La sua parlata spiccatamente romanesca gli varrà il soprannome di "Sor Magara", nel dialetto romano "magara" sta per significare "... magari potesse accadere!" e quindi un sostantivo proiettato alla buona sorte! Come è stato nella sua longeva carriera sia da calciatore che da allenatore, scevra di grandi vittorie ma ricompensata dalla costanza di uno spirito coriaceo, combattivo, mai domo e dedito al lavoro, al sacrificio e soprattutto al grande amore sempre nutrito per il calcio, che lo porterà nell'arco temporale di quasi quattro decadi a lasciare un impronta indelebile del suo personale stile oltre ad essere stato lo scopritore di numerosi talenti dei nostri trascorsi campionati. 

Carlo Mazzone nasce a Roma nel 1937 ed è detentore del record, ancora imbattuto nella serie A, di aver collezionato ben 797 panchine ufficiali.  Nella sua bacheca spiccano nelle competizioni nazionali: 1 Campionato di Serie C (Ascoli '71/'72) 1 Torneo di Capodanno (Ascoli '81) e nelle competizioni internazionali: 1 Coppa Italo-Inglese (Fiorentina '75) 1 Coppa Intertoto Uefa (Bologna '98).  Inoltre fu insignito della Panchina d'Oro alla carriera nel 2002 ed inserito nella Hall of Fame Categoria Allenatori Italiani nel 2019.                                                               
Come calciatore difensore inizia la sua carriera nel 1956 nel Latina e l'anno seguente passerà alla Roma per 2 stagioni per poi giocare con Spal e Siena fino a raggiungere Ascoli e rimanerci dal '60 al '69 collezionando 219 presenze e realizzando 11 reti.   
Queste le sue dichiarazioni rilasciate in un intervista sul quotidiano "Avvenire" del 2017 riguardanti il suo abbandono in qualità di calciatore: "....la mia maestra è stata la sfortuna che mi ha troncato la carriera di calciatore dell'Ascoli. Nel derby Ascoli Sambenedettese mi sono fratturato la tibia in un contrasto perchè non portavo il parastinchi. Ho dovuto cambiar mestiere restando nel mondo che amavo. Il male fisico mi ha insegnato molto da uomo e da calciatore, ma nella sfortuna la mia fortuna fu Costantino Rozzi, il presidente era un uomo meraviglioso, esuberante, intelligente e buono che fermò la mia disperazione dicendomi: 'Carlo non ti preoccupare! Guarito o no starai sempre con me!...io, la mia famiglia, i miei figli e i miei nipoti gli saremo sempre grati". 
Il presidente Rozzi gli affiderà inizialmente la conduzione del settore giovanile dell'Ascoli per poi farlo debuttare in serie C e dal campionato '70/'71 ed in sole 4 stagioni riuscirà a portare l'Ascoli dalla serie C alla serie A. La sua valenza in serie A nel '74/'75, in cui otterrà la prima di una lunga serie di salvezze nella sua carriera, gli varrà la chiamata della Fiorentina e così dopo 7 anni nel capoluogo marchigiano il buon Carletto conquisterà subito l'esigente pubblico toscano portando la Viola a conquistare la Coppa di Lega Italo-Inglese, battendo il West Ham in virtù di un doppio 1 a 0 con reti di Guerini al Franchi e di Speggiorin a Londra.  
Nella stagione successiva l'allenatore romano darà la fascia di capitano all'allora ventenne Giancarlo Antognoni e la Fiorentina chiuderà quel campionato al terzo posto conquistando per due anni in fila la qualificazione in Coppa Uefa. Ma nel terzo anno a Firenze il vento cambiò e Mazzone si trasferirà al Sud, chiamato dal presidente Nicola Ceravolo conquistando la sua seconda storica salvezza con il Catanzaro nella massima serie. In quel campionato '78/'79 il giornalista Marchesi del Corriere dello Sport in occasione della gara che i calabresi disputeranno in casa contro la Juventus, che terminerà al terzo posto alle spalle del magico Perugia (30 gare 0 sconfitte) e del Milan vincitore con Liedholm e Rivera dello scudetto della Stella, domanderà a Mazzone se la sua squadra forte di un momento così ricco di buoni risultati (il Catanzaro chiuderà il campionato al nono posto davanti ad Ascoli, Avellino, Roma e Bologna) possa mai mettere in difficoltà i Bianconeri e Mazzone risponderà laconicamente, ma in perfetto dialetto romanesco "...magara!!!" E da allora Carletto Mazzone verrà denominato da più parti con l'appellativo amichevole di "Sor Magara"! 

Ma dopo un altro anno abbastanza difficoltoso in terra calabrese il nostro Carletto farà ritorno al suo tanto amato ovile, la sua Ascoli che riuscirà a mantenere saldamente nella massima serie per 4 anni consecutivi, e ci vorrà solo il campionato '84/'85 con un avvio del tutto asmatico a costringere il Presidente Rozzi ad esonerarlo a beneficio del serbo Vujadin Boskov che pure non riuscirà ad evitarne la retrocessione in serie B.  Si susseguiranno altre 4 panchine in Bologna, Lecce (3), Pescara e Cagliari (3) dove riuscirà a far risognare la Sardegna portandola in Coppa Uefa, prima di tornare a respirare l'aria trasteverina della sua amata Roma da dove il Presidente Sensi, vista la bella prova del tecnico romano in terra sarda, chiamerà sulla panchina dei Giallorossi dal '93 al '96. Rimarrà negli annali della storia quando la Roma, ribaltando tutti i pronostici riuscirà a battere nel derby N° 177 Lazio Roma del 27.11.'94 i Biancocelesti per 3 a 0 con reti realizzate da  Balbo, Cappioli e Fonseca. 
Mazzone al fischio finale, da romano e romanista, correrà a festeggiare sotto la cuva Sud facendo il segno "3" con le dita che con lo sfondo di una splendida coreografia dei tifosi osannanti tutta la squadra ed il nuovo idolo astro nascente, il 18nne Francesco Totti.  Quel derby passerà alla storia come uno dei  più celebri mai prima giocati. E a proposito di Totti un giorno Mazzone gli disse queste parole: "...bravo Francè, bello! Se il pallone fosse un giovanotto apprezzerebbe enormemente la tua delicatezza nel toccarlo! Secondo me tu ed il pallone ve state simpatici a vicenda!" 
E dopo un'esperienza nel Perugia di Gaucci vivrà un triennio a Brescia come uno dei periodi più belli della sua carriera di allenatore, alla corte di Luigi Corioni avrà modo di allenare fior di campioni  come Roberto Baggio, il giovanissimo Andrea Pirlo, il futuro tecnico del Barcellona Pep Guardiola.  Sembra che grazie alle insistenze di Mazzone assieme al Presidente riuscirono a portare il "divin codino" nella squadra delle Rondinelle anche se molti lo ritenevano ormai "rotto" a causa di un ginocchio molto malandato. Ma la ferrea volontà di Roberto unita agli incitamenti di Carletto lo riportarono a giocare a grandi livelli, era il primo a presentarsi agli allenamenti anche per sottoporsi alle costanti cure fisioterapiche ed era l'ultimo ad uscire dalla doccia... e a Brescia assistettero alle sue partite come se si ascoltasse una poesia recitata al teatro. 

Nel 2003 quando Mazzone lascerà Brescia per passare due anni al Bologna e poi concludere la sua carriera con il Livorno ci terrà a sottolineare che vivere il tramonto della propria professione assieme ad un campione come Roberto Baggio è stata una magnifica esperienza, essendo non solo un gran campione ma un uomo silenzioso, educato, umile e rispettoso.   
Ma la storia di Carletto resta legata per molti a quella fotografia che si può ammirare in testa a questo articolo e che lo ritrae impegnato in una corsa al cardiopalmo con tanto ribollio di fiele, mentre disperatamente tenta d'inveire contro la curva dei tifosi ospiti, mentre un dirigente dalla panchina cerca inutilmente di placcarlo onde evitare un superlavoro alle coronarie del 75nne coach romano. 
Correva il 30.9.2001, il suo Brescia sta perdendo per 3 ad 1 contro l'Atalanta, rivale storica, e Mazzone viene bersagliato da ingiuriosi cori di un gruppo di ultras orobico. Ma il Brescia accorcerà il risultato portandosi sul 2 a 3 e già stava pregustando ad alta voce il pareggio: "...se famo er tre pari vado sotto 'a curva dell'Atalanta!"  ....e Roberto Baggio pareggierà!!...un'ovazione!!...un tripudio!!...una bolgia infernale!!....ed un mezzo infarto!!! 

Ma vorrei concludere questa breve storia del grande Carletto con alcune delle sue frasi storiche.
"Dicevano Mazzone è il Trapattoni dei poveri. Rispondevo: amici miei, Trapattoni è il Mazzone dei ricchi". 
" Un giorno mi chiamò il Presidente Sensi. Carlo! mi consigliano di prendere Litmanen, che faccio? Gli risposi perchè buttare i soldi, abbiamo il ragazzino! (Il giovane era Francesco Totti)".
"Il fallo tattico è il cugino della simulazione".
"Battere la Roma? E' mio dovere provarci, ma è come uccidere la propria madre".
"Come diceva mio padre, me devono solo imparà a morì!"

Un abbraccio.
Massimo 48