La sconfitta interna subìta nel turno infrasettimanale contro il Sassuolo, costringerà la Juventus ad affrontare il prosieguo del campionato con la prospettiva di lottare per il quarto posto. Lontanissime Milan e Napoli, lontana l’Inter, per gli uomini di Allegri si presenta la necessità di non perdere altro terreno da Roma, Lazio e Atalanta. Inizia oggi, tra queste quattro squadre, una sorta di mini torneo con in palio l’ultimo piazzamento utile per accedere alla prossima edizione della Champions League. In un momento diventato all’improvviso molto complicato, il calendario propone per i bianconeri una trasferta difficile, contro una squadra reduce da una serie di risultati convincenti e sempre insidiosa da affrontare sul proprio campo. La Juventus è attesa al Bentegodi dal Verona, una squadra alla quale Igor Tudor, forse troppo presto relegato in un angolo da Pirlo nella scorsa stagione, ha saputo restituire gioco e certezze dopo il disastroso avvio sotto la guida di Di Francesco.
Allegri perde per affaticamento muscolare Chiesa e Ramsey, che vanno a fare compagnia a Moise Kean già in lista infortunati da alcune partite. L’allenatore bianconero, nel suo consueto 442 “storto”, presenta diversi cambiamenti rispetto alla gara contro il Sassuolo. Tra i pali torna Szczęsny. Al centro della difesa spazio dal primo minuto per Bonucci e Chiellini, con Danilo e Alex Sandro chiamati a coprire le due fasce. Cuadrado, Bentancur, Arthur, al debutto stagionale dal primo minuto, e Rabiot compongono la linea di centrocampo, mentre il reparto offensivo vede la conferma di Morata e Dybala. Siede in panchina De Ligt, tenuto fuori dalla formazione titolare da un problema fisico accusato a ridosso del fischio d’inizio.
La risposta di Tudor è affidata al suo ormai consueto 3421. In porta Montipò, protetto da una linea di tre uomini guidata da Gunter, aiutato ai lati da Dawidowicz e Casale. A centrocampo, le due fasce sono territorio di Faraoni e Lazovic, mentre in mezzo si muoveranno Veloso e Tameze. Barak e Caprari sono i due trequartisti che dovranno supportare Simeone, riferimento centrale dell’attacco gialloblu.
Il susseguirsi delle partite ha in qualche modo affievolito la diffidenza nei confronti della trasmissione del calcio via internet. Dall’inizio del campionato, l’esperienza personale con il servizio offerto da Dazn è senza dubbio soddisfacente. I vari controlli di rito che hanno accompagnato l’inizio della stagione, non sembrano più così necessari. Il tifoso apre l’app dieci minuti prima dell’inizio della partita e prende posto davanti alla tv. In apertura di collegamento, la regia offre le immagini di uno stadio gremito nei limiti della capienza concessa e carico di entusiasmo per il buon momento attraversato dalla squadra di casa.
L’incontro scorre su ritmi altissimi fin dalle prime battute. Il Verona, messe da parte le fantasie tattiche di Di Francesco, è tornato, sotto la guida di Tudor, ad applicare quei principi di gioco appresi dalla squadra durante la gestione di Juric. Intensità, marcatura a uomo a tutto campo e pressione asfissiante sul portatore di palla avversario sono le armi con le quali i veronesi cercano fin dall’inizio di incanalare la partita sui binari a loro più favorevoli. I gialloblù evidenziano un’ottima condizione atletica che concede loro un chiaro vantaggio in fase di contrasto nei confronti dell’avversario. La maggior parte dei duelli si risolvono spesso in favore dei padroni di casa. La Juventus, almeno nei primissimi minuti, riesce a rispondere e a sostenere il ritmo imposto dagli avversari. Non c’è un momento di pausa. L’arbitro Marinelli fischia molto poco, assumendosi la responsabilità di lasciar giocare per quanto possibile. Arriva un’occasione per Lazovic, parata da Szczesny, e una per Morata, il cui tentativo con il tacco, a chiudere uno spunto di Dybala, è contenuto da Montipò. 
Al decimo la squadra di Allegri salta per aria. Segna Simeone. Due volte nel giro di pochi minuti. In occasione della prima marcatura è rapido a ribadire in rete un pallone respinto da Szczesny dopo una conclusione di Barak, favorita da un retropassaggio azzardato di Arthur che, al tifoso preoccupato davanti alla tv, ha ricordato in maniera inquietante l’errore con cui lo stesso centrocampista brasiliano aprì la strada alla clamorosa vittoria del Benevento a Torino nella scorsa stagione. Tre minuti più tardi, il centravanti argentino fa tutto da solo. Riceve palla al limite dell’area, leggermente defilato sulla sinistra. Davanti ha solo Bonucci. Il difensore, invece di affrontare l’attaccante, arretra forse un passo di troppo, concedendo uno spazio che Simeone sfrutta al meglio trovando l’incrocio dei pali più lontano con un destro a giro. Per la Juventus cala il buio. La regia offre un primo piano di Nedved, Arrivabene e Cherubini in tribuna. I loro volti sono impietriti come quelli di tutti i tifosi juventini.
Sotto di due reti dopo nemmeno un quarto d’ora, per un lungo tratto di partita la squadra di Allegri è in balia degli uomini di Tudor. Gli errori di controllo e di passaggio si moltiplicano sotto l’incessante pressione veronese. A turno sbagliano un po’ tutti. Costretti a giocare pressati e con le spalle rivolte alla porta avversaria, in molte circostanze, per i giocatori bianconeri, l’unica via percorribile rimane il passaggio all’indietro. Diventa difficile immaginare una rimonta. La squadra scivola di continuo dal 442 al 352 senza guadagnare metri di campo, senza trovare una contromisura efficace per contrastare Barak e Caprari, incursori sulla trequarti, e senza riuscire a  fornire supporto agli attaccanti. Dybala e Morata si battono in una partita ad alto impatto agonistico. Cercano di catturare i palloni vaganti rilanciati dalla difesa, riuscendoci in diverse occasioni. Mettono anche in mostra alcune buone combinazioni, cercandosi e trovandosi con scambi veloci e di prima intenzione che portano, in almeno un paio di occasioni, Dybala a concludere verso la porta di Montipò. La loro prestazione, anche fisica, lascia pensare che avrebbero il potenziale per arrivare alla rete, il problema è che sono completamente abbandonati al loro destino in territorio nemico. La Juventus non riesce a costruire delle vere e proprie trame di gioco, finendo per maltrattare diversi palloni in uscita dalla difesa. Tra retropassaggi, difficoltà a gestire la pressione continua dei giocatori del Verona sui portatori di palla e troppi errori tecnici, la maggior parte delle azioni bianconere finisce per essere affidata ai piedi di Chiellini che, come spesso accade, è l’uomo al quale gli avversari tendono a concedere qualche metro di campo.
E’ da poco trascorsa la mezz’ora di gioco quando il piccolo gruppo di ascolto davanti alla tv perde un elemento. Chiellini manca un controllo in maniera banale, Costanza si alza e se ne va. Le parole che accompagnano la sua uscita di scena non sono certo di elogio per la prestazione offerta dalla Juventus fino a quel momento.
I bianconeri si presentano pericolosamente dalle parti di Montipò soltanto nel finale di tempo e in maniera tutto sommato casuale. Veloso sbaglia l'impostazione, lanciando il pallone contro la schiena di Bentancur, uscito in pressione. Sulla palla vagante arriva per primo Morata, bravo ad anticipare Gunter e a servire immediatamente Dybala. Smarcato all’interno dell’area, leggermente decentrato sulla destra, l’argentino si esibisce nel suo classico tiro a giro che supera il portiere veronese ma si infrange contro la traversa. Dopo il palo colpito contro il Sassuolo, un altro legno ferma Dybala. Bisogna anche riconoscere che la fortuna, per quanto sia un fattore secondario, non sta sicuramente volgendo il suo sguardo benevolo verso la Juventus.
Senza recupero, si conclude tra gli applausi del pubblico di casa la prima parte dell’incontro.
Stavolta regna il silenzio sulle solite chat di whatsapp che solitamente accompagnano l’intervallo con qualche riflessione. Diventa difficile trovare persino le parole adatte per commentare un primo tempo nel quale la Juventus è stata soverchiata dalla straripante fisicità del Verona. Giusto un momento prima che le squadre tornino sul terreno di gioco, l’unico messaggio arrivato durante i quindici minuti di riposo è più che altro una sorta di auspicio che i nostri avversari non riescano a mantenere lo stesso ritmo nei secondi quarantacinque minuti. Già in diverse occasioni, nel corso di questa stagione, i gialloblù sono stati rimontati da situazioni di doppio vantaggio proprio a causa di netti cali atletici. Rimane comunque complicato immaginare come la Juventus vista sino a questo punto possa segnare due o tre gol.
Le squadre si riaffacciano sul prato senza operare alcuna sostituzione. L’incontro riparte subito sugli stessi ritmi elevati della prima parte. La partita corre intensa e veloce, favorita ancora dal metro di giudizio arbitrale molto tollerante. La Juventus si propone subito al tiro, ancora una volta dopo una combinazione tra i suoi due attaccanti. E’ di nuovo Morata ad armare il sinistro di Dybala che, dal limite dell’area, sfiora l’incrocio dei pali con un sinistro carico di effetto.
Le prime mosse di Allegri arrivano attorno al decimo minuto. Dopo un lungo consulto a bordo campo con il vice Landucci, il tecnico toglie dal campo Rabiot, autore di una prova impalpabile, e Bentancur. Al loro posto entrano Locatelli e McKennie. La squadra sembra in questa fase muoversi sistemata su un 352 che sfrutta Cuadrado e Alex Sandro come esterni a tutta fascia. L’americano, appena entrato, si presenta nella partita impegnando Montipò con una deviazione volante sugli sviluppi di un calcio di punizione crossato in area. Il Verona, pur continuando a sprigionare una grande furia agonistica, comincia ad accusare la fatica. I giocatori di Tudor, adesso meno lucidi, sono sempre più spesso costretti a ricorrere al fallo. Morata e in particolare Dybala subiscono diversi interventi rudi. Casale, già ammonito, rischia un secondo cartellino giallo per un intervento pesante ai danni dell’argentino, decisamente malmenato nella sfida del Bentegodi. 
Allegri interviene ancora sulla sua formazione, lanciando nella partita Bernardeschi e Kulusevski al posto di Cuadrado, che attraversa un periodo di forma non particolarmente brillante, e Arthur. Atteso come una sorta di salvatore della patria, in un centrocampo in cui gli assenti sembrano sempre migliori di quelli che giocano, il brasiliano ha confermato per l’ennesima volta i suoi pregi e i suoi difetti. Certamente ottimo nel controllo del pallone e negli scambi brevi, soffre, a causa del suo passo corto, nella fase difensiva e nel gioco a tutto campo. La sensazione che lascia è sempre quella di avere in un vero centrocampo a tre la sua unica possibile collocazione.
La partita si svolge in questa fase prevalentemente nella metà campo veronese. La Juventus prova ad attaccare ma fatica a costruire vere occasioni da gol. La palla scorre più velocemente ma la manovra non riesce mai ad aggirare l’attento schieramento predisposto da Tudor a difesa dell’area di rigore.
Il gol bianconero arriva, quasi all'improvviso, alla mezz’ora. Segna ancora McKennie, l’unico che, in questo periodo, sembra riuscire a trovare la porta con discreta continuità. L’americano, smarcato da Danilo appena dentro l’area, controlla e scarica un destro violento sotto la traversa. La Juventus accorcia le distanze. 
Il finale di partita è una battaglia a tutto campo. La Juventus produce un assalto continuo, anche se troppo spesso confuso e disordinato, alla ricerca del pareggio. Il Verona si chiude in difesa a protezione del gol di vantaggio, cercando in ripartenza, quando si presenta l’opportunità, il colpo che chiuderebbe definitivamente la partita. Le emozioni si inseguono. Kalinic, in contropiede, smarcato davanti a Szczesny, manca il 3-1. Locatelli, trovato libero davanti alla porta da un cross di Bernardeschi corretto dal tocco di un avversario, preferisce cercare un inspiegabile assist verso il centro piuttosto che concludere a rete, vanificando una nitida occasione da gol. Montipò, proprio negli istanti finali, con un grande intervento toglie dall’incrocio dei pali un sinistro di Dybala, liberato al tiro da un triangolo con Bernardeschi. Il risultato non cambia più. Al termine dei cinque minuti di recupero concessi, l’arbitro Marinelli dichiara concluso l’incontro. La Juventus cade al Bentegodi. 

La quarta sconfitta su un totale di undici partite apre lo stato di crisi in casa bianconera. Come spesso accade in questi casi, sul banco degli imputati finisce Allegri. Il tecnico sta mancando soprattutto in quello che sembrava essere il suo compito principale: restituire serenità alla squadra, dandole un’impronta magari semplice ma chiara e riconoscibile, basata su principi facilmente applicabili da giocatori usciti da due stagioni caratterizzate da grande confusione tattica. 
Allegri si sta invece avvolgendo in una spirale di incertezze. La Juventus, dopo tre mesi di partite, non ha ancora un’identità definita, non ha un modulo di riferimento, non ha un undici che si possa considerare titolare. Tra cambiamenti di modulo in base alle fasi di gioco, già sperimentati senza successo da Pirlo (e dovrebbe far riflettere il fatto che nessuna delle altre squadre che precedono la Juventus in classifica adotti questo tipo di sistema di gioco), scelte cervellotiche degli uomini da mandare in campo, dettate più da idee estemporanee del tecnico che dalle caratteristiche dei giocatori, in troppe occasioni è sembrato di vedere undici maglie bianconere vagare a caso sul terreno di gioco. Non si vedono movimenti senza palla, non si vedono sovrapposizioni sulle fasce, non esiste una fase di pressione organizzata, il pressing sembra sempre nascere da iniziative individuali, non sembrano ancora esistere alternative al lancio da dietro di Bonucci o al cross di Cuadrado, che rappresentano l’unica parvenza di organizzazione in una squadra che viaggia quasi esclusivamente su spunti individuali. Si naviga a vista. Esattamente come nella scorsa stagione, la partita successiva toglie le certezze che l’incontro precedente sembrava aver regalato. 
Forse la rosa è veramente sopravvalutata, forse non esiste quel potenziale che eravamo convinti di avere, anche se rimane difficile credere che questi giocatori non siano in grado di battere Udinese, Empoli, Sassuolo e Verona. Il tempo degli esperimenti è ormai finito. Proseguendo su questa china, la squadra rischia di sprofondare ulteriormente. Allegri scelga ora un sistema di gioco, che possibilmente non cambi tra fase offensiva e fase difensiva, scelga gli uomini più adatti ad interpretarlo, nel rispetto delle loro caratteristiche tecniche, e segua quella strada per almeno una serie di partite. 
I prossimi incontri casalinghi contro Zenit e Fiorentina, offrono alla Juventus l’opportunità di trovare finalmente un binario sul quale raddrizzare, nei limiti del possibile, questa stagione. La clessidra sta esaurendo gli ultimi granelli di sabbia. I fantasmi della scorsa annata bussano alle porte della Continassa con sempre maggiore insistenza.