Il campionato entra nella sua fase conclusiva. Un leggero senso di liberazione inizia ad insinuarsi tra i tifosi della Juventus che hanno vissuto una stagione al di sotto delle aspettative, caratterizzata da risultati altalenanti e da un avvio disastroso che ha compromesso fin da subito la corsa allo scudetto, obiettivo dichiarato da società e allenatore ad inizio anno, e obbligato la squadra ad un lungo inseguimento verso un piazzamento per la prossima edizione della Champions League che finalmente sta per essere coronato in queste ultime partite. Alla squadra di Allegri mancano ormai soltanto quattro punti. L’obiettivo minimo sembra agevolmente alla portata dei bianconeri.

Per l’incontro di mezzogiorno, a Torino si presenta un Venezia reduce da una serie di sconfitte consecutive che hanno compromesso in maniera forse irrimediabile le possibilità della squadra lagunare di conservare la Serie A. La svolta tecnica, con il cambio di allenatore, voluta dalla dirigenza somiglia ad un tentativo estremo e disperato di imprimere un cambiamento ad una rotta che ha portato la squadra ad un passo dal precipizio. In questo contesto, i due punti bruciati dalla Juventus, con lo sciagurato pareggio del “Penzo”, nella gara di andata appesantiscono ulteriormente l’analisi complessiva della stagione bianconera.

 

Ancora alle prese con una lista infortunati che non accenna a ridimensionarsi, Allegri decide di concedere il debutto dal primo minuto al diciottenne Fabio Miretti. Quello che si presenta come il talento più luminoso prodotto in questi ultimi anni dal settore giovanile agirà a centrocampo assieme a Bernardeschi, Zakaria e Rabiot. Szczesny tra i pali, Danilo, Bonucci, De Ligt e Pellegrini in difesa, con Vlahovic e Morata a formare la coppia d’attacco completano le scelte iniziali del tecnico bianconero. Partirà quindi inizialmente dalla panchina Dybala, ormai alla penultima presenza da giocatore della Juventus nello stadio che lo ha visto diventare grande.

Il nuovo tecnico del Venezia, Soncin, manda in campo la sua squadra schierando Maenpaa; Mateju, Caldara, Ceccaroni, Haps; Crnigoj, Ampadu, Vacca; Aramu, Henry, Cuisance. Almeno sulla carta non sembra esserci confronto tra le due formazioni che si apprestano a contendersi i tre punti sul prato dello Stadium.

 

L’orario più ostile possibile alla tradizione italiana porta per il telespettatore almeno il vantaggio della diretta anche su Sky. Ancora una volta il tifoso davanti alla tv mette da parte i disagi causati da Dazn e si gode la pulizia della trasmissione in 4K. Le prime immagini che arrivano dallo Stadium mostrano una buona presenza di pubblico sulle tribune. Sulle balconate, dove una volta venivano appesi gli striscioni dei club e dei gruppi organizzati, adesso è tutto un proliferare di cartelli, disegnati a mano, con la richiesta della maglia in regalo a questo o quel giocatore. Tra spot pubblicitari e altre formalità iniziali, in tv non rimane nemmeno più il tempo per mostrare con calma le grafiche con le formazioni. Quello che una volta era un rito imprescindibile prima dell'inizio di ogni partita, adesso è diventato quasi un fastidio da incastrare in qualche modo tra uno spot e l'inquadratura di un cartello pubblicitario dello sponsor del campionato.

 

Al fischio d'avvio dell'arbitro Prontera, la Juventus, vestita una volta di troppo con l'ormai insopportabile maglia gialla di cui difficilmente qualcuno sentirà la mancanza una volta chiusa la stagione, approccia la gara nel migliore dei modi. La squadra di Allegri prende infatti immediatamente possesso della metà campo avversaria, alzando il baricentro e imprimendo alla gara un ritmo elevato fin dalle prime battute. Il pallone viaggia veloce. I bianconeri trasmettono la sensazione di volersi impadronire della partita e chiudere al più presto la questione. Zakaria manca la porta con una conclusione dall’interno dell’area, dopo essere arrivato per primo su un pallone indirizzato da Danilo verso Vlahovic e parzialmente allontanato dalla difesa. I bianconeri, vestiti di giallo, spingono in maniera continua. Pellegrini raccoglie un pallone al limite dell’area e lascia partire un forte sinistro che si schianta contro la traversa, che nega al giovane terzino la soddisfazione della prima rete in Serie A. 

La forte pressione esercitata dalla Juventus porta comunque i suoi frutti nel giro di pochi minuti. Da una punizione dalla trequarti, calciata da Miretti all’altezza del palo più lontano, Bonucci di testa è reattivo nel correggere in rete la sponda aerea di De Ligt. La Juventus passa in vantaggio. Bonucci celebra con una rete il suo trentacinquesimo compleanno. C’è soddisfazione anche nel piccolo gruppo di ascolto davanti alla tv per una partita approcciata dalla squadra nel migliore dei modi e che adesso appare in agevole discesa.

 

Passato immediatamente in svantaggio, il Venezia prova a reagire. La squadra di Soncin ha poche armi a disposizione ma mostra la sincera intenzione di metterle tutte in campo prima di arrendersi a quella che sarebbe la nona sconfitta consecutiva. Inizia timidamente ad affacciarsi dalle parti di Szczesny, impegnato per la prima volta, intorno al quarto d’ora di gioco, da un sinistro di Aramu, servito da Henry dopo un ottimo lavoro di protezione della palla contro Bonucci e De Ligt.

E’ però ancora la Juventus a lasciarsi preferire. Il giovane Miretti gioca con sicurezza e personalità. Sempre presente nel vivo dell’azione, esibisce tocchi rapidi, spesso di prima intenzione e in avanti. Fin dai primi momenti della partita si evidenzia come uno dei pochi giocatori in campo capace di trovare tracce filtranti per l’attacco. Chi lo segue con continuità fin dal percorso con le giovanili, conosce bene anche la capacità del ragazzo di inserirsi nelle situazioni di attacco con profitto. Poco prima del ventesimo, dopo uno scambio veloce con Vlahovic, partito da un suo tocco illuminato di esterno sinistro per il centravanti serbo, Miretti ha la possibilità di concludere a rete. Il tiro del centrocampista, leggermente deviato, scivola sul fondo sfiorando il palo alla sinistra del portiere.

Come da diverse partite a questa parte, in mezzo al campo desta una buona impressione anche Rabiot. Ben calato all’interno della partita, il francese, in posizione più da mezzala che da esterno, si mette in evidenza con alcuni preziosi recuperi, andando, grazie ad una superiorità fisica di cui forse non si è ancora del tutto reso conto, a sradicare il pallone dai piedi dei giocatori avversari. Questo è il suo mestiere. Rabiot nasce mediano, diga di centrocampo a protezione della difesa. Pretendere altro significa non conoscere e penalizzare un giocatore in possesso di importanti ma precise caratteristiche.

 

Nonostante rimanga la sensazione di una partita in pieno controllo per la Juventus, il Venezia continua di tanto in tanto a presentarsi dalle parti di Szczesny. Henry spaventa il portiere polacco (il resto dello stadio e pure il tifoso davanti alla tv) con un colpo di testa verso il palo più lontano che manca la porta di pochissimo. Il tecnico Soncin perde Vacca, colpito al naso da una sbracciata involontaria di Bernardeschi. Al suo posto entra in campo Fiordilino.

 

La prova, fino a quel momento tutto sommato buona, offerta dalla Juventus, viene però penalizzata dalla prestazione poco convincente fornita dagli uomini di punta. Morata e Vlahovic non riescono a rendersi protagonisti di una partita incisiva. Chiamati forse troppo spesso ad uscire dall’area di rigore dall’insistito palleggio con cui la squadra cerca di aprirsi uno spazio nelle maglie veneziane, vengono entrambi decisamente penalizzati da un tipo di gioco che non prevede in nessun modo l’attacco dalle corsie esterne.

La Juventus comincia a rallentare con il passare dei minuti. Forse a causa del caldo di un orario non proponibile a primavera inoltrata in Italia, sicuramente per l’antica e purtroppo non sradicabile abitudine di smettere di giocare e coprirsi una volta in vantaggio, la squadra di Allegri abbassa moltissimo il baricentro verso il finale di tempo, allineandosi in maniera evidente su un 451 di attesa. Il ritmo cala, il palleggio inaridisce. Non si vede più una pressione organizzata mirata al recupero immediato del pallone. I centrocampisti a turno escono tutti dalla linea, ma si tratta di iniziative isolate con lo scopo più che altro di rallentare un minimo la manovra avversaria. In un paio di occasioni, si nota Miretti che, dopo essere uscito in pressione, si accorge, a differenza di quanto propongono le due squadre giovanili nelle quali ha giocato quest’anno, di non essere seguito da nessun compagno, rimasti tutti ben stretti nelle due linee difensive tipiche delle squadre di Allegri.

 

Dopo due minuti di recupero, il primo tempo si chiude con la Juventus avanti di una rete. Una partita iniziata molto bene e che aveva lasciato immaginare per una volta un pomeriggio di totale tranquillità per i tifosi, nella seconda metà del tempo inizia a prendere la solita china che ha caratterizzato l’intera stagione bianconera. In ogni caso, il vantaggio, seppur minimo, è sicuramente legittimato dal buon numero di occasioni da rete che la squadra di Allegri ha saputo costruire soprattutto nella prima parte di gara. Questa volta le solite chat che generalmente accompagnano l’intervallo, rimangono silenziose. Il tempo a disposizione per un rapido pranzo è limitato ai soli quindici minuti di riposo che vanno ottimizzati al meglio.

 

Nessun cambio per Allegri in avvio di ripresa, mentre Soncin propone Kiyine al posto di Cuisance. La Juventus sembra approcciare bene anche la seconda parte di gara. Si propone in avanti con un cross teso di Morata respinto da Maenpaa e definitivamente allontanato da Fiordilino, bravo a togliere il pallone dalla disponibilità di Miretti appena un attimo prima che il centrocampista possa concludere verso la porta. 

La buona manovra iniziale, che lasciava sperare ad un secondo tempo almeno determinato da parte dei bianconeri, resta però un episodio isolato. La ripresa della Juventus ricalca in gran parte i minuti finali del primo tempo. La squadra sembra fisicamente in difficoltà. In avanti non si vede praticamente mai. La palla scivola lenta sul prato, prevalentemente per vie centrali. Gli sbocchi sulle corsie esterne non esistono. Bernardeschi continua ad inciampare su se stesso, perdendo una discreta quantità di palloni. I terzini non si spingono oltre la trequarti offensiva, scegliendo nella totalità delle occasioni un passaggio indietro, al massimo orizzontale, piuttosto che cercare il fondo. 

Vlahovic continua a vivere la solita partita di lotta e di fatica, risucchiato da Caldara e Ceccaroni che, favoriti dalla lentezza con la quale la Juventus raggiunge il suo centravanti, riescono facilmente a rimanere attaccati alle spalle del serbo. Tra gli uomini in campo vestiti di giallo, l’unico ad avere la capacità di giocare di prima e in avanti continua ad essere il solo Miretti. In alcuni momenti della gara, il tifoso davanti alla tv quasi dimentica la giovane età del centrocampista e vorrebbe vederlo maggiormente sollecitato dai compagni. E’ ancora lontano dalla piena maturazione, deve ancora crescere molto, imparare a gestire alcune situazioni, migliorare in fase di contrasto e nel recupero del pallone ma è uno che sa stare in campo e, soprattutto, tocca la palla in maniera diversa dalla maggior parte degli altri calciatori.

 

Allegri propone le sue prime mosse tattiche attorno al decimo minuto. Prova a risvegliare la sua squadra mandando in campo Dybala, accolto con grande calore da parte del pubblico, e Alex Sandro, che prendono il posto di Bernardeschi e Pellegrini. La storia però non cambia. Il fantasista argentino ha un approccio complicato con la partita. Sbaglia alcuni controlli, non è preciso in appoggio. Ricalca a grandi linee la prestazione offerta fino a quel momento da Bernardeschi. Probabilmente, nonostante l’amore immutato dei tifosi nei suoi confronti, non riesce a superare il trauma di essere stato messo alla porta dalla società. In queste condizioni mentali è difficile immaginare come possa rendersi utile in questo finale di stagione.

La Juventus si spegne con il passare dei minuti. Allegri decide di giocare anche la carta Kean, risolutivo contro il Sassuolo, al posto di Morata, apparso in calo nelle ultime giornate. La squadra però non riesce a cambiare passo. Lascia campo e pallone al Venezia che, nonostante gli evidenti limiti tecnici degli undici uomini in campo, inizia a presentarsi dalle parti di Szczesny con preoccupante continuità. Lo Stadium, già silenzioso di suo, si spegne del tutto, come la squadra in campo. Dal settore ospiti, qualche centinaio di tifosi veneziani in trasferta si prende la scena. I cori contro la Juventus si alzano nell’impianto di casa nostra praticamente indisturbati e mai contestati da un pubblico ormai capace soltanto di scattare foto per i profili social e urlare “merda” ad ogni rinvio del portiere avversario. Dicono sia il nuovo modo di tifare in questa epoca di plastica. A qualcuno probabilmente piace così. 

 

Foschi presagi iniziano ad apparire sullo sfondo dei pensieri del tifoso davanti alla tv. Aramu su punizione impegna Szczesny in una difficile parata. Ancora il fantasista del Venezia, lasciato colpevolmente libero nel cuore dell’area, manca una grande opportunità calciando sopra la traversa un pallone arrivato da una rimessa laterale di Haps. Infine, alla terza occasione nel giro di pochi minuti, il pareggio si materializza. Dal limite dell’area, ancora Aramu raccoglie il pallone e con il sinistro lo scarica in diagonale alle spalle di Szczesny, nella circostanza incolpevole. Il fantasista torna a segnare in campionato a distanza di qualche mese dall’ultima rete messa a segno proprio contro la Juventus nella gara di andata giocata a Venezia. 

 

La squadra e i tifosi accusano la rete subìta. I bianconeri per qualche minuto sembrano disorientati in campo, smarriti in un mare di pensieri e di paure. Il tifoso davanti alla tv, sinceramente preoccupato di vedere irrimediabilmente rovinato il resto del suo pomeriggio, inizia a vedere sullo sfondo della partita i primi fantasmi di un clamoroso rovescio. La Juventus è una squadra che segna poco e che pare non avere nemmeno le risorse fisiche per andare a prendersi la partita nonostante il livello modesto dell’avversario. La squadra di Allegri vive su frammenti, episodi, spezzoni. Lo stadio è completamente ammutolito, mentre le poche centinaia di tifosi veneziani presenti nel settore ospiti dominano sugli spalti. La regia pesca Nedved, vestito completamente di nero, che segue la gara in piedi dall’ultima fila della tribuna. Ancora più nero dell’abito che indossa è però il suo sguardo, che trasmette una pesante insoddisfazione per quanto sta accadendo in campo.

L’umore del vice presidente e di tutti i tifosi juventini viene però per fortuna subito risollevato da Bonucci, determinato a festeggiare nella maniera migliore possibile il suo compleanno. Il capitano di giornata, prossimo ad assumere i gradi in maniera definitiva in vista della prossima stagione, ha per la seconda l’ultima parola su una mischia in area provocata da un tiro dalla bandierina di Miretti. Questa volta Bonucci è rapido, a due passi dalla linea, a deviare in rete il colpo di testa di Danilo. La digestione per il tifoso davanti alla tv, divenuta travagliata dopo il pareggio di Aramu, riprende il suo processo in maniera più serena.

Con la Juventus di nuovo in vantaggio, Allegri può finalmente proporre la sua mossa tattica preferita. Esce Vlahovic, entra Chiellini. La Juventus passa adesso ad un 532 di puro contenimento. La faccia con cui il serbo, alla peggiore prova stagionale, lascia il campo e si accomoda in panchina è quella di un uomo ad un passo da un’esplosione di nervi. Colpevole di non essersi ancora calato nel calcio allegriano, quello che era, fino al momento del trasferimento in bianconero, il giocatore più prolifico del campionato italiano è adesso un attaccante quasi totalmente disinnescato dalla completa mancanza di un vero gioco offensivo nella proposta tattica del suo allenatore. Vlahovic sta lì, da solo in avanti, a litigare con i difensori avversari e a cercare di difendere, rigorosamente spalle alla porta, i pochi e complicati palloni che la squadra riesce a recapitargli. I suoi movimenti vengono costantemente vanificati da un giro palla lento e laborioso, drammaticamente privo di iniziative sulle due fasce. La Juventus tiene la palla e aspetta. In questo gioco, Vlahovic viene ridotto alla funzione di un Meggiorini qualunque. 

Insieme con Chiellini, entra anche Arthur. Gli lascia il posto Miretti, salutato dall’applauso convinto di tutto lo stadio. Una partita sicuramente più che sufficiente, ammesso che si possano valutare in maniera attendibile con un voto novanta minuti di calcio, per un ragazzo che lascia sognare di poter ripercorrere il cammino di Marchisio (possibilmente senza inutili prestiti) che in alcuni movimenti e giocate, principalmente la capacità di orientare, già dal primo controllo, corpo e pallone nella maniera ottimale per eseguire la successiva giocata, ricorda in maniera a tratti suggestiva.

 

I tre minuti di recupero si esauriscono. L’arbitro Prontera fischia finalmente la fine. La Juventus ottiene tre punti determinanti al termine dell'ennesima prova sconcertante offerta in questa stagione. Un buon inizio, che lasciava immaginare un pomeriggio di totale tranquillità, è stato seguito da almeno un’ora di non gioco, nel corso della quale la squadra ha mostrato il suo volto peggiore e ormai fin troppo noto a tutti i tifosi. L’accesso alla prossima Champions League, arrivato matematicamente in serata grazie al pareggio tra Roma e Bologna, è comunque in cassaforte ed è davvero l’unico aspetto da salvare di un’annata che, fin dalle prime partite, vede la Juventus soffrire disperatamente per conquistare ogni singolo punto.

 

Su tutto il resto è meglio forse stendere un velo pietoso. Una stagione iniziata con l'obiettivo di vincere il campionato e di creare valore nella rosa, sta arrivando alla conclusione senza aver visto il benché minimo miglioramento di nessun elemento, senza aver visto la minima crescita della squadra dal punto di vista dell’identità e del gioco. Ancora oggi, a campionato quasi finito, non esiste un’idea di come costruire l’azione senza ricorrere al pallone alzato per una torre oppure ad un palleggio lungo e spesso esasperante che muove la palla da una parte all’altra del campo in attesa che si apra un varco. La squadra è tecnicamente approssimativa e, dal punto di vista fisico, non è mai stata in grado di reggere più di metà tempo a ritmi sostenuti. 

A gennaio la società ha investito novanta milioni di euro per portare a Torino Vlahovic e Zakaria. Gli innesti però, nonostante il valore dei due giocatori, non hanno portato miglioramenti tangibili. Rimane la sensazione che la conquista, alla fine anche agevole, della quarta posizione, sia arrivata principalmente grazie all’inadeguatezza delle rivali, su tutte l’Atalanta, letteralmente crollata nel girone di ritorno, che per veri meriti di una squadra che al massimo riuscirà a raggiungere il punteggio ottenuto nella scorsa stagione, quando i 78 punti furono appena sufficienti per afferrare il posto in Champions League. 

Il mercato estivo porterà nuovi giocatori, ci saranno probabilmente ulteriori investimenti per colmare il divario, comunque marginale, dalle squadre che precedono la Juventus in classifica. Un dubbio però ha preso da qualche tempo a tormentare il tifoso bianconero. Se continua ad esserci bisogno di continui innesti di giocatori importanti e costosi su una base già di alto livello per tornare al vertice di un torneo modesto com’è purtroppo diventato il campionato italiano, questo allenatore, di preciso, a cosa serve?