Un proverbio yiddish dice che” il cuore di ogni uomo è un posto libero. Vi si può edificare un paradiso, ma anche scavare un inferno.” Nel cuore di Marco Van Basten hanno dimorato entrambi. E’ uscita di recente la sua autobiografia che reca un titolo – Fragile - che allude non solo alla sua caviglia, ma anche alle debolezze dell’animo, alle fragilità della mente dalle quali si guarisce solamente alla fine di un doloroso confronto con se stessi.

Proprio oggi, 7 , l’inserto del venerdì del Corriere della Sera, in coincidenza con l’uscita del libro in Italia ,ha pubblicato un’intervista a Marco Van Basten. Più che un’intervista è una confessione resa al bravo Marco Imarisio ( giornalista del Corsera) che ha saputo porre con grande professionalità le domande giuste. A distanza di anni Van Basten rivela aspetti e situazioni ,degli anni della sua permanenza a Milano, che inducono a più di una riflessione. Ad esempio, il rapporto difficile con Arrigo Sacchi. “ Non mi ha mai dato l’impressione – rivela Van Basten a Imarisio – di essere onesto nei rapporti umani. Non era mai diretto. Andava a zig zag. Quando non era contento di come ci allenavamo , se la prendeva con i giovani, con i più deboli, che magari erano in testa a tirare il gruppo”.

Quando il giornalista, probabilmente un po’ sorpreso da questa rivelazione , e lo siamo anche noi, gli ha fatto notare che è l’allenatore che ha fatto la storia del calcio, Van Basten non ha avuto esitazioni: “Non ha inventato nulla. Usavamo un modulo che non era né rivoluzionario né offensivo. A farci vincere così tanto è stata la difesa, che era eccezionale, alla quale lui si applicava molto, trascurando l’attacco.”Van Basten, non senza un’ulteriore punta di veleno, riconosce a Sacchi la sua abilità mediatica : “ Era bravo a farsi amici i giornalisti, ha saputo costruire un’immagine da grande innovatore”

Ma ancora più interessanti sono le affermazioni, dell’asso olandese su un anno, particolarissimo per i colori rossoneri, il 1990. L’anno della Coppa dei Campioni, ma anche quello della seconda “fatal Verona”. Partiamo dall’8 aprile 1990. Quella domenica il Milan gioca a Bologna e il Napoli a Bergamo. I rossoneri viaggiano con un punto di vantaggio sui partenopei guidati da Maradona. A un quarto d’ora dalla fine, sia a Bologna che a Bergamo, il risultato non si schioda dallo 0-0. Ora, va detto con estrema chiarezza, che Bergamo è sempre stata una trasferta difficile per i napoletani. Sia in campo che sugli spalti. Ed è proprio da qui che parte una moneta da 100 lire che colpisce in testa Alemao, centrocampista del Napoli. Corre in soccorso il massaggiatore Carmando e tampona la lieve ferita, ma la TV inesorabile fissa il suo labiale “Stai giù” e quindi, come prescriveva il regolamento di allora, scattava automatico il 2 a 0. Molti ci marciavano su questa regola e infatti dopo quella partita non fu più applicata. Van Basten, nella sua intervista, parla di sceneggiata di Bergamo. “Lo sanno tutti che fu cosi. Ma nessuno ha mai avuto il coraggio di dirlo. Poi la nostra sconfitta a Verona, una vera e propria imboscata, con un arbitro come Lo Bello che fece di tutto per farci perdere.”

Prima di arrivare al racconto della seconda ‘fatal Verona’ del 22 aprile 1990, merita di essere raccontato un altro episodio, accaduto in Bologna-Milan. I felsinei segnano con Marronaro, ma l’arbitro, Lanese di Messina, coperto da Franco Baresi, non vede il pallone entrare in rete e non concede il goal. Se ne accorgerà la sera, guardando la TV, mentre mangia al ristorante: Ma, a sbagliare a Bologna, fu soprattutto il guardalinee, che aveva una migliore visuale, ma non si mosse. Si chiamava Marcello Nicchi e oggi è il presidente degli arbitri.

22 aprile 1990. Milan a Verona e Napoli a Bologna. I veronesi sono quasi in Serie B, devono giocarsela alla disperata. Grande primo tempo del Milan che va in vantaggio con una punizione di Simone.Scudetto a portata di mano dei rossoneri. Ma, nel secondo tempo, Rosario Lo Bello si trasforma in demiurgo come lo intende Platone nel suo mito: forza ordinatrice, plasmatrice, che imprime una forma, un ordine e soprattutto un ‘Anima Mundi. ​ Succede che gli scaligeri pareggiano e i rossoneri perdono la bussola. Rijkard e Van Basten vengono espulsi nel giro di cinque minuti. Nel frattempo il Verona passa in vantaggio e la partita dei rossoneri diventa un delirio. Rosso anche per Costacurta e subito dopo tocca a Sacchi. Il Milan finisce la partita in 8 e il Napoli passa a Bologna ( 2 a 4) e vince il secondo titolo della sua storia. Il Verona non evita la retrocessione.

Per Van Basten si trattò di una congiura del sistema del calcio italiano: “...ancora oggi mi brucia”. Quel 22 aprile 1990 i rossoneri della mia generazione non lo dimenticheranno mai, perché, per dirla con Dante “il modo ancor ci offende”.