Sgombriamo il campo da un equivoco che da tempo attanaglia gran parte della critica pallonara nostrana: chi afferma che il Milan edizione 2020/2021 sia una squadra fortunata, ha bisogno di accertamenti psichiatrici. E la fila per il reparto ospedaliero competente, ahimè, è lunga e ben assortita: giornalisti su carta e su video, blogger, tifosi celebri o pseudo-tali, in tanti si sono spellati la lingua per disquisire attorno al tema del Culo Rossonero.
Argomento futile, inutile, contettualmente sbagliato. Il Milan è una squadra tutt'altro che fortunata e gli esempi lampanti sono là, in bella mostra per l'occhio dei più attenti. Poi, in seguito, bisognerà capire i motivi della mancanza di buona sorte (se non vogliamo parlare di sfiga vera e propria), ma questo è già un altro discorso e le teorie a riguardo sono ben più accettabili. 

INFERMERIA - La madre di tutte le sfortune stagionali, come noto, ha due nomi e si chiama Infermeria Piena. Da settembre ad oggi, forse oggi più che mai, mister Stefano Pioli non ha mai potuto lavorare con la rosa al completo e, di conseguenza, portare al campo la domenica (o il sabato, o il lunedì, o il giovedì) una formazione che rispecchiasse anche solo per sommi capi le sue idee originarie di "undici-tipo". E neanche avere una panchina degna di una squadra che, fino a febbraio, era pienamente in corsa per la vittoria dello Scudetto dopo 21 giornate passate alla testa solitaria della classifica di Serie A.
Solo in due casi, singoli e sporadici ma molto indicativi, Pioli ha potuto schierare il suo Undici titolare per almeno 10/11 (si lascia aperto lo scambio Leao/Rebic sulla corsia offensiva di sinistra, ritenendo entrambi titolari al 50%): nel derby d'andata vinto 1-2 e nella sfida al San Paolo, sempre all'andata, vinta 1-3. Due big match, due vittorie, con 4 gol di Zlatan Ibrahimovic. Come dicevamo prima, due eventi molto indicativi di una squadra che, al completo in campo ed in panca, ha dimostrato nei fatti di poter competere con tutti e battere praticamente chiunque, almeno a livello nazionale.
Escludendo queste due partite, su 42 già disputate in stagione (2 su 42, parliamo del 4,7%), Pioli ha sempre dovuto fare i conti con le rimanenze dell'infermeria: nel senso che è sempre stato costretto ad abbozzare una formazione con quanto restava fuori dallo studio medico o dal centro di fisioterapia. Ed è riuscito, spesso, a fare miracoli.

LA CONTA - Guardando brevemente il calendario, a settembre hanno marcato visita Romagnoli (infortunio muscolare), Ibrahimovic (positivo al Covid-19) e Rebic (infortunio traumatico al gomito). Ad ottobre positività al Covid-19 per Gigio Donnarumma, Gabbia e Hauge, problema muscolare per Castillejo. A novembre si ferma ancora Ibrahimovic per un guaio muscolare che lo metterà ko per due mesi, guai muscolari anche per Bennacer (che, in pratica, non rientrerà più in campo) e Leao, mentre Castillejo va ancora out per un trauma al ginocchio. A dicembre, Babbo Natale porta in dono al tecnico ed ai tifosi rossoneri il riacutizzarsi dei soliti problemi muscolari di Ibrahimovic e Bennacer (già riscontrati nel mese precedente), oltre che di Kjaer e Saelemaekers, più gli infortuni traumatici di Rebic e Gabbia. A gennaio, con l'anno nuovo, Covid-19 per Rebic, Krunic, Theo Hernandez e Calhanoglu, altri infortuni muscolari per Kjaer e Diaz, contusione di benvenuto per l'esordiente Mandzukic. Febbraio si apre con l'ennesimo infortunio a vario titolo di Rebic, con l'ennesima ricaduta muscolare di Bennacer che aveva abbozzato un rientro per qualche minuto, con l'ennesima lesione muscolare per il sanremese Ibrahimovic e con ulteriori guai muscolari per Calhanoglu e Mandzukic, oltre che una borsite per Tonali, new entry in infermeria.  Il mese di marzo, che stiamo ancora vivendo con quotidiana apprensione, ci ha già consegnato in dote i problemi gastrointestinali di Theo Hernandez, il menisco da operare di Calabria (finora incolume, lieve pubalgia a parte), il grande classico muscolare per Romagnoli e Leao, oltre ad un'enigmatica e non meglio definita "infiammazione all'anca" per Rebic, autentico veterano della lista indisponibili rossonera.

PIOLI IL FORTUNATO E GLI ALTRI - Tirando due conti sommari, Pioli non ha potuto contare su Zlatan Ibrahimovic per il 50% della stagione, considerando che nella residua parte l'attaccante svedese ha collezionato 14 presenze e 14 gol in campionato, mentre i suoi compagni di reparto sommati (Rebic, Leao, Manduzkic) non arrivano a quota 10. Ed aggiungendo il fatto, per nulla secondario, che il numero 10 della squadra, tale Hakan Calhanoglu, non ha mai segnato su azione in campionato, dove vanta solo un gol su calcio di rigore.  Direi, senza timore di essere smentito, che è un'assenza molto, ma molto pesante. Nei numeri, oltre che a livello tecnico, tattico, morale: il Milan con Zlatan è altra cosa rispetto al Milan senza. Immaginate, come ha detto Pioli fuori dai denti, se l'Inter fosse stata costretta a giocare metà delle sue partite senza Romelu Lukaku, o la Juventus metà delle sue partite senza Cristiano Ronaldo: nessuno direbbe che, alla fine, è la stessa cosa.
Ed aggiungete, ad Ibrahimovic, l'assenza praticamente perpetua di Ismael Bennacer (che ha costretto agli straordinari Kessie), di Rebic (che, insieme a quella di Zlatan, ha costretto Leao a giocare nel ruolo insolito di prima punta) e degli innumerevoli combinati disposti reparto per reparto, che hanno costretto il Milan ad affrontare (citando due esempi a caso) la Juventus con Davide Calabria schierato come mediano (per l'assenza contemporanea di Tonali, Bennacer e Krunic) e il Manchester United con Castillejo centravanti (causa infortunio di tutti, ma proprio tutti, gli attaccanti presenti in rosa).
Ora immaginate, se potete, un'Inter costretta a giocare i big match stagionali senza Lukaku, Skriniar, Barella e magari Perisic e Lautaro: tutti insieme, in tribuna. E ripetete a piacere questa operazione per altri 5, 10, 15 incontri di caratura minore: pensate che la compagine nerazzurra averebbe gli stessi punti in classifica, a questo punto della stagione? Credo di no.

LE CONSEGUENZE PRIMA DELLE CAUSE - Come accennato in precedenza, le cause di questo disastro sanitario in salsa rossonera, vanno affrontate  e ben argomentate in un altro articolo, ma il dato di fatto resta: puoi costruire la rosa migliore del mondo, se te ne manca sempre metà, alla fine devi giocare con quello che ti resta. Oltretutto, devi far giocare sempre gli stessi, che non hanno tempo e modo per recuperare fisicamente e psicologicamente, forzando eventuali situazioni borderline per mancanza di alternative: vedi le ricadute continue di Bennacer e Ibrahimovic, su tutti.
Ma la panchina del Milan non è adeguata ad una stagione ad altissimi livelli, dice qualcuno. Probabilmente è vero: la qualificazione del Manchester United ai danni dei rossoneri, per quanto poco meritata ed episodica, è stata decisa dall'ingresso in campo di un giocatore costato 100 milioni di euro, tale Paul Pogba. Antonio Conte, per restare nel nostro orticello nazionale, cambia volto alla sua Inter facendo alzare dalla panca gente che risponde al nome di Sanchez ed Eriksen. Tutto vero, ma è anche vero che se Leao non è Lautaro e Brahim Diaz non è Perisic, è comunque peggio andare alla partita senza avere nè Leao nè Brahim Diaz. Il materiale tecnico milanista non sarà fenomenale, ma finchè c'è stato, è stato ottimamente utilizzato: poi è completamente venuto a mancare e gli alibi si sono moltiplicati. Il club è anche intervenuto sul mercato di gennaio, per rinfoltire le forze a disposizione del tecnico: Tomori è stato un ottimo acquisto per la difesa, Meitè (che già a Torino faceva fatica a trovar spazio) doveva essere un rincalzo ma si è ritrovato titolare per l'emergenza continua, Manduzkic si è fatto male subito e non ha dato praticamente alcun aiuto alla causa. Con buona ragione e con buona pace di tutti.

PUNTARE AL DUPLICE OBIETTIVO - L'eliminazione di giovedì, in ogni modo, sancisce il primo verdetto: nonostante i record battuti nella prima parte, non sarà una stagione epocale, ossia segnata da trofei. Col campionato ormai saldamente in mano ai cugini nerazzurri, la Coppa Italia e l'Europa League terminate agli ottavi, resta solo un obiettivo, che va raggiunto ad ogni costo: il ritorno in Champions League. 
E non si dimentichi mai un dettaglio fondamentale
, che sarà approfondito in un altro momento ma va tenuto in mente come lo sfondo di qualsiasi ulteriore ragionamento calcistico: il club rossonero sta mettendo i conti in ordine, molti altri no. Il Milan (con Calabria a centrocampo, come già detto) viene battuto dalla Juventus grazie alle giocate di tali Chiesa e Kulusevsky, giocatori pagati un centinaio di milioni di euro cash giusto l'estate scorsa, a pandemia già ampiamente in corso. Mentre Maldini volava a Glimt per convincere Hauge a venire a Milanello, spendendo circa 5 milioni, Paratici ne spendeva 100 per completare la stessa fascia laterale. La differenza c'è, per carità. Ma oggi la Juventus segnala un passivo di bilancio semestrale da oltre 113 milioni di euro, con una proiezione annuale di perdita di oltre 200 milioni: il Milan ci è già passato e non vuole passarci più. Non per fare paragoni inutili ed inopportuni, ma si ricordi che oltre all'obiettivo sportivo, il Milan di Gazidis ha un obiettivo più alto da raggiungere, un obiettivo che contiene anche quello sportivo: diventare un club sano e sostenibile. 

Senza il piacevole diversivo delle sfide infrasettimanali, Pioli potrà centellinare le forze della rosa (o quella che resta) a sua disposizione in vista delle ultime undici sfide: il Milan, a quota 56 punti, ha un vantaggio discreto ma non insormontabile. Non va sprecato: confrontando i numeri dei campionati passati, quelli che vedevano il Milan ben lontano dalle posizioni di vertice, con una ventina di punti sui 33 a disposizione, i rossoneri dovrebbero riuscire a rientrare nell'Europa che conta.  Date le premesse, l'obiettivo (sempre mancato dal 2013 ad oggi) non va sottovalutato e l'eventuale suo raggiungimento non andrebbe affatto sminuito: era questo, all'inizio, l'unico sogno di Maldini e compagni. Come non andrebbe sminuito l'eventuale disastro, economico prima che psicologico, che deriverebbe dal mancarlo per l'ennesima volta. Questo sì, a questo punto della storia rossonera e dopo questa stagione di vertice, sarebbe un piccolo dramma.