma alla fine la diagnosi dell'autismo, anche se in fase leggera, arriva come un maglio pesante sulla testa di genitori e nonni. E quando arrivano queste sentenze, non tutti sanno come reagire. La figlia di Gino, parte subito al contrattacco, si organizza e chiama ogni medico o struttura che le possa dare un indirizzo da seguire, sia per capire quanto sia grave la cosa, e soprattutto per combattere la malattia. Il papà e i suoi genitori, subiscono invece la cosa molto negativamente. Il Gino, e sua moglie, abituati a lottare e molto più esperti di bambini, sospendono il loro giudizio, cercando di capire il bambino dai suoi comportamenti e dagli stimoli che qualche volta immettono con imput che scatenano comunque delle reazioni. Pur ammettendo che c'è qualche deficit, mi esprime una sua visione più ottimistica della faccenda. 

Intanto ha notato che il suo nipotino ha una integrità fisica notevole. Forza fisica, coordinazione dei movimenti e capacità di corsa notevole. E questo già esclude disabilità fisiche, che spesso accompagnano le categorie più gravi della disabilità. L'unico vero problema è dato dal fatto che tende a rinchiudersi nel suo mondo, muovendo le mani in modo poco naturale, ma è un linguaggio che lui usa come espressione di qualche disagio. 

Altri problemi nascono dall'alimentazione del bambino. mangia solo minestre o succhi di frutta, e qualche volta biscotti. La soluzione a questo problema arriva da un centro ospedaliero a  Roma. Si prenota e si parte, e dopo una degenza di una settimana, il bambino cambia completamente il suo menù alimentare. Dopo un paio di mesi, arriva anche a mangiare le bistecche altre due dita, con annesso osso, che spolpa alla grande. 

Il mio amico Gino si illumina nel viso quando mi racconta questo.  Ci incontriamo spesso, al bar, e mentre beviamo il caffè lui mi racconta. Quache volta mi chiede scusa se parla solo di quello. "Potremmo parlare di calcio, magari delle nostre squadre del cuore..."- "No, -gli rispondo- la salute del tuo nipotino mi interessa, e poi se non ne parli con me, con chi ne puoi parlare?" Ed è vero, in famiglia si può parlare, ma sempre con difficoltà, soprattutto se si vuole evitare che venga interpretata come un'ossessione. E con l'altra famiglia, gli altri nonni, c'è sempre da smontare il loro pessimismo. Un interlocutore neutro ma con la forza di una sincera amicizia è un buon momento per esprimere i sentimenti rinchiusi nel proprio intimo. 

Nel frattempo arrivano altre buone notizie. Il bambino frequenta la scuola regolarmente, e non sembra molto indietro rispetto al resto della classe. Ed è positivo che  abbia anche assunto un vocabolario piuttosto ricercato, con una sintassi perfetta e un uso dei verbi persino evoluto. Usa conguntivi e condizionali correttamente, e per un bambino di dieci anni non è male. 

C'è però qualche difficoltà, e per il Gino è molto importante. Il bambino non può fare sport, soprattutto di squadra, non ha la capacità di disciplinarsi, ad esempio in campo, nel calcio,  non capirebbe come svolgere il suo ruolo, ed anche con il tennis, non ha neanche preso in considerazione di usare la racchetta. Si devono arrendere. Ma aspettiamo!

Intanto il bambino dimostra notevoli doti di pattinatore, sia a rotelle che su ghiaccio. Gino lo ha notato, ma non dice nulla, anche qui bisogna vedere come si disciplina e come può seriamente frequentare una pista con scopi agonistici.

Ma quache volta il dio dei meno fortunati arriva in aiuto. Il mio amico Gino mi racconta che sua figlia ha trovato un centro sportivo dove si occupano solamente di bambini con disabilità. Lo ha portato dove reclutano pattinatori. L'insegnante di pattinaggio formula subito la domanda: "Sa pattinare?" La mamma risponde di getto:"Da Dio!" , Poi si pente e cerca di giustificare con il detto più famoso:"Sa, per ogni mamma il suo figlilolo è un campione"! Viene messo alla prova, e stavolta si illumina il viso dell'insegnante: "Ma è veramente bravo!" "Senta ma da come pattina, scia anche per caso?"" No, ma siamo stati spesso sulla neve". A questo punto l'insegnante si sbilancia:"Se siete d'accordo, lo portiamo tra qualche settimana sulla neve, e vedrà che imparerà a sciare!" 

Quando Gino me lo racconta, sembra un bambino felice che ha avuto le sue caramelle preferite. E' orgoglioso del suo nipotino, e dice che se anche non andasse alle olimpiadi, per lui è come se le avesse già vinte. La vita continua, e già che si inizi è un avvenimento pieno di prospettive future. Bisogna fare un plauso a queste persone che si danno da fare per aiutare i bambini meno fortunati. Anche se qualche volta ci si deve arrendere. Vedo spesso bambni che hanno difficoltà enormi, e guardo in cielo, prego anche a voce alta: "Signore, pensaci tu, perché io non so neanche cosa pensare"! Ma si dice che c'è un Dio per tutti, soprattutto per chi ne ha più bisogno!