È lunedì sera, sono le 21:30 circa, il tempo scorre lento nell’attesa spasmodica di una partita che dovrebbe rappresentare un crocevia fondamentale per la stagione bianconera.
Eccoli, li intravedo, tutti i detrattori della Juventus, si stanno vestendo, giacca, cravatta, tutto rigorosamente nero per brindare, sul divano, all’ennesima disfatta juventina che segnerebbe inesorabilmente il destino di una squadra già sull’orlo del precipizio.
Sono tutti pronti a godersi uno spettacolo che aspettano da almeno dieci anni, da quando una sola squadra ha avuto la forza di lasciare agli altri soltanto le briciole, e il più delle volte nemmeno quelle.
Poi però la partita inizia e piano piano sento l’indice che attraversa lo spazio tra collo e colletto della camicia, le cravatte si allentano, c’è qualcosa che non va; sudano i presenti al funerale, sono in ansia, non è possibile che anche questa volta la vecchia signora risorga dalle proprie ceneri. Eppure Bernardeschi, nel suo ruolo naturale, è più veloce degli altri, De Sciglio è nella migliore versione di se stesso, e Dybala ha rimesso gli scarpini con la colla. Passano i minuti e la mera percezione di qualche minuto prima diventa pura consapevolezza che nemmeno stavolta la Juventus ha deciso di presentarsi al suo funerale. La Juventus si dimostra invece solida come non lo era da tempo, cinica come deve essere una grande squadra, e soprattutto consapevole dei propri mezzi e che questo scudetto non si può e non si deve perdere, e nel caso bisogna vendere cara la pelle. Una partita non da “tiki-taka” una partita senza particolari triangolazioni o giochi di prestigio, in fondo non siamo al circo, ma una partita da grande squadra, solida, cinica, in alcuni momenti anche brutta, ma una partita senza particolari rischi, una gestione della palla ottimale dopo il 2-0 e non fa niente se non abbiamo segnato il terzo o il quarto, servivano i tre punti con una prestazione che ci facesse capire che la Juventus è viva e non molla la presa sul campionato. Sarri cambia, De Sciglio vince il ballottaggio con Danilo, più qualità a centrocampo a discapito della corsa, con Rabiot per Matuidi, e più gamba in attacco con un Bernardeschi voglioso di ritornare sui livelli visti l’anno scorso al posto di un Douglas Costa apparso in netta discesa nelle prima uscite di questa ripresa.
E la chiave per leggere questa prestazione è proprio questa, Rabiot ha saputo sfruttare gli spazi lasciati dalla marcatura ad uomo di Soriano su Pjanic, risultando decisivo nel possesso a centrocampo e nel fare da collante con gli esterni d’attacco, ancora gli manca qualcosa, ma con la tecnica e con la gamba che ha potrebbe essere un vero e proprio nuovo acquisto per Sarri in vista della Champions di Agosto, quando gli spazi saranno molto più aperti. Bernardeschi dal canto suo ha sfruttato al meglio l’occasione concessagli dall’allenatore risultando decisivo non solo per l’assist illuminante a Dybala, ma per una prova di carattere degna della miglior discesa sulla sinistra nella gara contro l’Atletico Madrid della passata stagione. La difesa invece si era già dimostrata solida nelle ultime uscite, De Light e Bonucci danno sicurezza in entrata e in uscita, forti, solidi, attenti.

E così la Juve ha espugnato il Dall’Ara, senza correre rischi, mettendo i tre punti in cassaforte già dopo mezz’ora, e peccato che la vittoria non sia stata più larga, ma troppo fondamentali erano i tre punti, per il morale e per la classifica.
Avranno oramai già posato giacche e cravatte, avranno rimesso le pantofole, hanno sbagliato ancora, il funerale è rimandato a data da destinarsi, o più semplicemente è annullato, perché la Juve è viva, più viva che mai.