Non sono più un adolescente ormai da un bel pezzo – ahime! – e da grande appassionato di calcio quale sono fin dall'età di sei anni, di recente mi sto interessando sempre di più alla “ridicola” popolarità dei videogiochi relativi al calcio. Non fraintendetemi, ho avuto console di gioco per tutta la mia giovinezza e mi sono anche divertito parecchio in passato.
Tuttavia, non ho mai amato niente di più che giocare a calcio per davvero, che sia da solo nel giardino di casa dei miei genitori o nei campetti di calcio a 5 con gli amici. Sempre più spesso però mi capita, passando per i parchi locali, di non vedere più bambini e ragazzi che giocano all’aperto, come a sottolineare il fatto che molti giovani hanno oramai un'insana ossessione nel giocare con un control pad invece che usare i propri piedi.
Ci sono molte ragioni per cui FIFA e Pro Evolution Soccer hanno preso in ostaggio i giovani di oggi, e persino gli adulti, nelle loro camere che diventano delle vere e proprie sale da gioco. Suddette piattaforme di gioco sono diventante così interattive e realistiche che è incredibile da credere se si raffrontano a quelle di soli pochi anni addietro, ed è davvero difficile non farsi coinvolgere. In particolare, il fatto che si possa giocare con chiunque, anche distante migliaia di chilometri, che si trova magari in un angolo sperduto del mondo, e che non hai mai incontrato e né avrai mai l'opportunità di conoscere, incoraggia i giovani e alcuni adulti a utilizzare pure giorni interi e spesso notti a fingere di vestire i panni dei propri eroi attraverso un modernissimo controller – che non ha nulla a che vedere con i vetusti joystick dei miei tempi – invece di cercare di emulare le loro gesta in un campo, in un parco, o per strada.

Al giorno d’oggi, parlando con molti giovani si comprende all'istante come la loro conoscenza del mondo del calcio sia incredibile, ma raramente hanno visto live questi giocatori o abbiano realmente letto su di loro. No, invece, li hanno “comprati” per il loro club all'interno di una modalità di gioco su FIFA, per esempio. Molte persone della mia età – quella degli “anta” per intenderci – negli anni hanno sviluppato la loro conoscenza del mondo pallonaro leggendo pubblicazioni tradizionali relative al calcio – il Guerin Sportivo per me resta un'istituzione – giornali, assistendo a partite allo stadio, guardando in televisione trasmissioni storiche come 90° minuto e assorbendo affascinanti curiosità da qualche persona anziana.
Sono rimasto sbalordito quando ho scoperto che diversi canali calcistici – per lo più all’estero – dedicano programmazioni abbastanza complete per guardare le persone giocare a FIFA l'uno contro l'altro, in pratica un vero torneo. Ciò che mi ha scioccato, inoltre, è che i migliori club di calcio, così come i giocatori, di tutto il mondo firmano dei contratti ufficiali come testimonial del gioco FIFA o PES. Esiste persino la maglietta ufficiale di FIFA, da indossare mentre sei seduto in isolamento fingendo di essere Messi o Ronaldo. Questa è una cosa davvero troppo lontano dal mio essere e dal mio modo di pensare, si è raggiunto uno stato delle cose del tutto nuovo e inimmaginabile per quelli della mia generazione.

Che gli eSports coinvolgano sempre più appassionati lo si può dedurre anche dalla “guerra” che ultimamente hanno iniziato a farsi Nike e Adidas. Le due multinazionali che hanno costruito la propria fortuna sull'abbigliamento sportivo, nell'ultimo anno, hanno deciso di confrontasi – o scontrarsi a seconda dei punti di vista – anche negli sport elettronici. Una battaglia a colpi di sponsorizzazioni. A muovere i primi passi è stata Adidas all'inizio di quest'anno diventando sponsor tecnico di alcuni top team europei della specialità. Nike, invece, ha preferito puntare su singoli giocatori professionisti di esport ed ha persino coinvolto la leggenda dell'NBA LeBron James nella promozione della campagna pubblicitaria. In generale il mondo degli esports sembra essere la nuova frontiera del merchandising, i cui confini virtuali sfociano in un nuovo inesplorato ambiente da conquistare.

Da adolescente, durante le vacanze, quando non ero nel parco o in spiaggia a giocare con gli amici, a volte capitava che ci ritrovassimo in qualche sala giochi, tra partite a calcio balilla e ping pong ci alternavamo anche a qualche videogioco. Ancora non si era diffusa la “Play” o altre piattaforme attuali. Preferivamo giocare l'uno contro l'altro per la strada o in un campetto, organizzare tornei con gli altri ragazzi del quartiere per scoprire chi era il migliore, dando vita a sfide accesissime e socializzando pure tra noi. I giochi allora non erano così coinvolgenti e “dipendenti” come lo sono ora. E lo posso dire per esperienza diretta da momento che è capitato anche a me di giocare alla Playstation, e non ho potuto fare a meno di provare i vari giochi di calcio che tanto appassionano i giovani di oggi. Ho iniziato una carriera da allenatore “virtuale” della Juventus: giochi per una stagione, fai acquisti, costruisci reti di scouting e il tutto è il più vicino possibile alla realtà; puoi trovare tutti i principali campionati del mondo ed in più hai una miriade di giocatori tra cui scegliere per tentare il “colpo”. Le notifiche sui giocatori escono sul tabellone di gioco principale, notizie sui calciatori ma non solo, ti arrivano varie proposte, e se gli altri club hanno accettato o rifiutato le offerte che hai fatto per i loro giocatori.Tutto questo già ti prende e non hai nemmeno sperimentato tutte le possibili esperienze di gioco a disposizione.

Mi sono reso conto, dunque, sulla mia pelle di quanto i giochi di calcio attuali siano avvincenti e quanto del tuo tempo libero trascorri con un controller in mano. Ho giocato per qualche stagione, facendo acquisti, provando tutti le modalità di gioco e le ore sono passate senza neanche rendermene conto. Non ho ancora provato l'opzione interattiva – la formula più avvincente – ma già solo la modalità manager sembra essersi impossessata di me con il suo realismo. Ed è per questo che non mi meraviglia affatto come i bambini trascorrano un'enorme quantità di tempo alla play. Ad un certo punto mi sono così tanto coinvolto che, oltre al passare del tempo, mi sono ritrovato a cercare informazioni su Internet per avere delle dritte e sfruttare al meglio le caratteristiche del gioco, ed in più tramite il gioco puoi conoscere, attraverso una dettagliata presentazione, formule e storia dei trofei, dei campionati esteri, ecc. Senza quasi accorgermene ho anche letto la biografia di un giocatore perché è apparso nella sezione dei giovani da osservare. Ho pure notato – e credo che per buona parte ciò sia dipeso dalla cultura dei videogiochi – che invece di seguire una squadra, molti bambini oggi seguono un giocatore. Ho letto, ad esempio, di molti ragazzi che sono passati dal tifare Real Madrid alla Juventus, e solo perché Ronaldo si è trasferito lì quest'estate. Pertanto appare evidente del potere in mano ai giocatori moderni – o almeno a quelli più famosi e osannati – e di come abbiano un'attrattiva maggiore rispetto al club stesso. Un fenomeno del tutto nuovo e sconosciuto fino a pochi anni fa, infatti non ricordo fan di Ronaldo il Fenomeno che siano passati dall'Inter al Milan, né tanto meno sarebbe mai stato possibile vedere tifosi di Eric Cantona scambiare una maglietta del Leeds con quella del Manchester United.

È la cultura del gioco dell'era moderna? Mentre l'ultima edizione del gioco FIFA è stata da poco rilasciata – con CR7 in completo abbigliamento Juve sulla cover – già immagino i più giovani spendere la loro paghetta sui pacchetti dei giocatori FIFA da utilizzare all'interno del gioco. Questo potrebbe anche significare la fine per le figurine di calcio e le collezioni di cards.
Che ci piaccia o no nel calcio, la realtà virtuale è già cominciata e sta diventando sempre di più realtà.