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Empoli - Juventus: 4 - 1. Più rovinosa la caduta, più gloriosa la risalita

Lapo, nonostante le vicissitudini drammatiche che la Juventus stava vivendo non avrebbe potuto definirsi in modo diverso: al settimo cielo! Penalizzazioni sì, poi no, poi di nuovo sì, ma relative a che anno? E da scontare in quale anno? Tutte in un’unica tranche, o dilazionate in 20 comode rate semestrali?

Il 4 – 1 inflitto dall’Empoli, complice l’evidente black out mentale dato dall’ultimo annuncio shock dei 10 punti di penalizzazione, che probabilmente vanificheranno anche un eventuale rush finale per una partecipazione alla prossima edizione della Champions, non avrebbero potuto che fargli il solletico.
Più rovinosa la caduta, più gloriosa la risalita in vetta all’Olimpo della Juventus che verrà!
Per la prima volta nella sua vita stava provando la sensazione di essere sul ponte di comando, di avere il pieno controllo di qualcosa di molto complesso e importante. La guida di una gloriosa società calcistica con una storia più che secolare, che contava, nonostante tutto, più di 8 milioni di tifosi sparsi su tutto il territorio italiano, praticamente come Milan e Inter messe insieme, e chissà quanti altri nel mondo: la Juventus.

Le sensazioni da deja vu di Lapo
La sensazione da deja vu di ripetere in scala ridotta quello che era stato il percorso che nonno Gianni aveva intrapreso a 45 anni
, e che lo aveva portato, congedato l’ing. Valletta con tutti gli onori, ad assumere in poco tempo il pieno controllo della FIAT, era inebriante.
Da quando aveva deciso di “imbarcarsi” in questa impresa, decisamente molto più grande di qualsiasi altra cosa di cui si fosse mai occupato prima, i sonni si erano fatti agitati
: chissà quante sfide nella sfida lo attendevano al varco. Tante, tantissime! La differenza tra il dire “tante” e il dire “troppe” ora era tutta sulle sue spalle. Lo spaventava, certo! Ma era proprio quel tipo di paura, quella che ti fa crescere, che finora gli era mancata; quella la paura che cercava.
Finalmente si sentiva vivo e sentiva profonda la consapevolezza che nessuna difficoltà, nessun contrattempo, nessuna “imboscata” avrebbe potuto fermarlo. La sua vita (metaforicamente parlando) era per la prima volta messa in serio pericolo, senza bisogno di far finta! A voler pensar male c’era da chiedersi se fosse questo il vero motivo che aveva spinto John a conferirgli questo incarico.
Forse! Ma fosse anche per il motivo sbagliato, lui ora era lì, e la sua brava opportunità se la sarebbe giocata.
Stavolta non ci sarebbe stata nessuna rete a proteggerlo, a permettergli in ogni caso di rincasare per cena e, tra uno sbadiglio e l’altro, di raccontare quanto fosse stato emozionante fare 2 metri scarsi di caduta libera, prima di toccare la rete.

Lapo, tra inibitori d’entusiasmo e adulatori
Lapo, checché ne possiate pensare vedendolo sempre scanzonato e fuori dagli schemi, aveva alle spalle una vita tutt’altro che priva di sofferenze.
Mai davvero preso sul serio; circondato da persone che quando Lapo aveva un’idea, non gliela facevano neanche finir di descrivere. Lapo? Un’idea? IMPOSSIBILE!
Italia Independent era nata proprio per dare sfogo al suo comprensibile desiderio di rivalsa. Ma come avrebbe potuto dare buoni frutti qualcosa che era stata concepita in nome della rivalsa?
Come detto, Lapo era vissuto circondato da veri e propri inibitori di entusiasmo. Nonostante ciò, a volte Lapo dimenticava di essere… Lapo, e quindi partiva con la descrizione della sua idea, stroncata sul nascere dall'immancabile inibitore di entusiasmo in entrata libera col piede a martello.
Ma non erano gli inibitori di entusiasmo coloro che più di tutti Lapo detestava: c'erano infatti persone che al contrario degli inibitori, pur di compiacere Lapo erano capaci di dargli ragione ancor prima che egli avesse espresso un'opinione chiara su un determinato argomento.

Ora, stabilire se nella crescita di Lapo siano stati più dannosi gli inibitori di entusiasmo, oppure gli adulatori, era davvero impresa ardua, che avrebbe richiesto l'intervento di esperti della materia. Certo è che la frequentazione di entrambe le categorie, giustificava ampiamente tutto il desiderio di mettersi in gioco che gli sprizzava da tutti i pori, oramai irrefrenabile!

Organigramma e faide baresi: Lapo e la leadership che mancava
Lapo: “Allora, Calvo, che facciamo oggi? Non cominciamo?”
Calvo: “beh, ho notato che sia Cassano che Ventola non erano ancora arrivati, allora volevo aspettare ancora qualche minuto prima di iniziare la consueta sessione …”
Magari possiamo cominciare ribadendo l’organigramma, che tranne che per alcuni punti può essere considerato definitivo:

  • Presidente onorario: Avvocato
  • Presidente: Lapo
  • Vicepresidente: Del Piero
  • CEO: Calvo
  • DS: Giuntoli
  • Talents Scout: Cassano e Ventola

Calvo non aveva ancora finito di elencare e specificare nomi e ruoli, che da fuori, improvvisa e violentissima, come un’esplosione, una vera e propria deflagrazione fatta di urla concitate aveva squarciato il solito velo di brusìo, ovattato e sommesso.
Ma cosa era successo? Prestando più attenzione si riusciva a riconoscere la risata più sguaiata del solito di Cassano, il quale sembrava, oltre che ridere, impartire ordini ad un gruppetto di persone, le cui urla andavano e venivano, come se tutti fossero su una giostra con cavallucci a dondolo, elicotteri, astronavi, e chissà quali altri “personaggi” che muovendosi in circolo risultavano lontani per poi avvicinarsi, e poi ancora tornare ad allontanarsi, alternatamente.
Calvo, superato lo spavento iniziale, aprì la porta per vedere cosa stesse succedendo fuori dall'aula. Non gli fu difficile riconoscere Antonio Cassano, che stazionava a pochi metri dalla porta dell’aula, mentre più difficile da riconoscere era Nicola Ventola, completamente stravolto, impegnato, come se ne andasse della sua vita a sfuggire alla presa di un gruppetto di energumeni scalmanati che sembrava avercela con lui.
Mentre succedeva tutto questo, ovviamente anche tutti gli altri partecipanti al summit uscirono, spinti dalla curiosità di capire cosa stesse succedendo. A quel punto Lapo urlò di finirla immediatamente. Cassano si rese conto che per quanto divertente fosse star lì a godersi lo spettacolo, così facendo stava rischiando concretamente di essere cacciato. Decise quindi si soprassedere e di aspettare un momento più propizio per chiudere i conti con Ventola, reo di aver fatto troppo il saputello il giorno prima. A fermare tutto quel circo che si era formato tra personale della Continassa e parenti di Cassano ci volle del bello e del buono, ma alla fine il silenzio tornò a prevalere.
Lapo: “guarda Cassano non voglio neanche sapere che faida è in corso tra voi, queste cose però sbrigatevele fuori di qua, questo posto è sacro e non deve essere profanato da mercanti di nessun tipo!

L’Avvocato col dente avvelenato e la comunicazione assertiva
Cassano: “mercanti?”, poi rivolto a Ventola: “Ou Nicò, ma cuss o sap’ c’è staddish?” (Ma questo qua lo sa cosa sta dicendo? n.d.r.) Per chi ci ha presi? Per degli ambulanti per caso? Che già chessa storia di dover sempre parlare con quel vecchio (l’Avvocato n.d.r.) rompipalle che non si capisce neanche cosa c**** dice
con quella R moscia proprio da ricchionazzi che non si è mai vista una roba del genere! Che se ne stesse dentro al tavuto (bara n.d.r.) invece di andarsene in giro a rompere i coglioni alla gente che vuole starsene in pace e invece deve dare retta a idd” (lui n.d.r)

Avvocato: “Guavdi Cassano che la sto ascoltando. Pvendo le sue parole come colovite espvessioni che fanno pavte del suo pevsonaggio: pvendeve o lasciave, e io pvendevei pev costvuivci una squadva intovno, la migliove di tutti i tempi. Mi fido di lei ciecamente, cavo Cassano, anche come talent scout. Le dico solo questo, e poi taccio: a casa mia a Villav Pevosa, nella tevva degli Agnelli c'è gente che quando mi incontva pev stvada, invece di chiedeve l’autogvafo mi pvende in givo per queste figuvacce bavbine che facciamo gvazie ad Allegvi.
Ma si è mai vista la Juve pevdeve in casa dell'Empoli per quattvo a uno? Ma io vipvistinevei la pena di movte, sant’iddio! Maledetta la mevetvice di una mevetvice!” (Ovviamente i defunti, non potendo esprimersi con parolacce, sono costretti a fare ricorso a queste forme intermedie di turpiloquio che a noi fanno sorridere ma che per loro, che sono costantemente sotto controllo rappresentano già il massimo di quello che potrebbero permettersi n.d.r)
C’è bisogno di lavovave tanto, pev costvuive una squadva di nuovo vincente. Pev pvima cosa bisogna mandave via allegvi, che deve pvopvio scompavive dalla mia vista, con quella sfacciataggine che si vitvova. Giusto quel mammalucco di Andvea ci poteva cascave. Basta! Il pvogetto si chiama ‘la juventus che vevvà, e allova scovdiamoci del passato, e concentviamoci su cosa dobbiamo fave oggi per tovnave vincenti domani.

Allegri: “havvohato se permette ci sarei anch’io, ci sarei... Lei sta dicendo la sua opinione, rispettabilissima, per harità, ma è la sua opinione. Io, per, esempio, ho un’opinione diversissima. Io penso di non avere nessuna colpa, che con il materiale umano che avevo addisposizione, più di questo non potevo fare, e se invece dei brocchi che avevo, mi avessero dato quelli del Manchester City, tettù stassicuro che ti facevo il sextuple al primo colpo, ti facevo, maremma buhajola!”.
E poi, sempre Allegri, non rinuncia alla battuta da colpito ed affondato: “ Certo che mi date Miretti e Faggioli, ci possiamo giusto fa il minestrone, ci possiamo fa!!”

Anche Calvo, con modalità ben studiate, non rinuncia a dire la sua: “Quando ci sono opinioni così divergenti su un argomento, tentare di convincere l’altro della validità della propria tesi difficilmente può portare ad un reale convincimento da parte della controparte“ “Bisogna fare ricorso alla comunicazione assertiva.”
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Dove non si dice: il tuo gioco fa ca***, ma si dice: guardando giocare le tue squadre, sento dentro di me un subbuglio intestinale che somiglia tantissimo alle sensazioni che provo normalmente quando sento che tra un po’ dovrò ad andare di corpo.”

Cassano a Ventola: “Ou Nicò sim’ ‘mbaràt’ ‘na cosa nuova iosh. Prendi nota, m’arracc’mann!”