L’EDITORIALE DELLA DOMENICA
LA JUVENTUS E SARRI: PENSIERI E RIFLESSIONI

Con il pareggio di Reggio Emilia, un 3-3 rimediato contro un ottimo Sassuolo dopo essere andata avanti di due gol, la Juventus manca ancora una volta l’occasione per chiudere la questione scudetto. L’Inter e l’Atalanta, battendo rispettivamente Spal e Brescia, si avvicinano riaprendo forse il discorso. Rimane invece staccata di otto punti la Lazio che, dopo il pari di Udine e nonostante lo scontro diretto da giocare in casa della Juventus in questa giornata, sembra ormai tagliata fuori dalla lotta per il primo posto.
Le scelte di Sarri per la partita contro il Sassuolo sono state per certi versi sorprendenti. Su tutte la decisione di tenere inizialmente in panchina Dybala, sostituito da Higuain, e, in misura leggermente minore, l’inaspettato ritorno di Matuidi al posto di un Rabiot finalmente in un periodo di crescita evidente. Inoltre parecchia perplessità ha destato la scelta di impiegare Chiellini al centro della difesa. La partita del capitano non è stata buona e si è conclusa nell’intervallo, anche a causa di problemi fisici, con una inevitabile sostituzione. Nonostante un ottimo avvio e i venti minuti iniziali di assoluta qualità, la Juventus anche questa volta non è riuscita a far fruttare il vantaggio di 2-0, maturato nei primi minuti della partita grazie ai gol di Danilo e Higuain, bravo a sfruttare la prima verticalizzazione stagionale (ma forse anche degli ultimi tre anni) di Pjanic. La costante negativa che accompagna le partite della Juventus in queste stagioni è la difficoltà nel mantenere una buona tenuta atletica per novanta minuti. L’evidente calo fisico che ha colpito la Juventus intorno alla metà del primo tempo, ha rimesso in partita un ottimo Sassuolo, insieme all’Atalanta e al Milan probabilmente la squadra che in queste giornate ha mostrato una migliore condizione, capace di giocare il pallone velocemente, con grande sicurezza e padronanza, e di occupare il campo in maniera ordinata. Con il trascorrere dei minuti la Juve è andata sempre più in difficoltà mentre l’azione del Sassuolo diventava più sicura ed efficace. I tre gol dei neroverdi tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo sono arrivati in una successione tanto rapida da sembrare inevitabili al tifoso davanti alla tv. Evidenti errori dei giocatori bianconeri hanno favorito tutte e tre le reti subite. Errori, soprattutto sui primi due gol, dettati dall’affanno con il quale i nostri giocatori arrivavano a chiudere gli spazi alla veloce manovra avversaria. La carambola tra Bentancur ed Alex Sandro da cui nasce il gol di Djuricic, comunque bravissimo a trovare l’angolo alto, è a mio avviso la perfetta sintesi del momento di partita attraversato dalla Juventus. L’uruguaiano, in fase di appannamento in queste ultime partite, dall’inizio della stagione riequilibra da solo l’intensità atletica messa in campo dagli avversari ed è l’unico a portare il pressing con una certa efficacia e costanza. Commette degli errori, è vero. Un occhio attento però non può non notare come gran parte di queste situazioni avvengano sempre in zone del campo lontane dalla sua area di gioco. Il primo gol del Sassuolo nasce da una sua chiusura davanti l’area di rigore, esattamente al centro, in quella che dovrebbe essere la zona presidiata da Pjanic (tolto il lancio per Higuain, solita partita per il bosniaco. Un passaggio in più nella manovra e foglia al vento in fase difensiva), l’ingenuità da cui nasce la punizione trasformata da Berardi (uno che mostra un talento che gli avrebbe probabilmente permesso di toccare vette più ambiziose), arriva dopo un’altra chiusura nella zona sinistra del campo. Dove dovrebbe agire Matuidi. Il francese ormai sembra non averne proprio più. Ho l’impressione di non averlo visto recuperare una palla in queste ultime giornate. Il suo percorso alla Juventus è decisamente concluso e per questo finale di stagione non metterei più in discussione la titolarità di Rabiot in quella zona del campo. L’opzione di rinnovo di contratto esercitata dalla società, va ad alimentare una certa inquietudine nell’osservatore esterno circa la politica di rinnovamento della rosa. Credo non ci sia nulla di male nel lasciare andar via un giocatore a parametro zero. Anni fa, quando l’Arsenal era ancora un punto di riferimento nel sabato pomeriggio degli appassionati di calcio inglese, Wenger adottava una politica di rinnovo particolare per i giocatori che avevano superato i trent'anni. I rinnovi avvenivano anno per anno, in base alle prestazioni fornite in stagione. Altrimenti le parti si salutavano con una stretta di mano. Ricordo che Robert Pires, di fronte a questa soluzione, preferì accettare l’offerta triennale arrivata dal Villarreal. L’Arsenal e Pires si salutarono con ringraziamenti e auguri reciproci, in amicizia. Quando il calendario europeo riportò l’ala francese all’Emirates, lo stadio tributò un grande riconoscimento al calciatore che praticamente non riuscì a giocare quella partita, incerto se giocare la palla o ricambiare quell’applauso continuo con cui il pubblico accompagnava ogni pallone toccato dal giocatore.
Alla Juventus questo non succede. La Juventus, in questi anni, rinnova oltre ogni logica giocatori ormai evidentemente bolliti. E i rinnovi avvengono spesso al rialzo. Senza scomodare la questione Khedira che oramai ha assunto contorni grotteschi per quanto prevedibili, ci troviamo in rosa giocatori logori, non più funzionali al progetto e spesso indisponibili. Matuidi è un esempio ma anche Chiellini. Il capitano rappresenta uno dei pilastri della vecchia guardia ma quando il tempo giunge, sarebbe a mio avviso il caso di separarsi prima che i bei ricordi finiscano per essere rovinati dall’inevitabile decadimento. E’ stato salutato Nedved, uno che aveva un fisico di acciaio (e ancora oggi quando lo inquadrano in tribuna nei momenti difficili della partita, mi viene da dargli “vatti a cambiare che dieci minuti alla tua maniera puoi farli ancora"), poi Camoranesi e Trezeguet. Abbiamo salutato Del Piero e più recentemente anche Marchisio. Tutti giocatori che rappresentano qualcosa di importante, per il legame che hanno con la maglia, per i tifosi. Inspiegabile la ragione per cui invece altri elementi, arrivati inequivocabilmente a fine corsa, non vengano lasciati liberi. Il risultato più evidente di questa politica è che la Juventus non corre e, nel calcio moderno, non reggere novanta minuti ad alto ritmo significa subire inevitabilmente l’azione degli avversari.

Il terzo gol subito contro il Sassuolo, vede una squadra impotente e incapace di arginare un possesso palla veloce ed organizzato ed una linea difensiva più il portiere incapace di intervenire su un cross radente che ha tagliato tutta l’area piccola fino a trovare Caputo solo sul secondo palo, completamente libero di mettere in porta (i misteri della marcatura a zona e del “guardare la palla e non l’uomo”). Una volta alle scuole calcio si insegnava che le palle nell’area piccola fossero tutte del portiere. Evidentemente i tempi sono cambiati dal momento che oggi vedo sempre più portieri giocare attaccati alla linea di porta. Le uscite aeree, ma anche a terra sono ormai merce rara. Il pareggio di Alex Sandro, con un colpo di testa da calcio d’angolo, alla fine porta un punto alla Juventus e in questi tempi grami è meglio di niente ma sicuramente, visto il doppio vantaggio iniziale e visto quanto abbiamo sofferto la velocità e la manovra del Sassuolo, non si può parlare di risultato soddisfacente. Per qualcuno è un altro piccolo passo verso il nono scudetto consecutivo. Ho invece il timore che la questione sia ancora aperta e più complicata di quello che appare. Indipendentemente dai risultati che otterranno i nostri rivali nelle prossime partite, abbiamo bisogno di tre vittorie in queste ultime cinque giornate. Vero che il calendario (Lazio, Udinese, Sampdoria, Cagliari e Roma) non pone ostacoli proibitivi sulla nostra strada ma in questa precisa fase della stagione ho la sensazione che per la Juventus sarà difficile vincere ognuna di queste partite. 

Come accade dall’inizio stagione, nel mirino dei tifosi finisce Sarri. Spesso mi sono chiesto cosa abbia portato la nostra società a compiere una scelta tanto impopolare. Lo scontro frontale tra chi rimpiange Allegri e chi tenta di difendere comunque l’operato di Sarri, mi vede distaccato, quasi neutrale. Riconosco ad Allegri grandi meriti per i cinque anni condotti alla guida della Juventus. Credo nello stesso modo che fosse giunto il tempo di cambiare. Soprattutto perchè, forse già dopo Cardiff, erano giunti alla conclusione del loro ciclo bianconero alcuni giocatori, su tutti Mandzukic e Khedira, fondamentali per il suo gioco o comunque (guardandola in altro modo) che il tecnico aveva reso fondamentali in un assetto tattico da ricostruire quasi ogni stagione. Non ho mai pensato che chiunque al suo posto avrebbe ottenuto gli stessi successi, allo stesso modo non ho mai creduto che il mondo sarebbe finito con la sua partenza. Su Sarri invece i dubbi, in seguito comunque mitigati dalla volontà tifosa di sostenere sempre tutte le componenti della Juventus (società, tecnico e squadra), erano dovuti alla scarsa abitudine a misurarsi a questi livelli, dove la pressione è forte sia dall’esterno, sia ancora di più dall’interno, con una piazza virtuale sterminata e resa sempre più esigente da questo ciclo di vittorie e insofferente per quella coppa che non riusciamo a raggiungere, e da una scarsa malleabilità nell’adattare i principi fondamentali del suo modo di pensare il calcio alla rosa a disposizione. Quello che mi vede in disaccordo con la maggior parte della critica è imputare a Sarri di non aver fatto giocare bene la Juventus.
Bisognerebbe prima di tutto chiarire cosa si intende per bel gioco. In un’epoca segnata a tutti i livelli dallo scontro piuttosto che dal dialogo, il linguaggio e, di conseguenza, il pensiero si muovono su ragionamenti brevi che diventano slogan e non vogliono approfondimento. Accade in ogni aspetto della vita, politica compresa. Il concetto di bel gioco è stato sintetizzato nel modo di stare in campo che Sarri ha proposto ai tempi del Napoli (che poi, con qualche piccola variazione, era lo stesso che aveva proposto nell’Empoli. Dell’Empoli però non importa niente a nessuno). Quel modo di giocare che in maniera ironica e, ammetto leggermente sprezzante, avevo definito “girotondi e triangoli”. Un gioco sicuramente efficace per quello che abbiamo visto ma difficilmente proponibile ad un livello più alto. E’ stato lo stesso Sarri oltretutto, durante la prima conferenza stampa da allenatore della Juventus (conferenza in cui un pochino si è parlato anche di calcio, in mezzo a tante domande sul Napoli, su Napoli e sui napoletani), a spiegare che difficilmente si possono imporre schemi e giocate predefinite a giocatori offensivi di altissimo livello, quali ovviamente sono quelli che aveva al Chelsea e che ha alla Juventus e quali evidentemente non sono, nonostante una campagna mediatica insistente, i giocatori che ha avuto a Napoli, i pur bravi Insigne, Callejon, Mertens. Secondo me giocare bene significa mostrare in campo un’identità definita, sfruttare al meglio le caratteristiche tecniche dei giocatori a disposizione, occupare il campo in maniera equilibrata e nel rispetto della spaziatura tra i reparti. La Juventus di Sarri non ha mai giocato bene proprio perchè, nonostante a tratti abbia mostrato un buon palleggio e un’efficace fase di recupero palla, sono mancate tutte queste caratteristiche indispensabili che mettevano in campo, ad esempio, le Juventus di Marcello Lippi. 

Rispetto agli ultimi anni di Allegri, la Juventus invece è cambiata molto poco. Rimane una squadra che cerca la vittoria attraverso le giocate individuali e che entra in partita solamente in frammenti di gioco (a questo punto penso anche a causa di una condizione fisica che non permette di reggere i novanta minuti). La differenza tra Allegri e Sarri finora si vede solo nella gestione del tempo in attesa della giocata o del frammento di partita decisivo. Palla all’avversario e difesa bassa con Allegri, gestione del pallone con la ricerca insistente dell’apertura del varco giusto attraverso una rete (spesso estenuante per chi guarda) di piccoli passaggi. La pretesa di un pressing sempre alto, la pretesa di palleggiare nella metà campo avversaria sono le caratteristiche distintive del Sarri allenatore, caratteristiche che però si scontrano con una tenuta fisica della squadra che non permette di svolgere al meglio, nell’intero arco della partita, le consegne dell’allenatore. I tanti gol subiti forse hanno origine da questa poca predisposizione dell’allenatore ad adeguarsi alle caratteristiche generali della rosa a disposizione, come invece sapeva fare benissimo il suo predecessore e ancora prima di lui Lippi.