Charles Darwin affermava che “mi sono trasformato in una specie di macchina per osservare fatti e macinare delle conclusioni”.  Nella vita esistono eventi significativi che permettono di comprendere cosa potrebbe accadere in futuro. Analizzando i risultati si può risalire a quali siano le cause che li hanno determinati. Da queste si percepiscono le leggi che guidano gli avvenimenti e quindi anche la loro ripetitività. E’ chiaro che ciò non è sempre ammissibile altrimenti il caso non esisterebbe e una realtà totalmente telecomandabile rischierebbe di divenire troppo pericolosa per la società in quanto chi ha le potenzialità per capirla riuscirebbe a fungere da “vecchio guru” e imporsi su tutti gli altri.

Quanto accaduto alla Juventus nella sfida contro l’Atalanta è uno degli eventi che un esperto di calcio potrebbe considerare alla stregua di quelli che uno scienziato utilizza per studiare la realtà. Rappresenta, infatti, un modello piuttosto importante e assolutamente significativo. L’analisi parte da un semplice dato. Erano 4 anni che, in serie A, la Vecchia Signora non espugnava Bergamo. L’ultima volta accadde nel 2015-2016 grazie a una rete di Barzagli. Poi la Dea è divenuta una grande squadra e, in campionato, sono giunti 3 pareggi per 2-2. Il primo risale al 2017-2018 quanto i bianconeri erano ormai sul punto di sollevare di nuovo lo Scudetto e, a pochi giorni dalla semifinale di Champions, il pensiero pareva diretto proprio a quella competizione. Un autogol di Spinazzola pareggiò il vantaggio orobico di Conti. La Juve passò con Dani Alves per poi essere recuperata nel finale da Freuler. Durante la stagione successiva, il match si concluse con il medesimo risultato che maturò in maniera diversa. Bernardeschi e Higuain spinsero i sabaudi sul 2-0. Poi i nerazzurri li raggiunsero con i centri di Caldara e Cristante. Nella trascorsa annata un’autorete di Djmsiti permise agli ospiti di passare in vantaggio subito dopo il fischio d’inizio. La doppietta di Zapata, però, fece volare la Dea finché Ronaldo non entrò sul terreno di gioco e trovò il centro del 2-2 che chiuse le ostilità. Non si può nemmeno dimenticare il 3-0 rifilato dalla squadra di Gasperini a quella di Allegri nei quarti di finale di Coppa Italia della passata stagione. Quel risultato, maturato sempre in Lombardia, estromise i bianconeri dal torneo. Ieri l’altro, invece, la Vecchia Signora è riuscita, finalmente per lei, a espugnare il “Gweiss Stadium” vincendo 3-1.

Cosa si deduce da questa lunga e noiosa serie di dati? Comparando i citati punteggi con quelli ottenuti dalla squadra piemontese contro le avversarie diverse dagli orobici, si noterà che nessuna è stata in grado di porre in estrema difficoltà i Campioni d’Italia come la compagine di Gasperini. Perché? Per un quadro più chiaro della vicenda invito a confrontare i match giocati dai sabaudi con i lombardi e quelli disputati contro l’Ajax.
La similitudine è abbastanza palese. La Vecchia Signora soffre le squadre che l’attaccano con foga, che la pressano alta senza lasciarle respiro e che mantengono questo livello di intensità per 90 minuti più eventuale recupero o supplementare.
Questo può essere dovuto alle caratteristiche della fase d’impostazione bianconera. Sia la mediana che la linea difensiva dei Campioni d’Italia non sono solitamente dotate di calciatori d’assalto, ma di uomini pensanti e dalla giocata geniale. La Dea e i lanceri sono compagini davvero simili. Forti fisicamente, uniscono fantastiche doti aerobiche a importanti capacità tecniche. A tutto questo si aggiunge la bravura di allenatori come il citato Gasperini e Ten Hag nella gestione tattica. L’Atalanta è formata da 11 leoni con l’argento vivo nell’anima che non lasciano respiro all’avversario e che affrontano quasi ogni rivale senza modificare la loro essenza. Quest’ultima caratteristica è dimostrata dai risultati positivi ottenuti dai lombardi contro le big e paragonati a quelli raggiunti con le compagini meno blasonate. Si pensi al 7-1 rifilato all’Udinese o al 4-1 con la quale gli orobici hanno steso il Sassuolo a domicilio. Ogni sfida è uguale. Il canovaccio è il medesimo e l’esito sembra dipendere soltanto dalla capacità di chi si trovano di fronte nel gestire la situazione. Negli ultimi giorni si è giustamente abusato di una geniale “metafora guardiolana”. Dopo la sfida di San Siro tra il suo City e l’Atalanta, lo spagnolo ha sostenuto che affrontare la Dea è come andare dal dentista: si esce dalla sfida sempre piuttosto scombussolati. E’ assolutamente realistico. L’immagine è davvero molto rappresentativa e azzeccata. Chiunque avrà provato la sensazione di fastidio. Assomiglia a un frastornante senso di stordimento che si percepisce appena ci si solleva dal lettino dell’odontoiatra. Ecco, è proprio quello che una squadra parrebbe sentire dopo aver affrontato i nerazzurri. La foga e l’energia sapiente che i lombardi pongono sul terreno di gioco è talmente irritante che non consente mezze misure: o la ami o non la sopporti. Gli orobici, così come gli olandesi, non ti lasciano scampo. Non si ha il tempo per ragionare e imbastire una manovra. Non si riesce a riflettere e si è completamente soffocati dallo strapotere che mettono sul campo.

E’ chiaro, però, che un calo d’intensità può modificare completamente la situazione. E’ proprio quello che è accaduto sabato e la Juve ne ha approfittato con i suoi campioni. Contro compagini di questo tipo bisogna sapere serrare i ranghi, soffrire e approfittare di un eventuale calo psicofisico perché questo è il vero tallone d’Achille di squadre con la detta struttura. Si pensi al Real Madrid che per 3 anni consecutivi è stato in grado di trionfare in Champions. La finale di Coppa disputata contro la Juve è alquanto emblematica. I sabaudi non sono riusciti a punire i Galcticos in un primo tempo nel quale erano apparsi leggermente sottotono. Ronaldo ha indirizzato l’incontro verso la Casa Blanca. Mandzukic ha riequilibrato la situazione, ma la ripresa ha cancellato la Vecchia Signora che è stata letteralmente demolita dal Gigante risvegliato. Quattro a uno e tutti a casa con Cardiff che assomiglia al peggiore degli incubi piemontesi. Quella versione del Real Madrid era imbattibile perché univa le prerogative descritte per orobici e Ajax alla capacità di vantare i giocatori più forti del mondo. Solo una giornata nefasta gli avrebbe impedito il trionfo e il 2016-2017 ha rappresentato l’apice di un potere che poi è andato lentamente spegnendosi. A Bergamo, l’ingresso di Douglas Costa e il pareggio di Higuain hanno modificato le sorti del match. L’Atalanta è stata colpita e come la nave ormai con troppe falle è affondata sotto i colpi del talento bianconero. Nei 75 minuti iniziali, la Vecchia Signora ha avuto il merito e la fortuna di non cedere definitivamente. E’ stata capace di restare in partita e di reggere all’urto con il minore dei mali. Infine, è stata caparbia nel trovare l’episodio giusto per svoltare la sfida e per uscire dal fortino della Dea con 3 punti assolutamente immeritati.

Ora ci si chiederà: “Bene, ma alla fine quanto accaduto a Bergamo rappresenta un segnale positivo o negativo per la Juve?”. La risposta è assolutamente complessa. Non esistono bianco e nero, ma grigio. La Vecchia Signora ha finalmente vinto sul campo di una squadra che manifesta le citate caratteristiche. A onore del vero, nel gennaio 2018, una rete del Pipita aveva permesso all’allora squadra di Allegri di trionfare 1-0 nella semifinale di Coppa Italia sul campo della Dea, ma quella fu una gara particolare dove i bergamaschi non espressero le loro vere potenzialità. Sabato, invece, ha ottenuto il successo nonostante le difficoltà. Questo è sicuramente l’aspetto positivo. La bravura nel saper soffrire, l’attesa e la capacità di cogliere l’attimo sono doti importanti, ma non ancora sufficienti. E’ necessario imparare ad affrontare queste compagini con la forza di guardarle diritte negli occhi e di giocarsela alla pari. E’ chiaro che non si può dominare ogni gara ed è un principio che vale per tutte le squadre, ma i rischi corsi dai bianconeri al “Gweiss Stadium” sono stati troppi e il pericolo di “rivivere un nuovo Ajax” non fa certo dormire sonni tranquilli ai tifosi juventini che sognano la Champions. Sarri ha modificato alcune caratteristiche essenziali di una Vecchia Signora che ora gestisce le gare tramite l’offesa e non la difesa. Non si vedrà il gioco spumeggiante del suo Napoli, ma i sabaudi hanno un DNA che non consentirà mai una simile possibilità. Detto questo, serve un ulteriore upgrade. Allegri è stato uno dei migliori tecnici della storia piemontese ed è tra i più bravi allenatori al mondo, ma nell’ultima stagione vissuta sulla panchina della Juve pare avere commesso qualche errore. E’ come se il dualismo mediatico con “i giochisti” lo avesse coinvolto troppo. Forte delle sue convinzioni, appoggiate dai risultati, è sembrato estremizzare il pensiero filosofico ed è risaputo che ogni esasperazione porta alla rovina del concetto stesso. Così, nonostante una stagione ricca di soddisfazioni italiche e il raggiungimento dei quarti di Champions, l’annata bianconera non è stata considerata totalmente appagante. Il ciclo è stato dichiarato concluso e il destino si è divertito ponendo proprio il mister di Figline al posto del livornese. Come detto, il Comandante ha già apportato importanti modifiche al sistema. Deve completare l’opera perché, come afferma Charles Rozell Swindoll: “la differenza tra qualcosa di buono e qualcosa di grande è l’attenzione ai dettagli”. La Vecchia Signora deve imparare ad affrontare con maggiore forza e, a tratti persino foga, le squadre aggressive che non le lasciano il tempo di riflettere. Sarri saprà sicuramente come gestire al meglio la situazione, ma forse un input può giungere dalla scelta degli interpreti stessi. A volte, per esempio, l’ottimo Pjanic pare perdersi dentro certi ritmi elevati e marcature asfissianti. Forse un regista più dinamico, come Bentancur, o fisico, come Rabiot, potrebbe essere d’aiuto. Incursori come Emre Can, Matuidi o lo stesso “Principe Ribelle”, sicuramente più ficcanti di Khedira che è un grande equilibratore della mediana, magari risulterebbero più appropriati. Da sottolineare, però, che i due francesi non erano al meglio della condizione fisica e questo può aver sicuramente determinato le scelte dell’allenatore bianconero. Lungi, comunque, dal voler consigliare chi certamente è più abile del sottoscritto che non è del mestiere. Indipendentemente dalle decisioni sui giusti giocatori da schierare nella singola gara, il miglioramento nell’affrontare certi avversari è palesato dal risultato. Questo, però, potrebbe essere piuttosto ingannevole. Serve un ulteriore passo in avanti.


Parlando di Juventus non ci si può esimere dal trattare della questione Ronaldo.
Prima mi sono concesso l’onore di nominare Sarri tramite un appellativo prestigioso con il quale viene sovente definito. Come la maggior parte dei Comandanti, il mister toscano è sicuro e deciso. Tutt’altro che aziendalista, cerca di raggiungere il risultato rispettando il suo credo nel quale ha piena fiducia. Non significa che non sappia modificare il suo pensiero quando lo ritenga necessario, ma che non si lascia di certo influenzare da fattori esterni. Contro il Milan, il toscano ha visto CR7 in difficoltà e lo ha sostituito. Quest’ultimo non è apparso troppo soddisfatto di quanto accaduto nella sfida, ma ha sbollito il nervosismo inziale e la situazione è immediatamente rientrata. Lo scalpore mediatico della vicenda sembra davvero eccessivo in virtù di un fatto che pare appartenere alla normalità del mondo calcistico. E’ chiaro che ogni comportamento di una personalità del calibro di Cristiano crea sempre grande frastuono e se a quanto accaduto circa 2 settimane fa si aggiunge la mancata convocazione per la sfida di Bergamo, l’iperbole sorge quasi spontanea.
Trattasi, però, di dilatazione della realtà. Non vi è nulla di così eclatante. Ronaldo sarà parte fondamentale di questa squadra almeno sino al prossimo mese di giugno. A quel punto si vedrà ma, se posso esprimere un parere che resta assolutamente personale e non è coadiuvato da alcuna conoscenza particolare, non si ha la certezza assoluta che Cris possa vestire la maglia juventina anche nella prossima annata.