Passeggiando per Torino, al fondo di quella Via Filadelfia, capita di soffermarsi accanto a un pennone del secolo scorso, sul quale, si può vedere l’emblema del Torino FC, lo stesso della città.
Alzando lo sguardo da quel punto, è possibile vedere l’ultimo frammento delle gradinate di un tempo, nonchè un pezzetto del muro di recinzione in mattoni.
Si può così osservare un reperto di quello che fu lo stadio del Filadelfia ed avere un’dea                                                                                                                 della magica arena dove trionfò il Torino del 1928/29 ed il Grande Torino, dal 1942 alla tragedia di Superga.

L’avventura incominciò negli anni ‘20 con il Conte Enrico Marone Cinzano, Presidente della Società Torino FC. Costui acquistò, in periferia, un’area poco costosa, con l’intenzione di costruirvi uno stadio per il Torino ed annesso un campo di allenamento, esattamente come è ancora il Filadelfia nella sua concezione attuale.
La richiesta per la licenza della costruzione edilizia fu presentata al Comune di Torino il 24 marzo 1926. Dopo soli sette mesi lo stadio fu inaugurato il 17 ottobre 1926 alla presenza del Principe ereditario Umberto e della principessa Maria Adelaide, di fronte ad un pubblico di 15 000 spettatori.
Il Filadelfia era uno stadio sobrio, con gli spalti scoperti, ad eccezione della tribuna coperta in legno ed orditura in ghisa, di stile liberty. La struttura dello Stadio era molto simile a quella degli stadi originali inglesi. A quell’epoca, a Torino, sorgevano ben tre stadi di quell’esemplare. Il Filadelfia rimase l’ultimo di quei tre e, solo per questa ragione, sarebbe valsa la pena salvaguardarlo.

Su quel campo il Torino del Conte Cinzano vinse lo scudetto del ’27-‘28, poi revocato per un fantomatico Derby truccato, la cui vicenda non fu mai chiarita. L’anno successivo il Torino vinse il suo primo scudetto. Erano gli anni del famoso trio Rossetti, Libonatti e Baloncieri.
Dopo un lasso di tempo, circa 15 anni, alla Presidenza Ferruccio Novo, si arrivò alla costituzione del Grande Torino, il quale  conquistò ben 5 scudetti consecutivi, dal 1942-43 al 1949. Conquistò una Coppa Italia e vinse per 100 volte al Filadelfia, fino a volare in cielo il 4/05/1949. Una leggenda immortale, di cui fa parte integrante il Filadelfia, teatro delle beaux gestes di Valentino Mazzola e dei suoi compagni.
Nel resto della storia del Filadelfia solo il Presidente Pianelli pensò ad un progetto organico di ristrutturazione, che non andò in porto poiché il Piano Regolatore di Torino non lo consentiva. Dagli altri presidenti non furono quasi mai investiti quattrini per la manutenzione del Filadelfia, se non obbligati dalle Sovrintendenze dell’epoca. Vedremo piano pian quello stadio storico andare in rovina, fino a giustificarne l’abbattimento per l’eccessivo degrado: perlomeno così si disse.

Conobbi quello stadio fin da piccolo, quando mio Zio mi portava al Camp Turin, nome originale dello Stadio, come allora i veri appassionati chiamavano il Glorioso Filadelfia. In quel cortile, con la “sternìa” (acciottolato), lo Zio mi raccontava di quei Campioni Invincibili. Attorno a noi si creava sempre un capannello di ragazzi come me e si aggiungeva qualche anziano per integrare il racconto dello Zio con aneddoti divertenti e gesta memorabili. Con quel viso innocente dei bimbi che seguono una storia raccontata da anziani, io seguivo la loro voglia di narrare. Conobbi così il Grande Torino, proprio grazie a quelle storie vissute. Data la mia giovane età, non avevo avuto la fortuna di ammirarli dal vivo. In particolare mi rimasero impressi la descrizione dello stadio stracolmo, il Trombettiere del Filadelfia e l’inizio del quarto d’ora granata, quando Mazzola si rimboccava le maniche ed il Torino incominciava a giocare come straordinariamente sapeva fare.

Una volta cresciuto, ritornai da solo per assistere, alle partite della Primavera del Torino, dalla storica Tribuna Liberty, unico scomparto accessibile. Mentre seguivo il gioco, la mia fantasia vedeva su quel campo le dispute interpretate dagli Invicibili. Povero Filadelfia….! Ogni volta che mi recavo nella magica arena, notavo un pezzetto di stadio crollato e, se pioveva, dal tetto della tribuna scrosciavano enormi getti d’acqua. Insomma, ogni giorno che passava, lo Stadio Glorioso del Grande Torino andava sempre più in degrado: nessuno se ne preoccupava. Anche se di piccole dimensioni, era perfetto. Non ci sarebbe voluto molto per risanarlo, la spesa non sarebbe stata eccessiva. Se lo sarebbe meritato.

Purtroppo le casse del Torino AC erano vuote e nessuno mise mano al portafogli, benchè  dichiarato monumento di interesse storico.
L’atmosfera che si respirava in quel luogo magico era incomparabile. Come allora ogni pietra, ogni oggetto, ogni scorcio, parlava al giovane ed all’anziano di quel che era stato il Grande Torino per tutti noi. Tutto parlava di loro. Era il loro Tempio, la nostra Casa.
Con la memoria e con l’immaginazione si potevano ripercorrere interessanti particolari:  …dalle maglie granata stese in fondo al cortile… alla pavimentazione in “sternia” (acciottolato), caratteristica dei primi del ‘900, su cui passeggiavano giocatori e tifosi confrontandosi tra loro. Una quantità tale di particolari da condurre la fantasia a voler credere che quella tragedia non fosse mai avvenuta e che ….  la squadra fosse soltanto in trasferta.
Sebbene il Filadelfia fosse già in rovina, in qualche occasione si poteva tornare là, solo per far giocare i bimbi sul prato, su quello storico prato.
Un giorno venimmo a sapere che Mondonico stava male, il famoso allenatore che guidò la squadra, contro l’Ajax, ad Amsterdam, in quella finale UEFA stregata. Il Mister era in pericolo di vita. Volendolo sostenere, ci trovammo al Filadelfia in una trentina di tifosi per sollevare tutti insieme una sedia al cielo, come fece lui in segno di protesta quella sera con l’Ajax, quando non concessero un netto rigore a Cravero. E così, al Fila, si cantò: “Emiliano – alzaci - la sedia - Emiliano - Alzaci – la – sedia”. Fu un momento toccante anche per Emiliano Mondonico quando vide il filmato.

Il tempo inesorabilmente fuggì. Un giorno il Filadelfia fu dichiarato inagibile in quanto pericolante, nessuno più poteva accedervi e lo Storico Stadio fu abbandonato; di lì a poco addirittura demolito.
In pochi giorni lo abbatterono, ma impiegarono vent’anni a ricostruirlo, anzi, direi a rimontarlo. Venti lunghissimi anni. Finchè giunse il giorno….. la posa della prima pietra del Nuovo Filadelfia!
Nel giorno dell’inaugurazione, c’ero anch’io, insieme con migliaia di sostenitori. Ricordo quando,da via Giordano Bruno, entrai sul campo, quel memorabile campo.
Nicolò Carosio stava snocciolando la formazione del Torino mentre io immaginavo gli  Invincibili salire sul terreno di gioco per allenarsi tra la folla granata mescolandosi con noi. Sentivo i colpi sul pallone, i respiri affannosi, le urla di richiamo…. Quella percezione onirica durò a lungo…..mi chinai raccolsi alcuni fili d’erba di quello storico campo per conservarli a casa con tanta cura.
Successivamente furono pronunciati parecchi discorsi e ci trovammo ad applaudire chi diceva che con lo stadio Filadelfia veniva riedificata “La casa del popolo granata”. Sembrava fosse vero. Sul palco si alternarono in molti e col tempo capimmo chi era stato sincero e chi no.

… Eppure si suonò la tromba di Bolmida (il capostazione Trombettiere del Filadelfia), si invocarono persino le persone che avevano insegnato i valori del Torino a tutti i presenti. Ci fu anche chi raccolse qua e là alcuni pezzettini di pietre del Filadelfia, per portarseli a casa.

Il Filadelfia, quel giorno, fu definito la Casa del Popolo Granata, ma, di  fatto, quello stadio oggi consiste unicamente nel campo di allenamento del Torino FC. Non poteva essere altrimenti. Senza la continuità di generazioni di sostenitori e anziani narratori, il nuovo Filadelfia aveva perduto il valore testimoniale dell’opera autentica. I pezzi originali rimasti non erano sufficienti alla memoria storica.  L’uso che se ne faceva non era più quello proprio, gli anziani che raccontavano le gesta degli Invincibili e dei Campioni del Torino non c’erano più: né gli anziani , né il cortile. Privato del cortile, luogo di ritrovo dei sostenitori, al Filadelfia manca l’anima.
Rimanevano nei nostri cuori soltanto i ricordi, le immagini di allora quando il Filadelfia era   integro. Quei ricordi, in quella situazione, facevano male, oh quanto facevano male! Ripensiamo alle esequie di Giorgio Ferrini celebrate dal Cappellano don Aldo Rabino, proprio all’interno delle mura del Filadelfia!
E il campo nuovo? Press’a poco un piccolo stadio moderno, bellissimo, ma che è specchio dei tempi attuali, nonostante qualche reperto rimasto a ricordo dei tempi che furono.
Quella magica arena rimane oggi deserta, al di fuori degli allenamenti della prima squadra, poiché non offre attrattiva alcuna agli appassionati, non un cortile, non un posto di ritrovo, non un bar o due tavolini. Nulla. Così già prima del Covid! dopo può darsi….
Le due opere, il Museo della Leggenda Granata e la sede della Società, che potrebbero rendere permanentemente vivi quegli spazi, non sono ancora stati costruiti per mancanza di fondi. Chissà perché?  
Un cancello chiuso separa la gente dal Filadelfia, quel cancello che un tempo era sempre aperto.