Ad una settimana di distanza dal successo di Cagliari, torna in campo la Juventus. In questa stagione Pirlo non aveva mai avuto a disposizione, se non in un paio di occasioni, un intervallo di tempo così lungo tra un incontro e l’altro. La possibilità di recuperare i giocatori stanchi e quelli infortunati e di preparare al meglio la partita, inducono il tifoso bianconero a piazzarsi davanti alla tv con rinnovato ottimismo. Alla fine, vanno bene tutti i discorsi sul gioco, su Pirlo, sulla composizione della rosa, va bene non farsi illusioni su una rimonta che appare sempre improbabile ma, al di là di un sottile strato superficiale di lucidità, nessun tifoso juventino si è ancora veramente rassegnato a vedere l’Inter di Conte vincere il campionato. Almeno finchè la matematica non emetterà la sua sentenza, è obbligatorio crederci.
Il rinvio di Inter - Sassuolo per i contagi da covid in casa nerazzurra, che hanno fatto scattare anche per la squadra di Conte il “bonus Napoli”, gentilmente e generosamente concesso dalle Asl e da quella sentenza del collegio di garanzia del Coni, riguardante il rinvio di Juventus - Napoli, che ha fatto saltare per aria qualsiasi protocollo, offre ai bianconeri la possibilità di ridurre lo svantaggio dalla capolista a sette punti.

Come sempre, mezz’ora prima del fischio d’inizio, l'app e i canali social del club annunciano le formazioni ufficiali. Pirlo presenta in campo un undici decisamente offensivo. Davanti alla porta difesa da Szczesny, schiera una linea di quattro difensori formata da Bonucci e De Ligt al centro, Danilo sulla destra, al posto dello squalificato Cuadrado, mentre sulla fascia sinistra, l’infortunio patito da Alex Sandro durante la partita di Cagliari, offre a Bernardeschi una nuova occasione per approfondire le sue conoscenze e la sua confidenza con il ruolo di terzino. In mezzo al campo, di fianco a Rabiot, tra i più in forma in questa fase della stagione, Pirlo ritrova la regia di Arthur. Chiesa e Kulusevski, schierati sulle ali, avranno il compito di supportare la coppia offensiva formata da Ronaldo e Morata. Si rivede in panchina dopo un paio di settimane Bentancur, tornato negativo al coronavirus proprio nei giorni precedenti la sfida con il Benevento.
Sulla sponda giallorossa, Pippo Inzaghi si affida ad un 352 che si preannuncia piuttosto chiuso a proteggere la porta di Montipò. Il trio difensivo è formato da Barba, Caldirola e Tuia. Le fasce sono affidate a Foulon che agirà sulla sinistra e a Improta sulla corsia opposta. In mezzo al campo Ionita e Hetemaj, di cui si ricorda ancora un gol segnato allo Stadium con un tiro da fuori, qualche anno fa, quando giocava con il Chievo, faranno da scudo al brasiliano Viola, cui spetta il compito di dettare i tempi della formazione beneventana e servire la coppia d’attacco formata da Lapadula e Gaich. Come altre volte era già capitato, la lettura delle due formazioni non ammette un pronostico diverso da una netta affermazione bianconera.
Un sole primaverile accoglie le due squadre sul terreno di gioco. Nella fascia oraria più tradizionale per il calcio italiano, la Juventus si presenta sul campo dello Stadium vestita di blu. Sul retro della maglia, all’interno dei numeri, sono impresse frasi e statistiche che affrontano il tema delicato della lotta al razzismo. L’abbraccio tra Pirlo e Pippo Inzaghi, due icone milaniste dell’epoca contemporanea, scalda il cuore di qualche tifoso rossonero eventualmente sintonizzato sulla partita dello Stadium.

L’incontro inizia subito con un’occasione per Ronaldo, il cui destro in diagonale, dopo uno scambio con Kulusevski, esce sfiorando la base del palo. Sembra il preludio ad un primo tempo ricco di occasioni da gol. Non sarà così. La Juventus appare fin da subito lenta, poco reattiva e poco concentrata. Tanti gli errori commessi dai giocatori bianconeri e un ritmo di gioco che stenta a decollare. Ulteriore preoccupazione nel tifoso davanti alla tv la aggiunge l’arbitro Abisso, che attende almeno dieci minuti per decidersi a fischiare il primo fallo in favore della Juventus. Lo fa in occasione di una dura entrata di Tuia, volta a spezzare un tentativo di ripartenza di Morata. Il signore vestito di giallo fluorescente, fin dal principio della gara, risolve la maggior parte dei contrasti e delle situazioni dubbie con un fischio in favore della formazione ospite, permettendo, fin da subito, un atteggiamento fortemente ostruzionistico da parte del Benevento. In diverse occasioni, i giocatori di Pippo Inzaghi, dopo un contrasto, rimangono per terra, rotolandosi sul prato alla ricerca di aiuto. Il Signor Abisso, in tutte queste circostanze, concede il soccorso in campo e quando non interviene lui, ci pensano i giocatori bianconeri ad interrompere il gioco per permettere il soccorso al presunto infortunato. Una spruzzata di spray magico e lo "zoppo" riprende a sgambettare felice sull’erba. Preso atto della situazione, al tifoso bianconero davanti alla tv non resta che guardare rassegnato la partita scorrere via in maniera lenta e spezzettata. Le occasioni da gol sono rare e quasi sempre frutto di giocate individuali e di una dose di casualità.
Ronaldo sulla destra punta il fondo e crossa verso l’area. Il pallone viene intercettato da Tuia all’altezza del secondo palo e deviato pericolosamente verso il centro dell’area dove è pronto a riceverlo, in posizione estremamente favorevole, Danilo. Il brasiliano però, tra controllo e preparazione del tiro, perde troppo tempo, favorendo la chiusura di Barba, bravo ad opporsi alla conclusione a colpo sicuro del terzino. 
La partita mette in mostra i soliti difetti che la squadra di Pirlo si porta dietro dall’inizio della stagione. La Juventus conferma la tendenza a manovrare per vie centrali, finendo sempre più spesso per incastrarsi nell’imbuto opportunamente predisposto da Inzaghi al limite della sua area. Chiesa e Kulusevski, schierati “a piede invertito”, mostrano il solito disagio che, da inizio stagione, ogni volta evidenziano in questa situazione. Un disagio ormai noto a tutti tranne che a Pirlo. Prevedere e limitare le proposte di gioco del nostro allenatore è ormai facilissimo per chiunque. È sufficiente allestire un’adeguata barriera nelle zone centrali del campo. La Juventus non gioca sulle fasce e la situazione è oramai talmente conosciuta che, per buona parte dei primi quarantacinque minuti di gara, almeno per tutto il tempo in cui il sole illumina il terreno di gioco, un piccolo gruppo di piccioni sceglie le due zone di campo ai lati dell’area del Benevento per un piacevole ritrovo dopo il pranzo domenicale. Due passi sul prato e quattro chiacchiere in amicizia. Nessuno li disturberà. 
Non siamo nemmeno alla mezz’ora di gioco, quando il tifoso bianconero davanti alla tv si sorprende già a cercare soluzioni alternative tra gli uomini a disposizione in panchina. A parte McKennie, ancora non al meglio, e il rientrante Bentancur c’è però poco da cui attingere. Solo ragazzi dell’under 23 e la partita non sembra aver preso una piega tale da favorire l’ingresso di qualcuno di loro.
La regia televisiva si diverte ad infastidire gli spettatori con frequenti primi piani e replay inutili. Dopo uno di questi, le immagini tornano in diretta quando Morata si è già liberato al limite dell’area e si appresta a calciare verso la porta. La conclusione del centravanti spagnolo trova la pronta risposta da parte di Montipò. Come sia nata l’occasione, grazie al regista di Sky, non lo sapremo mai. Non felice, il maestro che dirige le telecamere, regala un nuovo primo piano che a lui pare necessario di Lapadula. Tra vari commenti, sicuramente poco cortesi e poco eleganti, da parte di chi si trova a costretto a guardare una partita tra continui cambi di inquadrature, si registra anche l’invito al regista ad andare a girare serie tv per Netflix, vista la tanta voglia di mostrare le dubbie capacità cinematografiche. La nostalgia per lo stadio proibito dal covid diventa ancora più forte. Lì nessuno "offre" una ripresa stretta dal basso quando l’azione si sviluppa nei pressi della linea laterale. 
Un angolo giocato corto da Arthur, libera Kulusevski sul lato destro del campo, lo svedese rientra sul sinistro e crossa verso l’area. Il pallone attraversa insidioso lo specchio della porta, prima di essere deviato da Foulon e terminare la sua corsa ad un passo dal palo. Abisso vede una deviazione con il braccio da parte dell’esterno beneventano ed assegna il calcio di rigore. Il replay chiarisce, purtroppo in maniera inequivocabile, che il tocco con la mano non c’è stato e in ogni caso Foulon aveva il braccio dietro il tronco. La concessione del rigore, come ovvio, non supera la revisione del Var. Banti richiama al monitor Abisso che, dopo un rapido controllo, cancella il rigore e concede il calcio d’angolo alla Juventus. Sugli sviluppi del corner seguente, arriva una nuova occasione per passare in vantaggio. Prima De Ligt, con un colpo di testa piuttosto centrale, trova pronto alla parata Montipò poi, sulla ribattuta del numero uno della squadra campana, è lo stesso Morata a non sfruttare l’opportunità, arrivando sul pallone con il corpo troppo arretrato e calciando quindi fra i seggiolini della Tribuna Sud un’ottima occasione.

Un ultimo tiro da lontano di Ronaldo, respinto facilmente da Montipò chiude un brutto primo tempo.
Quarantacinque minuti di partita durante i quali la Juventus ha giocato poco e sbagliato molto. Una squadra, quella di Pirlo, che è apparsa fin da subito poco concentrata e poco determinata. Troppo spesso sconfitta nei contrasti e nella lotte alle seconde palle, non ha mai dato la sensazione di essere una squadra convinta di riaprire il discorso per lo scudetto. In realtà non ha mai dato nemmeno l’impressione di essere una squadra. Con il passare dei minuti e le difficoltà nel superare l’attenta linea difensiva allestita da Pippo Inzaghi, la frenesia delle giocate è andata aumentando e con essa anche la confusione dei giocatori in campo. La sensazione netta, almeno dalla tv, era quella di undici maglie blu che vagavano a caso sul terreno di gioco. Male tra gli altri Bernardeschi, capace di sbagliare ogni singolo pallone toccato nel corso della prima frazione di gara. Il livello dell'unica alternativa a disposizione in panchina nel ruolo di terzino sinistro, lo scoordinato Frabotta, suggerisce però di insistere con l’ex fiorentino.

Nessun cambio all’intervallo. La partita riprende e subito il Signor Abisso si rende protagonista di una nuova interruzione, costringendo Chiesa ad abbandonare il campo per coprire la parte di tessuto bianco che spunta da sotto i calzettoni. Ennesima dimostrazione di quanto l’applicazione estrema del regolamento produca soltanto irritante fiscalità. La Juventus non propone nulla di nuovo in questo avvio di secondo tempo. Una sola azione costruita con entrambi i terzini ad accompagnare la manovra lungo le fasce poi il solito lento calcio masticato. Un gioco che non produce niente di più che i tradizionali imbottigliamenti al limite dell’area avversaria. Dalla panchina nessuna idea, nemmeno un cambio di posizione, l’inversione dei due esterni o qualcosa di simile. Non arriva niente, soltanto un appoggio di prima intenzione da parte di Pirlo verso Bernardeschi per accelerare la ripresa del gioco da rimessa laterale. Fino al novantesimo rimarrà il contributo più rilevante offerto dall’allenatore juventino alla sua squadra. Si va avanti così. In attesa di una giocata che risolva la partita. Questa volta la giocata non arriva. Morata offre una prestazione non all’altezza sia dal punto di vista tecnico che fisico, Ronaldo gira ai limiti dell’area avversaria, perennemente soffocato dagli otto uomini di Inzaghi che, compatti, occupano ogni spazio, per il resto nessun giocatore della Juventus offre una prestazione sufficiente. Tolta la solita determinazione di Chiesa rimane poco. Da Bernardeschi a Danilo, passando per Arthur e Rabiot, ritornano indietro soltanto prove approssimative. Approssimative nella misura dei passaggi, approssimative nelle distanze tra i reparti, approssimative nelle idee e pure nella preparazione alla partita, se è vero che le scivolate sul prato da parte dei giocatori della Juventus nemmeno si contano. Siamo sul campo di casa nostra e ai nostri avversari non accade mai (se non quando restano deliberatamente a terra per perdere tempo). Forse basta soltanto questo dettaglio per comprendere il livello del non gioco offerto fin qui dalla formazione bianconera. Dal passato tornano alla mente le parole di Mister Gianfranco, allenatore della squadra pulcini dell’oratorio nella quale muovevo i miei primi passi da “calciatore”: “Sistemate le scarpe e allacciatele per bene” diceva ai suoi ragazzini pronti a scendere in campo “se vedo qualcuno con le scarpe sciolte o che inciampa, lo faccio uscire”. Bambini di sette, otto anni eseguivano diligenti tutte le operazioni di preparazione alla partita, per qualcuno di loro all’epoca così difficoltose, i giocatori della Juventus, forse impegnati a controllare fino all’ultimo il proprio profilo Instagram, invece scivolano sull’erba...

L’unica vera occasione da gol di tutta la prima parte della ripresa arriva in ripartenza, dopo oltre venti minuti di gioco. Ronaldo, Chiesa, Kulusevski. In tre passaggi la Juventus si presenta al limite dell’area avversaria. Lo svedese ignora Chiesa, lanciato sulla corsia centrale verso la porta, e sceglie la rifinitura sul palo lontano dove arrivano Ronaldo e Morata. Il passaggio è intercettato dal recupero disperato di Barba. La deviazione del difensore nello specchio della porta, trova pronto Montipò alla respinta in angolo. La squadra continua però ad essere disunita, le posizioni in campo iniziano a saltare, la confusione e la frenesia diventano, ad ogni minuto che passa, sempre di più padrone del campo. Bernardeschi prende il centro, Rabiot si muove sulla destra, Chiesa si agita inquieto per tutto il campo, alla ricerca di un pezzo di terra utile per produrre qualche accelerazione. Anche Szczesny, sempre più spesso, lascia la porta per proporsi in appoggio all’inizio della manovra, ottenendo però solo un colorito invito da parte del tifoso davanti alla tv a riprendere posto tra i pali. Pirlo invita alla calma. C’è tempo, dice dalla panchina. La squadra forse si rilassa, di sicuro Arthur si addormenta. Servito all’altezza del limite dell’area da una rimessa laterale effettuata da Bernardeschi, il centrocampista brasiliano non trova di meglio da fare che proporre un lungo passaggio in orizzontale che attraversa l’area di rigore. Il tifoso bianconero davanti alla tv sa già cosa sta per succedere. Sul pallone assurdo di Arthur arriva per primo Gaich che, sconfitto il debole ritorno di Danilo, calcia preciso sul primo palo battendo Szczesny. Il Benevento è in vantaggio, per la Juventus cala la notte.

Di nuovo, dal passato, tornano alla mente le antiche parole di Mister Gianfranco. Il gol appena subito riporta nitidamente davanti agli occhi una scena ormai perduta nel tempo. Un signore, in tuta e scarpini, e un gruppo di bambini pronti a sfogare tutta la loro energia e la loro voglia di divertirsi su quel campo polveroso. Il primo insegnamento impartito dal mister ai suoi piccoli calciatori lo ricordo perfettamente ancora oggi: “mai il passaggio orizzontale al limite dell’area, perchè ce la prendono e fanno gol. Mai passare al compagno marcato. La palla facciamola correre lungo le fasce”. Un principio che ha rappresentato per generazioni di piccoli calciatori di tutte le scuole calcio, il fondamento su cui costruire le proprie conoscenze riguardo questo gioco. Per alcuni bambini era diventato quasi un punto d’onore. Nessuno è mai venuto meno a questa disposizione. Piuttosto si tirava il pallone in tribuna ma l’onta del passaggio vietato nessuno di loro voleva sopportarla. Gli anni passano. La società dell’apparenza avanza e impone nuovi modelli di riferimento. Istruttori e maestri in tuta e scarpini vengono soppiantati da manager in cravatta e panciotto, certamente più “social” e magari anche predestinati. Questi sono i risultati. Un nazionale brasiliano che commette la più grande sciocchezza che si possa compiere su un campo di calcio.

Mancano poco più di venti minuti, ma le sensazioni sono pessime. La Juventus tenta di reagire immediatamente al colpo subito. Chiesa, stufo di rimanere incastrato sulla fascia sinistra, si sposta sulla corsia opposta, dove riceve il pallone da Arthur. Entra in area puntando Foulon. Il cambio di direzione dell’ala bianconera verso il fondo del campo è secco. Sbilancia l’esterno del Benevento che gli frana addosso provocando la caduta del giocatore juventino. L’intervento appare netto e irregolare anche in diretta. Il Signor Abisso lascia correre. Il gioco si interrompe. Vanno in onda vari replay che non lasciano spazio a particolari dubbi. Il telecronista si sbilancia con una certa sicurezza: “non può che essere calcio di rigore”. Si attende, anche con una certa dose di serenità e fiducia, il richiamo al monitor per il Signor Abisso. Banti, così solerte, giustamente, in occasione del rigore revocato nel primo tempo, questa volta però non interviene. L’ennesima grave ingiustizia ai danni della Juventus è stata perpetrata. Come il fallo di mano impunito di Hoedt in Juventus - Lazio, anche quest’ultima nefandezza passerà come al solito sotto silenzio. Dubito che in futuro il Signor Abisso verrà mai invitato in una trasmissione condotta da Varriale per spiegare questo episodio. Siamo tifosi della Juventus e lo sappiamo bene. Finché gli episodi vanno contro la nostra squadra non nascono discussioni. In fondo era anche l’esplicita richiesta che un presidente federale, una quindicina di anni fa, rivolgeva ai suoi designatori. Il Signor Abisso fa cenno di riprendere il gioco tra lo sconcerto generale, in campo, in panchina e davanti alla tv. Nedved si agita in tribuna. Si alza, sembra quasi voglia entrare in campo poi si rimette seduto. Per un momento la pessima prova offerta dalla Juventus nel pomeriggio torinese passa in secondo piano.

Pirlo attinge dalle limitate risorse a disposizione in panchina e manda in campo Bentancur e McKennie. Escono Arthur, che ha coronato con l’assist per Gaich una prova di basso livello, e Rabiot, tornato dopo una serie di prestazioni positive a sgambettare annoiato per il prato. Il resto della partita è un disperato, affannoso e confuso inseguimento ad un gol che non arriverà. Pirlo ridisegna la squadra con un 352, lasciando Kulusevski libero di svariare su tutto il fronte d’attacco. Al nostro allenatore la fluidità sulle corsie esterne, le sovrapposizioni tra terzino ed ala per aprire le difese chiuse non piacciono. Il nostro gioco è tutto un improvvisato uno contro uno nel quale inevitabilmente veniamo respinti dalla compattezza e dai raddoppi di marcatura sempre precisi portati della squadra ospite. Il resto lo fa il Signor Abisso. Non soddisfatto per il disastro compiuto con la mancata concessione del rigore su Chiesa, continua a punire ogni minimo contatto con un fischio in favore degli ospiti. L’assalto affannoso e arruffato nel finale di partita produce alcune occasioni. Un sinistro svirgolato di Bernardeschi, una caparbia incursione di Ronaldo, arrivato tra mille rimpalli, a concludere verso la porta avversaria trovando pronto Montipò alla parata, un altro paio di tiri di Ronaldo, da posizione defilata, sempre ribattuti dal portiere beneventano e infine, sulla ribattuta dell’ultima di queste conclusioni, un’occasione per Danilo che però, come Morata nel primo tempo, arriva scoordinato calciando, da ottima posizione, il pallone tra i seggiolini bianchi della Tribuna Nord.

L’incontro termina e con esso svaniscono tutte le residue speranze di rientrare nella lotta scudetto. Speranze in verità dettate dall’orgoglio di essere la Juventus più che da sensazioni o riflessioni più o meno lucide. Pirlo si presenta in conferenza stampa e, come sempre da inizio stagione, ripete la solita questione dell’approccio sbagliato. Ventotto partite di campionato, otto di Champions League e ancora il problema risiede nell’approccio alla partita. Ma, vorrei chiedere a Pirlo, a chi spetta il compito di risolvere la questione dell’approccio? Questa volta ha pure avuto a disposizione la tanto attesa settimana libera da impegni per preparare al meglio la partita. Se questi sono i risultati meglio organizzare diverse amichevoli infrasettimanali da qui alla fine della stagione. 

Il tifoso bianconero ne ha abbastanza. E’ stufo di Pirlo, del suo calcio “liquido” ormai evaporato e delle sue banalità in conferenza stampa. Abbandona la Tv e si concede una lunga passeggiata verso il mare. Troppa amarezza ha lasciato questa partita nell’animo per sopportare anche le vuote banalità che il mister della Juventus ripete da inizio stagione. La squadra che aveva in testa, ammesso che ne abbia mai avuta una, non l’abbiamo vista mai. Non c’è mai stato un filo conduttore, una linea di gioco, un’intuizione che potesse dar credito ad un progetto tecnico avviato forse con troppa inspiegabile leggerezza. In passato l’esempio del Milan, prima con Leonardo, poi con Inzaghi e Seedorf, sconsigliava di affidare un incarico di questo livello ad un personaggio completamente privo di esperienza. In fondo, anche nel “mondo reale”, non si è visto mai un neo laureato che assume il comando di una multinazionale. Inspiegabile che un errore del genere, così grossolano, lo abbia commesso Andrea Agnelli. Un discendente di una Famiglia che ha sempre forgiato le nuove generazioni attraverso esperienze in incognito nelle catene di montaggio delle varie fabbriche del gruppo, prima di affidargli ruoli di rilievo nei consigli di amministrazione.

La stagione, che tutti i tifosi juventini vorrebbero fosse già finita, va comunque conclusa difendendo almeno il piazzamento in uno dei posti validi a garantire la partecipazione alla prossima Champions League. Lo spettro delle stagioni di Ferrara e Del Neri si agita appena dietro l’angolo. Le similitudini con quelle stagioni sono molte. Il rischio di un tracollo è in agguato. Una squadra che non ha un’anima e un’identità, una squadra priva di nerbo e di personalità, capace di perdere oltre il settanta per cento dei contrasti contro il Benevento. Una squadra che rischia di colare a picco, dentro un Abisso...