Io credo risorgerò. Questo mio corpo vedrà il Salvatore”. Sono le parole pronunciate dai Cristiani nella liturgia funebre. Durante tale orazione, il sacerdote compie un rituale che incensa la bara in cui purtroppo è contenuto il corpo della persona scomparsa. E la sua anima? Beh… E’ proprio lo scopo di tale invocazione. La speranza è che essa possa risiedere nel Paradiso con Dio e i santi. E’ uno dei momenti più elevati e difficili dell’esistenza del credente. Così trova una risposta a ciò che niente di umano può fornire. Si tratta dell’atto di fede più elevato. L’individuo non si lascia prendere dallo sconforto, dall’ansia e dalla rabbia perché ritiene che la vera vita sia quella eterna. Supera, quindi, la barriera. Va oltre. Il periodo terreno è sacro ed è da sfruttare al meglio per ciò che ci sarà dopo.

La fine del calcio?
Certamente non voglio paragonare un istante così elevato al mondo del pallone o del lavoro in generale, ma è chiaro che pure questi elementi della quotidianità sono fondamentali. Il calcio è lo sport più amato dagli italiani. La Juventus è una delle compagini con il maggior numero di tifosi nel Bel Paese. Forse, la numero uno. Il momento che stanno vivendo entrambi è orribile. E pensare che questa disciplina sta attraversando il covid così bene… Nella fase più difficile della pandemia, il primo lockdown, il football era riuscito a rimanere unito e compatto contro le avversità dettate anche da Istituzioni che parevano non comprendere il suo reale valore. La barra diritta davanti a chi sembrava quasi osteggiarlo in nome di un’uguaglianza tra ogni disciplina corretta nella teoria, ma non applicabile nella pratica. I settori hanno proprie specificità e vanno considerate. L’equilibrio e la parità di trattamento non si trovano mettendo tutti al medesimo punto, ma considerando in egual misura le esigenze. In quel periodo non fu così. Ne nacque una battaglia e presto gli organi competenti compresero che, se altri giochi avevano la possibilità di restare bloccati senza bagni di sangue, il calcio no. Il risultato fu che l’allora Ministro dello Sport, Spadafora, e alcuni scienziati, con i loro atteggiamenti ostruzionistici favorirono soltanto un’inutile diatriba mediatica contro un fronte schierato compatto e più forte di loro. Alla fine si dovettero arrendere come era normale che fosse perché, dato che vi erano le prerogative per ripartire, sarebbe stato assolutamente inutile e infinitamente dannoso restare fermi. Lo ritengo piuttosto grave per un uomo che occupava quel Dicastero. Con il Sottosegretario Vezzali, ex atleta e donna che proviene dall’ambiente, la situazione sembra essere molto migliorata. Basti pensare all’atteggiamento avuto nei confronti della vaccinazione dei giocatori per Euro 2021. Sul piano prettamente ideologico può essere una mossa rivedibile. Insomma, si parla di ragazzi giovani che non hanno gravi patologie e hanno potuto usufruire del siero Pfizer. Ciò ammesso, era assolutamente utile al fine del miglior svolgimento di una kermesse molto importante sia socialmente che finanziariamente. Si tratta di qualche dose. Non di milioni. Nel computo del piano organizzato dal Generale Figliuolo nulla cambia. Lo stesso vale per la chance di entrare negli stadi che garantisce la facoltà all’Italia di ospitare a Roma la gara inaugurale del torneo e altri match. Bravi. Tornando a noi... Ora pare scontato, ma il risultato ottenuto un anno fa fu tutt’altro che semplice da raggiungere. Prevalse il buon senso di chi, tramite un serio e rigido protocollo, riuscì a far partire la macchina. Il riferimento è a parte della politica, della scienza e alle Istituzioni del mondo del pallone tra cui giocò un ruolo determinante il Presidente della Figc Gravina.

I nodi emersi dal covid stanno venendo al pettine. Si è ripartiti, ma non si è evitato un terremoto che era già pronto a scoppiare. Il vaso era ricolmo sino all’orlo. E’ bastata una piovuta per per farlo trasbordare. Per usare le parole di Marotta, la situazione è drammatica. Si è di fronte a una tragedia economica. Solo a semplice scopo esemplificativo, si pensi al mancato introito dovuto all’assenza di pubblico. La speranza, più che un semplice auspicio, è che dalla prossima stagione si torni negli stadi. Naturalmente con un’attenta normativa. E adesso? E’ proprio questo il problema. Si brancola nel buio e si vivono situazioni paradossali. Neymar rinnova il suo contratto con il Psg percependo un ingaggio da 3 milioni di euro mensili. Alla faccia della crisi e della sostenibilità! Steven Zhang prova a convincere i suoi dipendenti a rinunciare a due mensilità. Il risultato sembra difficile da raggiungere e si dovrà ricorrere ad altri piani. Almeno così leggo sui media. Per la Gazzetta dello Sport, la Juve rischia un rosso da 200 milioni. Capite perché nasce la Superlega? Non è un’assurdità. E’ chiaro che non si sta parlando di onlus. Non siamo nemmeno di fronte a società che hanno gestito il loro patrimonio nella maniera migliore possibile. Gli errori del passato sono palesi e visibili a tutti. Non mi riferisco, però, esclusivamente agli esempi, ma a un discorso generale. Negli ultimi 5 anni, il Manchester City, tra i primi redenti dei secessionisti, ha speso più di 600 milioni senza centrare mai la finale di Champions. E’ arrivata al traguardo. Forse, e ripeto l’avverbio perché il Chelsea è molto forte, vincerà, ma l’FPF? Non voglio creare un “polentone” e confondere le idee al lettore. Non è neanche mia intenzione schierarmi con bianconeri, Real e Barca o dalla parte delle Istituzioni del pallone. Intendo soltanto affermare che aver fatto ripartire la disciplina durante la pandemia è stata un’impresa mostruosa e degna di nota. Oggi, con la stessa forza di volontà e la medesima unità, si dovrebbe cercare di risolvere il dramma finanziario. Così si riuscirà a sopravvivere. Altrimenti, il rischio è quello, nel corso degli anni, di vedere scomparire veramente un magnifico sport che difficilmente potrà avere le medesime speranze citate in apertura, ossia di risorgere. Atleti, agenti, Fifa, Uefa, Federazioni Nazionali, società: tutti devono remare nella medesima direzione e cercare il dialogo o, con il muro contro muro, il pericolo è davvero imminente. Non vorrei apparire folle, so che non sarà così, ma Gasperini ha recentemente affermato a SkySport che non sa cosa sarà delle coppe e dei campionati nella prossima stagione.

E la Juve?
Mi collego quindi alla questione Vecchia Signora che è stretta a doppio filo con la querelle Superlega. Queste compagini hanno necessità economiche importanti. Il torneo nasceva proprio con tale scopo. Il calcio si trova in una situazione insostenibile. Le strade per uscirne sono due: o si accresce ancora maggiormente il giro di affari o si riduce sensibilmente. JP Morgan et similia perseguivano, forse, la prima via. Ha vinto la seconda, ma serve comunque un contributo. Non voglio nemmeno tornare sulla questione relativa all’appeal e alla meritocrazia di cui si è già ampiamente trattato. E’ logico che un campionato con soci fondatori e wild card è assolutamente impensabile perché distrugge il gioco. Tuttavia, è necessaria una riforma che contempli un modello diverso di Champions. La proposta dell’Uefa non è un granché. Si tratta di un meccanismo machiavellico e complicato. Vi sarebbe un girone unico da 36 squadre. Ogni team affronterebbe 10 avversarie con match secco. Si qualificherebbero le prime 8. Dalla 9a alla 24esima si giocherebbero gli spareggi. Poi ottavi, quarti, semifinale e ultimo atto. Alcune dubbi: vi sarebbero più partite piuttosto noiose. Sicuramente l’Uefa avrà il modo di rendere tutto equilibrato tramite le fasce di sorteggio ma, pescando comunque una big, si potrebbe anche giocare in trasferta contro un avversario forte e, in casa, magari, contrapposti a qualcuno di più abbordabile. In una classifica mischiata alcune squadre fronteggiano altre che sono meno competitive o non così in forma. Boh… Non il massimo. E la meritocrazia? E l’appeal? Vabbè… Se gestita in maniera diversa, in accordo con le Istituzioni, con molte equipe inserite per i risultati sportivi, la Superlega è un’idea interessante. Al momento, però, nisba.

Anzi, è un pericolo. Juventus, Real Madrid e Barcellona sono ancora inseriti nella società che la contempla e non paiono proprio avere la volontà di uscirne. Sono state deferite all’organo disciplinare dell’Uefa. Che ne sarà di loro? Potrebbero subire persino 2 anni di esclusione dalle competizioni continentali. Ma siamo sicuri? No, anche se ci si trova a un livello molto superiore a una semplice voce. Se si guardano le sanzioni appioppate alle 9 figliol prodighe, si noterà che è passato tutto come una specie di patteggiamento. Le pene sono soltanto pecuniarie anche se piuttosto importanti. Queste, però, sono state accettate dai club. Non è un dettaglio di poco conto. E’ un’ipotesi assolutamente personale perché non ho trovato conferma, ma la differenza sottile potrebbe risultare fondamentale. All’organo europeo conviene davvero condannare le società? Esiste una sentenza del Tribunale di Madrid che pare intimare all’ente presieduto da Ceferin di non colpire squadre e giocatori in attesa di giudizio. Occorre ricordare che l’European Super League Media Company ha sede proprio in Spagna. Detto questo, dalla stessa nazione qualche giorno fa, Cadena Cope lanciava l’indiscrezione per cui l’Uefa avrebbe già optato per l’esclusione dei club ancora coinvolti e sarebbe pronta ad annunciarla non appena sarà conclusa la finale di Champions. Naturalmente ciò provocherebbe la reazione delle società presso gli Organi giudiziari e un’estate bollente. Vantaggioso per qualcuno? All’apparenza, no! Se per quanto riguarda l’emergenza covid, il “nemico”, il virus, è esterno. In questo caso, lo si avrebbe tra le proprie fila. Insomma, è come tirarsi la zappa sui piedi. C’è chi parla dell’ego smisurato di Ceferin che non sta ascoltando le richieste di dialogo dei 3 dissidenti. In effetti, può essere in parte così. L’avvocato sloveno non ha gestito al meglio la situazione. Dopo essere risultato il grande vincitore e avere sciolto la minaccia in 48 ore, si è lasciato andare a ciò che appare sempre più come una rivincita personale, soprattutto nei confronti di Andrea Agnelli, considerato il traditore. Il suo Io gigantesco sta facendo una pessima figura, ma non penso che la questione si possa ridurre a ciò. Altrimenti sarebbe tutto molto semplice e credo che il capo supremo sarebbe già stato deposto. Non si tratta di una dittatura. Il vero fulcro della contesa temo sia ancora nella finanza e dintorni. I club vogliono una diversa ripartizione dei ricavi dell’Uefa. Loro sono i veri protagonisti. Senza di essi, l’organo è completamente inutile. La Superlega è la palese dimostrazione. Davvero pensate che se non ci fosse stata la veemente reazione dei tifosi, della politica e le 12 avessero tenuto duro, oggi Ceferin e soci si fregerebbero del medesimo atteggiamento? Non credo proprio. Sono già in tanti a ritenere che si scenderà a miti consigli perché non si può fare a meno di Barca, Real e Juve. Immaginatevi se la nota dozzina fosse stata compatta. Per il momento, però, la guerra è aperta e da esterno non ho abbastanza informazioni per comprendere realmente dove sia la ragione e nemmeno per abbozzare previsioni. Vista la materia del contendere e la durezza dei comunicati è difficile pensare a un passo a ritroso da parte di chiunque. Allo stesso tempo, come scritto, viene realmente complicato concepire un’Europa senza le 3 citate bellezze e, in particolare, a un conflitto intestino assolutamente pericoloso. La mannaia della giustizia è pronta a ferire e umiliare pure l’Uefa. L’esito non è mai scontato.

La Juventus non può guardare solo all’ambito internazionale perché a metterle il muso è anche la Figc. Gravina è stato lampante. Al momento, i bianconeri non potrebbero iscriversi al campionato. Dramma? No, di più. Tragedia infinita. Non riesco nemmeno a immaginare cosa accadrebbe. La Vecchia Signora giocherebbe un altro torneo? Dove? Difficile. Morirebbe? Sto vaneggiando. Vanta un numero indefinito di dipendenti, ma per quelli ci si comporterebbe come in un qualsiasi fallimento. E i giocatori? Non ho mai visto un club così importante scomparire. E l’under 23? E la squadra femminile? Possibile che nessuno si ponga tali quesiti? Gravina si rende conto che il calcio italiano e estero non può fare a meno dei sabaudi e lo dichiara, ma abbisogna del dialogo con la controparte. E’ un vicolo cieco? Il Presidente Federale deve lavorare alacremente per cucire lo strappo con Agnelli e tra questi e l’Uefa. Ha manifestato l’intenzione. Ora servono i fatti perché tutto il pallone subirebbe un contraccolpo deleterio. Sopravviverebbe? Sì, ma in che condizioni?

Noto che in molti juventini si rammaricano per l’ambito sportivo. Ci mancherebbe. E’ doveroso, ma non è primario. In 9 anni, la loro squadra ha vinto tutto e, mal che vada, concluderà l’attuale stagione con un titolo: la Supercoppa Italiana. E’ chiaro che non centrare il decimo Scudetto consecutivo fa male soprattutto se vinto dall’Inter di Conte. Ma vabbé. Con una prospettiva e un progetto solido si riuscirebbe anche a guardare oltre. Si accetterebbe persino l’Europa League. In questo momento ciò che conta realmente è la rifondazione che parte dalla società. Credo che Andrea Agnelli sia un presidente fantastico. Ha ricostruito e trionfato. Meglio di così non si può. Ora, però, è inviso a buona parte del suo mondo. Forse, per il bene della creatura che gestisce, dovrebbe fare un passo indietro. Non vorrei, però, che la Famiglia lasciasse. Vedere Jonh Elkann vicino alla Vecchia Signora è rassicurante. Si parlava di Alessandro Nasi, cugino. Non posso conoscere le sue abilità, ma ha alcuni crismi per essere la personalità giusta. Qualche cambio sarebbe da apportare anche alla dirigenza. Non intendo entrare nel dettaglio dei nomi. Non è il pezzo adatto. Sicuramente modificherei l’allenatore anche se, visto il caos generale, rischia di non risultare il principale colpevole e rappresentare, in futuro dopo la corretta gavetta, un rimpianto. Poi rivoluzionerei ancora la squadra ripartendo da qualche punto fermo: de Ligt, Demiral, Chiesa e Kulusevksi.
Ricominciamo cantava Adriano Pappalardo. Non è un male. Può capitare. Anzi, può essere anche utile. Si guardi l’entusiasmo generato nei suoi tifosi da un nuovo progetto come quello della Roma di Mourinho. Ma per farlo occorrono due must. Il denaro di Exor di cui trattava la Gazzetta dello Sport e la risoluzione della diatriba con le Istituzioni. Altrimenti nulla ha senso perché la Juventus è morta. Peggio che nel 2006 di cui mediaticamente ricordo più o meno gli stessi passaggi.