Non è semplice – pur contando sul maggior tempo disponibile derivante dall’isolamento domiciliare – ripensare, in questo momento della nostra storia, al calcio ed appaiono francamente lontani anni luce i discorsi degli addetti ai lavori, relativi al se e quando riprendere il campionato e le coppe europee, in quanto dovremmo essere tutti in grado di valutare con un minimo di discernimento che, per il ritorno alla “normalità”, occorreranno diversi mesi (forse un anno), durante i quali dovremmo comportarci con la massima attenzione, l’uno nei confronti dell’altro.

Alla luce di tali sensazioni, diventa forse più semplice riflettere su come eravamo solo qualche mese fa quando trattavamo di calcio, dividendoci ovviamente in fazioni tifose e di quanto possano apparire ora stridenti le nostre prese di posizione, soprattutto se permeate dal tentativo di apparire dissacranti. Da ciò ne consegue che ciascuno di noi ha più tempo per riflettere e per esercitare finalmente, me per primo, un po’ di autocritica.

Nella mia esperienza di blogger della community VxL non ho mai perso l’occasione in passato di dileggiare Antonio Conte per la sua scelta professionale di approdare sulla panchina dell’Inter. In tale contesto, mi sono “distinto” per articoli, che andavano dai discorsi motivazionali di Conte in occasione della prima partita di precampionato contro il Lugano (“la partita più importante di tutta la stagione”), al battesimo sul Lambro cui avrebbe dovuto sottoporsi per lavare il peccato originale di essere bianconero; al decalogo delle conferenze stampa del tecnico, con disamina delle risposte istituzionali e di quelle reali (ma solo pensate); ai 12 milioni di buoni motivi per i quali aveva acceso il rapporto contrattuale con l’Inter.
Ultima ma non ultima, la riflessione in merito all’iniziativa di molti tifosi bianconeri di togliere la stella di Antonio Conte dalla “Hall of fame” bianconera dell’Allianz Stadium. Ebbene, dinanzi a tale istanza, avevo espresso la mia disapprovazione, in quanto suggerivo il mero spostamento della stella dell’allenatore salentino nelle toilettes del settore ospiti dello stadio bianconero.

Per uno juventino “datato” come il sottoscritto (e non solo), la decisione di Antonio Conte non poteva essere accettata, tenuto conto che una scelta professionale, per quanto intrigante possa essere, dovrebbe necessariamente tenere conto del tuo passato. Vorrei chiarire che non mi riferisco certo alla rivalità sportiva, stante l’assoluta normalità che gli allenatori di grande livello siano destinati a ruotare sulle panchine delle più grandi squadre europee e a tale balletto non può certo sottrarsi lo scenario italiano.

Per rimanere alla Juventus, possiamo citare esempi paradigmatici del passato: Trapattoni, icona milanista da calciatore, è diventato l’allenatore bianconero per eccellenza per diversi anni. Ma, dopo l’esperienza bianconera, il Trap si è accasato presso rivali nazionali storiche della squadra bianconera: Inter e Fiorentina.
Lo stesso Lippi, il mitico allenatore bianconero e della Nazionale dei tempi moderni, dopo aver vinto tutto ciò che era possibile vincere con la Juventus è stato ingaggiato dall’Inter ed è poi rientrato a “casa”. Anche Capello, durante l’esperienza nella capitale sulla panchina della Roma e la storica conquista dello scudetto, aveva ben dichiarato che non avrebbe mai allenato la Juventus ed infatti nel 2004 assunse la direzione tecnica della squadra bianconera. Infine, Sarri che, dopo la pluriennale esperienza a Napoli e la breve tappa a Londra, è alla fine stato messo sotto contratto dalla Juventus, società e squadra con la quale aveva rivaleggiato non solo sul terreno di gioco ma anche a livello dialettico in merito agli squilibri economico-finanziari esistenti tra la Juventus e la squadra partenopea.

In tutti i casi citati, siamo sempre stati nell’ambito di un’accesissima ma ben delineata rivalità sportiva. I vari passaggi hanno creato sicuramente polemiche (in particolare l’arrivo a Torino di Sarri) ma, alla fine, anche in questo ultimo caso, non poteva non giustificarsi per l’allenatore tosco-napoletano la scelta di sfruttare l’occasione (unica) di assumere la conduzione tecnica della squadra più titolata d’Italia.

A parere dello scrivente e della stragrande maggioranza dei tifosi bianconeri, il caso Conte è profondamente diverso, semplicemente perché gli eventi del 2006 hanno creato un solco incolmabile tra il mondo bianconero e quello nerazzurro. Alla rivalità sportiva (storica e splendida, vissuta in passato tra le due squadre regine d’Italia) si è sostituito un distacco valoriale, nel momento in cui alla condanna inflitta (e scontata) alla Juventus, è stato attribuito a tavolino all’Inter uno scudetto, che rimase nel palmares nerazzurro nonostante quanto emerso negli anni successivi.

D’altra parte – e in particolare oggi, che sulla panchina interista siede Conte - al di là delle dichiarazioni ufficiali, si percepisce in modo netto quanto sia avvertita da parte della Juventus la necessità di dimostrare, solo e sempre sul campo, la sua superiorità rispetto agli avversari nerazzurri. Basti ricordare che in questa tormentata stagione, le uniche due partite nelle quali la Juventus ha sfoderato prestazioni di livello sono stati gli incontri di andata e ritorno contro l’Inter. L’entusiasmo dei calciatori dopo il secondo goal di Dybala e la foto di gruppo degli stessi calciatori dagli spogliatoi al termine della partita (in entrambi i casi sembrava che la Juve stesse festeggiando una vittoria fondamentale) certificano in qualche modo come i calciatori sentano (soprattutto quest’anno) queste partite e ciò non può non essere un derivato del sentiment che alberga all’interno della Società.

Ma torniamo a Conte.
A fine febbraio, nel corso di un’intervista radiofonica, il Presidente della Juventus, a proposito di Conte, ha, tra l’altro, dichiarato che “Conte è una bandiera juventina e un capitano juventino. Ha vinto scudetti e sollevato la Champions. Conte è la Juventus la sfida che lui ha reputato più affascinante è quella di riportare l'Inter a vincere. E' una sfida ambiziosa A queste parole, non risulta che Conte abbia replicato e, d’altra parte, sarebbe stato difficile per il tecnico salentino sostenere il contrario, stante il suo passato in bianconero.

Resta il fatto che, con la sua dichiarazione pubblica, Agnelli ha tentato di “ridimensionare” la scelta di Antonio Conte di approdare all’Inter come una decisione di carattere solo professionale, “giustificando” in qualche modo il tecnico ma ribadendo – per la gioia (immagino) dei milioni di tifosi nerazzurriche Conte è la Juventus, un binomio inscindibile.

Ho motivo di ritenere che Agnelli menta, sapendo di mentire, quando offre la sponda della scelta solo professionale al tecnico ma, a questo punto, le parole del numero uno bianconero in merito al fatto che Conte è sinonimo di Juventus devono indurre i tifosi irriducibili (me per primo) a nutrire nei confronti del tecnico il rispetto che merita, perché se è vero che non riusciremo mai a digerire la sua scelta di sedersi sulla panchina dell’Inter è altrettanto vero che non possiamo dimenticare il passato, ovvero l’amore che Conte ha provato, prova e proverà nei confronti della Juventus, inteso come senso di appartenenza, comune a tutti i veri tifosi bianconeri. Magari il passato non torna, ma è parimenti vero che il passato ci lascia ricordi che nessuno potrà mai cancellare.

D’altra parte, sarebbe arduo pensare il contrario. Da adolescente, Conte era tifoso juventino, così come il padre Cosimo, presidente della società calcistica Juventina Lecce. Antonio si trasferì a Torino all’età di 21 anni e rimase in bianconero (13 anni) per tutto il periodo in cui un individuo forma la propria personalità di uomo. A Torino, conobbe, giovanissimo, colei che sarebbe diventata sua moglie e la madre di sua figlia. A Torino, Conte ha casa di proprietà ed è nel capoluogo piemontese che ha deciso di investire in affari, che esulano dal calcio. Anche in questo drammatico periodo della recente storia d’Italia, Conte dimostra il proprio attaccamento a Torino, con un gesto semplice ma significativo come donare 12 computer all’Ospedale Pediatrico Regina Margherita di Torino, per le lezioni dei bambini ricoverati.

Noi juventini abbiamo provato nei confronti di Conte un amore viscerale, prima come calciatore e capitano e poi come l’allenatore della nostra rinascita. Forse, non saremo mai in grado di giustificare la sua scelta di andare ad allenare l’Inter ma dobbiamo imparare ad accettarlo e in qualche modo a rispettare la sua decisione.

Il tecnico salentino ci ha abituato a dichiarazioni del tipo che “Lui è il primo tifoso delle squadre che allena e che lo sarà sempre”. L’impegno, l’abnegazione e la “cattiveria” con la quale affronta le sue esperienze dimostra quale sia il suo attaccamento nei confronti delle squadre che ha allenato e rende credito alla sua dichiarazione.
Ma la Juventus è un’altra cosa e, a prescindere dalle sue scelte professionali, Antonio Conte resta e resterà uno di noi e Lui è il primo a saperlo e a riconoscerlo, per cui la Sua stella all’Allianz Stadium merita di restare dove è ora.



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