Durante la propria vita, ognuno di noi ha avuto almeno una volta la possibilità e il piacere di completare, o almeno iniziare, l’album delle Figurine Panini, un’istituzione per tanti adolescenti o per tanti appassionati del nostro campionato.
La raccolta di figurine, oltre a raffigurare i volti di calciatori e allenatori, gli stemmi e le divise delle squadre, è nota e conosciuta da tutti per lo storico simbolo, ovvero quello raffigurante un calciatore in volo, vestito con una maglietta rossa e pantaloncini bianchi, che si appresta a fare una rovesciata. Quest’immagine, a differenza di tutte le altre presenti nell’album, è rimasta nel tempo ed è visibile da decenni di anni in tutte le raccolte calcistiche della Panini, azienda romagnola, con sede a Modena. Probabilmente, la gran parte dei collezionatori pensa che quel calciatore sia frutto di un fotomontaggio o un disegno col semplice fine di attrarre l’attenzione di migliaia di italiani. Invece quell’atleta è realmente esistito e inoltre anche quella rovesciata è stata realmente eseguita.

Questo evento risale al 15 gennaio 1950, quando, durante una partita di campionato tra Fiorentina e Juventus, il difensore bianconero Carlo Parola è letteralmente volato, impattando quella palla con un’acrobazia tale da essere tuttora riconosciuta in varie zone d’Europa. Quella rovesciata non era come tutte le altre, ad esempio come quella di Ronaldo o le tante eseguite da Pinilla, ma a differenza era un perfetto capolavoro balistico, un volo in cielo o uno stacco imperioso, come disse in diretta il giornalista, Corrado Bianchi, che fu colui che scattò l’immagine che tuttora possiamo ammirare. Carlo Parola, come si è già capito, è stato un calciatore italiano, che durante la sua carriera ha vestito le maglie di Juventus e per un anno anche della Lazio, ricoprendo sempre il ruolo di difensore centrale, ovvero lo stopper di quei tempi.

Carlo Parola nacque a Torino il 20 settembre 1921; la sua vita fu travagliata sin dall’inizio, dato che durante la sua infanzia, all’età di sette anni subì un grave lutto, ovvero quello del padre. Lo stesso anno, insieme alla madre si trasferì nella vicina Cuneo, anch’essa una città piemontese. Qui il piccolo Carlo iniziò a giocare a calcio. A Cuneo vi rimase per pochi anni, dato che durante l’adolescenza fece ritorno insieme alla madre a Torino. Nel capoluogo piemontese, il giovane Carlo non ancora maggiorenne venne assunto dalla compagnia automobilistica FIAT, di proprietà peraltro della famiglia Agnelli, che detiene ancora la Juventus. In quegli anni entrò a far parte anche della squadra bianconera, ottenendo qualche guadagno di più per mantenere la famiglia, che versava in condizioni non del tutto ottimali. Nella Juventus vi rimarrà per ben 15 anni, dal 1939 al 1954 diventando una vera e propria bandiera della squadra bianconera ed arricchendo il suo palmares con la vittoria di una Coppa Italia e due scudetti.
Nella sua esperienza inizialmente ricopriva il ruolo dell’attaccante, ma con l’arrivo dell’allenatore Felice Borel venne spostato a centrocampo, sulla mediana e successivamente, in difesa.
Quel ruolo gli permetterà, nel 1950, di raggiungere anche la maglia della Nazionale, con la quale disputerà 10 presenze, senza mai andare a segno.
Qualche anno prima, precisamente nel 1946, fondò insieme al compagno di squadra ed amico Pietro Rava un’azienda, che si occupava della produzione di palloni da calcio.
Le qualità umane, oltre a quelle calcistiche di Parola, venivano ricordate sin dagli anni ’50, quando lo scrittore Antonio Ghirelli lo definì un esemplare connubio di eleganza e acrobatismo, ma anche una persona molto agonistica, ma però conosciuta per la correttezza sia nel campo che fuori.
Quando Carlo Parola si ritirò dal calcio nel 1955, dopo aver vestito la maglia della Lazio, disputando 7 presenze, non abbandonò il mondo del pallone, continuando una lunga carriera da allenatore, che partì l’anno successivo al ritiro, con la Lazio e terminò, nel 1976, con la Juventus. Da allenatore, vinse tantissimi altri trofei, come 2 Coppe Italia, 3 Scudetti ed altre varie competizioni. Lasciò definitivamente il calcio nel 1976, quando venne esonerato dalla panchina della Juventus a seguito di varie sconfitte.
Dopo venne dimenticato da tutti, lasciando moglie e figlio in uno stato di povertà, vittima di una grave malattia che lo uccise il 22 marzo 2000, nella stessa Torino in cui nacque, all’età di 78 anni. Non tutti si dimenticarono di lui, dato che un ex compagno di squadra, Giancarlo Boniperti, al suo funerale, gli mise al collo una cravatta della Juventus che lo accompagnò nel suo cammino in paradiso.


Spesso nel corso della nostra vita guardiamo immagini, foto e disegni con troppa superficialità, senza soffermarci su cosa rappresentino e sul messaggio che ci vogliono trasmettere.
Inoltre, penso che sia giusto spesso ricordare persone che hanno fatto la storia di alcuni sport, come nel caso di Carlo Parola, che se non fosse immortalato in quell’immagine probabilmente sarebbe già dimenticato, come tanti altri eroi dello sport che sono finiti nel limbo della nostra memoria. Infatti penso che attraverso la maggiore e più dettagliata conoscenza degli eventi o delle persone possiamo trarre beneficio e cogliere i migliori pregi ed elementi potendoli ritrasmettere nella nostra vita.




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