Correva l'anno 2015 e quel "vecchio volpone" di Walter Sabatini uno che ha sempre masticato calcio, nella sua trafila ha trovato la dimensione ideale nel ruolo di direttore sportivo, metteva gli occhi su di un ragazzone di 193 centimetri di ruolo portiere. In patria dicevano di lui un gran bene e Walter, in barba alla tradizione dei portieri sudamericani tanto spettacolari quanto inaffidabili, sbaragliava la concorrenza e con 8 milioni strappava un accordo lasciandolo un altro anno all'Internacional di Porto Alegre. Le eccezioni sono merce rara si sa, ma servono per confermare la regola, vedi Julio Cesar. Non per niente in patria davano quest'ultimo come termine di paragone.

Il primo luglio del 2016 Alisson sbarca a Roma sponda giallorossa e diventa ufficialmente un calciatore della Roma. La sua prima stagione la passerà all' ombra del polacco Szczesny collezionando 4 presenze in Coppa Italia, una nel preliminare di Champions nella partita d' andata contro il Porto e 10 in Europa League che porteranno la Roma fino agli ottavi di finale persi contro il Lione. Poche presenze dunque ma che gli basteranno per mettere in mostra ottimi fondamentali: forte tra i pali, sicuro nelle uscite, tremendamente freddo e preciso con il pallone tra i piedi. La stagione successiva gli garantirà un posto da titolare e per lui sarà l' anno della consacrazione confermando di rappresentare il prototipo del portiere moderno. Anche grazie alle sue parate la Roma approderà sino alla semifinale di Champions persa, poi, contro il Liverpool. Proprio i Reds lo sceglieranno a fine stagione, sborsando fior di milioni, per sostituire il disastroso Karius. Gli attori cambiano e Monchi, subentrato nel frattempo a Massara che aveva sostituito Sabatini, non può rinunciare ad un' offerta simile. Venderlo, soprattutto nel calcio di oggi dove le plusvalenze regnano, è quasi un obbligo. Impresa ben più ardua sarà trovare un sostituto che non lo faccia rimpiangere. Dal caliente Sud America al freddo Nord Europa il passo, si fa per dire, è breve e Monchi invaghito dal buon Mondiale disputato dalla Svezia (del quale abbiamo vaghi ricordi anche noi) mette le mani sul discreto Robin Olsen.
L'eredità è però pesante ed il portiere svedese non sembra mai realmente in grado di instaurare un buon feeling con la porta e la difesa giallorossa ma se Di Francesco gli perdonerà anche più di un' incertezza Ranieri no. Il cambio di guida tecnica gli conferma la fiducia fino alla pesante sconfitta interna contro il Napoli dove manco a dirlo peserà qualche suo errore. Per lui sarà l'ultima volta nel vestire quella maglia ed ironia della sorte il suo sostituto, da lì a fine campionato, Mirante risulterà decisivo con un rigore parato nei minuti di recupero contro il Genoa e alcuni interventi davvero prodigiosi nella fondamentale vittoria per 2 a 0 contro "La Vecchia Signora".

E' già la fine dell'era Olsen, a Petrachi sostituto di Monchi, come prima cosa alla voce "entrate" gli viene chiesto di risolvere il problema porta. Detto, fatto, dal Betis pronto ad arrivare Pau Lopez.
Petrachi ha dichiarato di scegliere prima gli uomini e poi i calciatori e dalla Spagna gli danno ragione, di Lopez dicono sia un portiere di grande carisma a dispetto della comunque giovane età, tecnicamente molto bravo con i piedi ma un po' meno con le mani. Staremo a vedere non è questo il momento per sparare sentenze a zero.

Nel frattempo quel portiere passato per Roma ha già vinto, facendolo da protagonista assoluto, una Champions League con la maglia del Liverpool ed una Copa America rappresentando il suo paese.
La PAUra nella capitale è che dopo Alisson Becker la porta della Roma sia diventata più grande, per richiuderla non ci vuole solo un portiere ma un portiere all'altezza.