Nel 1991, nella finale di Bari del 29 maggio, la grande Stella Rossa di Belgrado di Savićević, Prosinečki e Pančev ha vinto la Coppa dei Campioni, battendo una squadra, quella del Marsiglia, con stelle come Jean-Pierre Papin, Abedi Pele e Chris Waddle. È probabilmente l’era migliore di sempre per il calcio dei Balcani. Nel frattempo però, il loro paese si stava lacerando a causa di secoli di divisioni etniche e religiose. I problemi iniziarono in Slovenia, anche se in realtà la guerra jugoslava - che divenne un termine generico per le guerre nei Balcani negli anni '90 - fu quasi inevitabile quando Josip Broz Tito morì nel 1980. Da quel giorno in poi, nulla sarebbe stato lo stesso in Jugoslavia. Per comprendere la guerra in Jugoslavia bisogna dire che sotto Tito il nazionalismo in Jugoslavia era stato spietatamente represso dopo l'ascesa al potere dei comunisti dopo la seconda guerra mondiale. Di conseguenza, Tito aveva tenuto insieme i paesi turbolenti nei Balcani attraverso la sua politica di “Fratellanza e Unità”. Con la morte di Tito, il collante che conteneva le nazioni costituenti la Jugoslavia era sparito e cominciarono a comparire le crepe. Fu alla fine degli anni '80 che Slobodan Milošević fece la sua ascesa al potere.

Nel 1987, Milošević fu inviato in Kosovo al fine di dissipare una disputa tra serbi e albanesi. Durante un incontro con i leader locali Milošević inizialmente mantenne una posizione coerente con quella del Partito, rassicurando la folla che si è era al corrente della loro situazione ma senza entrare nel merito della questione. Successivamente però acconsentì ad un incontro faccia a faccia con alcuni rappresentanti della minoranza serba in Kosovo, creando una frattura - che poi sarà insanabile - con la politica di Fratellanza e Unità di Tito che aveva sempre rifiutato un dialogo con i movimenti nazionalisti della Jugoslavia. Quando, in una clima di forte tensione, i serbi dissero a Milošević che erano stati picchiati dalla polizia, egli pronuncerà un discorso che susciterà scalpore e sostegno popolare, sostenendo che “nessuno vi picchierà più!”. Questo momento ha creato un mito dietro Milošević e ha contribuito a innescare il nazionalismo serbo. Nel 1989 Milošević era il presidente della Serbia e l'uomo più potente della Jugoslavia.

Nel frattempo, in Croazia, era iniziato un potente movimento indipendentista, spronato dalle proprie forme di nazionalismo. Durante le elezioni croate del 1990, il candidato indipendentista - e leader dell'HDZ - Franjo Tudman fu eletto presidente, portando i croati direttamente in conflitto con la Serbia. Nel 1991 ebbe iniziò la Guerra d'indipendenza croata e la maggior parte del Paese fu gravemente coinvolto nel conflitto, con diverse città e villaggi pesantemente danneggiati nel corso dei combattimenti, mentre l'intera popolazione fu costretta a fronteggiare l'impatto creato da centinaia di migliaia di rifugiati. Gli eventi poi hanno cominciato ad accelerare; nello stesso anno, nel 1991, anche la Slovenia lasciò la Jugoslavia, dando inizio alla guerra dei dieci giorni. Mentre gli sloveni tentavano di muoversi verso l'indipendenza, l'esercito jugoslavo - in gran parte guidato dalla Serbia, e quindi da Milošević - entrò in conflitto con la Slovenia. La guerra fu portata a termine con un negoziato, ma nel 1992 la Slovenia sarebbe stata ufficialmente riconosciuta come un paese indipendente, non più uno stato jugoslavo.

Con lo svilupparsi della Guerra d'indipendenza croata, le tensioni etniche all'interno della Bosnia-Erzegovina esplodevano e i croati bosniaci, i serbi bosniaci e i bosniaci erano tutti in guerra l'uno con l'altro. La guerra si era ora diffusa in tutti i territori dell'ex Jugoslavia. Il mondo che aveva assistito alla fine della Guerra Fredda e l'ascesa della democrazia nell'Europa orientale, pochi anni prima, ora guardavano mentre continuava il bagno di sangue nei Balcani. I combattimenti furono barbari da tutte le parti, ma la grande maggioranza degli orrori e dei crimini di guerra furono perpetrati in Bosnia. Alla fine della guerra, nel 1995, con la firma di un trattato di pace, la Jugoslavia come idea di unire tutti gli stati slavi in un solo paese era morta. Naturalmente, la nazione continuerà a frammentarsi dopo l'accordo di Dayton, portando agli attuali stati indipendenti di Serbia, Kosovo, Croazia, Slovenia, Montenegro, Macedonia e Bosnia ed Erzegovina. Per inquadrare la cosa in un senso calcistico, comunque, senza voler banalizzare le orribili azioni e gli effetti delle guerre in Jugoslavia, la grande tragedia è stata la divisione avvenuta nei primi anni '90, e in particolare dall'indipendenza della Croazia. Probabilmente queste divisioni hanno rubato il calcio a una delle più grandi squadre internazionali che il mondo avrebbe mai visto.

Infatti, nonostante il corso negativo del paese, la Jugoslavia stava vivendo la sua età dell'oro nello sport allo stesso tempo. La squadra di basket allenata da Dušan Ivković aveva vinto l'argento alle Olimpiadi del 1988 e l'oro all'Europeo di Basket del 1989 e alla Coppa del Mondo del 1990. Monica Seles, che ha vinto diversi tornei del Grande Slam nei primi anni '90 era in testa alla classifica WTA, ed era jugoslava (successivamente fu naturalizzata statunitense). Mentre nel calcio, la vittoria della la Jugoslavia nel campionato mondiale di calcio Under-20 della FIFA, tenutosi in Cile, ha dimostrato che il futuro del calcio jugoslavo era brillante. Originariamente, il team era stato inviato solo per fare numero dal momento che molti giocatori chiave come Aleksandar Dordević, Igor Berecko, Dejan Vukićević, Igor Pejović, Seho Sabotić e Boban Babunski erano squalificati o infortunati, mentre a Siniša Mihajlović, Vladimir Jugović e Alen Bokšić fu prospettato un maggiore guadagno giocando nella prima lega jugoslava. La Stella Rossa decise di voler indietro Robert Prosinečki ma dopo una sentenza sfavorevole della FIFA dovette cedere e divenne uno dei migliori giocatori del torneo. Tuttavia, questa non era una squadra solamente fatta di spiccate individualità. Prosinečki fu anche aiutato da giocatori come Zvonimir Boban, Davor Šuker, Robert Jarni e Predrag Mijatović. Sfidando ogni aspettativa da parte dei funzionari jugoslavi, le giovani star finirono facilmente in cima a un gruppo che comprendeva Cile, Australia e Togo. Era una squadra di carattere, un aspetto comune degli slavi. Nei quarti di finale affrontarono il potente Brasile – ironico per un certo verso, poiché gli jugoslavi erano stati precedentemente indicati come i brasiliani d'Europa - e li sconfissero per 2-1 con i gol di Mijatović e Prosinečki, andando poi ad affrontare la Germania dell'Est in semifinale. Ancora un 2-1 a proprio favore grazie ai gol di Igor Štimac e Šuker. La Germania Ovest, allenata da Berti Vogts e con Andreas Möller come giocatore, fu battuta ai rigori, proprio come la Stella Rossa che sconfisse il Marsiglia nel successivo trionfo della Coppa dei Campioni, in finale. In quel periodo la Jugoslavia aveva la migliore squadra di calcio sulla Terra. Tuttavia, come nazione, la Jugoslavia non ne ha mai raccolto i frutti.

Nei Mondiali del 1990, in Italia, la Jugoslavia partecipò con un mix di giocatori esperti e alcuni dei migliori giovani che si erano distinti tre anni prima nell’Uder 20. Tuttavia, mancava un nome importante. Zvonimir Boban, che era ampiamente considerato il calciatore più talentuoso del paese, non fu incluso a causa di un incidente verificatosi prima di una partita tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa. Le tensioni tra serbi e croati nel paese si erano diffuse fino allo stadio Maksimir e ciò che accadeva sul campo era un'immagine speculare di ciò che stava accadendo nel paese in generale. Željko ‘Arkan’ Ražnatović, che in seguito sarebbe stato giudicato un criminale di guerra, era il leader dei fan della Stella Rossa. La Dinamo era la squadra preferita di Franjo Tudman, che avrebbe continuato a governare la Croazia dal 1991 in poi. La tensione era inevitabile. Nonostante la partita giocata a Zagabria, le forze di sicurezza erano costituite da agenti di polizia serbi. Invece di impedire lo scontro tra serbi e croati sugli spalti, gli agenti sostennero la parte serba e causarono un'escalation degli eventi. Boban diede un calcio a un poliziotto che stava cercando di attaccare i sostenitori della Dinamo sul campo, diventando in seguito un simbolo per la Croazia. Le sue azioni ebbero un impatto importante sulla sua carriera internazionale. La Federazione di calcio jugoslava lo sospese per sei mesi; di conseguenza, non fu selezionato per la Coppa del Mondo del 1990. La partita Dinamo Zagabria-Stella Rossa fu considerata da molti l'inizio della guerra civile jugoslava. Ciò che Boban in seguito disse sull'incidente sembra sostenere questa opinione. Quel giorno rischiò tutto: la sua vita, la sua carriera e tutta la fama derivante dal calcio. Ma rischiò tutto per la Croazia. Comunque, nonostante la mancanza di Boban ed il morale basso per le tensioni nel paese, la Jugoslavia ottenne risultati migliori del previsto ai Mondiali del 1990, raggiungendo i quarti di finale. Misero a dura prova l'Argentina prima di essere stati eliminati solamente ai calci di rigore. Questo non era l'ultimo torneo a cui avrebbe partecipato la squadra jugoslava, ma era l'ultima volta che nella squadra nazionale coesistevano giocatori serbi, croati, bosniaci, sloveni e montenegrini. Gli eventi che si sarebbero svolti entro un anno fecero in modo che questi giocatori non abbiano mai più giocato di nuovo insieme.

Dopo aver goduto di un discreto successo alla Coppa del Mondo del 1990, la Jugoslavia ora si preparava per Euro 92. Per questa occasione il tecnico Ivica Osim aveva l'opportunità di selezionare un'intera squadra da un club che aveva appena vinto la Coppa dei Campioni, ovvero la Stella Rossa (oltre al rumeno Miodrag Belodedici, tutti i loro giocatori erano jugoslavi e giocavano a livello nazionale). Allo stesso tempo, i giocatori jugoslavi avevano iniziato a trasferirsi nei maggiori club europei. Il primo trasferimento di questo tipo vide Boban andare al Milan, una delle migliori squadre dell'epoca, nell'estate del 1990. Lo stesso anno Dragan Stojković iniziò a giocare per Marsiglia. Nel 1991, Davor Šuker si trasferì a Siviglia, Jarni a Bari e Prosinečki al Real Madrid. Tuttavia, nell'estate del 1991, i disordini politici avevano raggiunto il picco e, nel giro di pochi mesi, iniziò la disintegrazione della Jugoslavia e, di default, anche dela squadra nazionale. Il 1° giugno 1992, solo 10 giorni prima del torneo, le Nazioni Unite imposero sanzioni alla Jugoslavia, che includevano l'esclusione dagli eventi sportivi. Dovendo rispettare le sanzioni, la UEFA escluse la Jugoslavia da Euro 92. Inoltre, la Jugoslavia non avrebbe potuto partecipare alle qualificazioni per la Coppa del Mondo del 1994, che sarebbe iniziata in autunno. Ciò significava che Osim ed i suoi giocatori non avrebbero più potuto partecipare ai tornei internazionali. Al posto della Jugoslavia fu chiamata la Danimarca, seconda nel girone di qualificazione. Arrivati quasi completamente impreparati e senza il loro miglior giocatore, Michael Laudrup, la Danimarca sorprendentemente vinse il torneo battendo la Germania in finale e i componenti di quella squadra divennero gli eroi inaspettati di uno degli episodi più intriganti nella storia del calcio europeo. Se la Jugoslavia avesse giocato al posto della Danimarca, avrebbero ottenuto lo stesso risultato? Molti la pensano così.

Naturalmente, se il paese fosse rimasto unito, si presume che i giocatori chiave della squadra vincitrice del Mondiale Under 20 sarebbero diventati titolari stabili della squadra nazionale jugoslava intorno al periodo della Coppa del Mondo del 1994, quando avrebbero avuto tra i 25/26 anni e sarebbero stati al culmine della loro carriera. Inoltre, se si considera che a questi si sarebbero aggiunti nomi come Savićević, Darko Pančev, Mihajlović, Stojković e Katanec, si intuisce la tragedia calcistica che non ha mai permesso loro di coesistere come squadra. Se il paese si fosse tenuto insieme e unito, sono sicuro che quella squadra di calcio avrebbe schiacciato il mondo. Immaginate un centrocampo con Boban, Prosinečki, Savićević e Stojković che supportano un attacco con Pančev, Bokšić e Šuker. Fantasia, creatività, potenza ed esplosività fisica: sarebbe stato indubbiamente intrigante guardarli giocare insieme.

La Croazia raccolse l’eredità calcistica della Jugoslavia. Si qualificò a Euro 96 e nella fase finale affrontò nel girone Portogallo, Danimarca e Turchia nel gruppo D. La seconda partita del gruppo tra Croazia e Danimarca è stata di importanza storica. La Danimarca aveva partecipato al torneo precedente invece della Jugoslavia e aveva continuato a vincere, ma fu sconfitta per 3-0 dalla Croazia, con reti segnate dall'ex nazionale jugoslavo Šuker e Boban. La Croazia fu eliminata dal torneo nei quarti di finale dalla Germania, ma dimostrò di essere una squadra di livello mondiale.

La nazione di “ciò che sarebbe potuto essere” circonda il calcio nei Balcani dopo il crollo della Jugoslavia. Inoltre, nessuna ex nazione jugoslava ha mai partecipato a Euro 92 o alle finali della Coppa del Mondo del 1994 negli Stati Uniti. Quindi, per vedere il vero potenziale di quello che questa generazione speciale del calcio jugoslavo avrebbe potuto diventare abbiamo un unica prova a disposizione: la Coppa del Mondo 1998 in Francia. È ben ricordare che la Croazia - che per la prima volta partecipò alle fasi finali - è finita al terzo posto, battendo l'Olanda nella finalina con una squadra che comprendeva Prosinečki, Boban, Jarni, Bokšić e Šuker. La Croazia è stata la squadra a sorpresa del torneo e fece clamore la vittoria contro la Germania per 3-0 nei quarti di finale in una gara che ricordava la finale nel 1987. La Germania era allenata da Vogts, con Möller in squadra, mentre la Croazia schierava Jarni, Stimać, Boban, Šuker e Prosinečki dei giovani campioni di un decennio prima. Inoltre, forse è ampiamente dimenticato che la Jugoslavia - di fatto composta all’epoca dalla solo Serbia e dal Montenegro - arrivò agli ottavi prima di essere battuta proprio dai semifinalisti dell'Olanda, con una squadra che vantava Stojković, Mijatović, Mihajlović e Dejan Savićević. Il che significa che sia la terza (con diversi svantaggi e polemiche per l’arbitraggio contro la Francia in semifinale) che una squadra arrivata agli ottavi sono state - per molti - della stessa nazione: la Jugoslavia. Insieme avrebbero vinto?

Tuttavia, alcune di quelle stelle erano in declino a Francia 98. In realtà, il 1998 non fu l'anno migliore per il calcio jugoslavo. Savićević, in particolare, al suo apice e uno dei migliori centrocampisti offensivi nel mondo del calcio, ha giocato solo due partite per la Jugoslavia in Francia. Anche un altro grande centrocampista offensivo, Dragan Stojković, stava arrivando al crepuscolo della sua carriera internazionale, facendo la sua ultima apparizione nel 2001. Inoltre, Darko Pančev, l'eroe del trionfo della Coppa Campioni per la Stella Rossa, giocò per la squadra nazionale della Macedonia in quel periodo e, di conseguenza, non ha mai nemmeno giocato ai Mondiali del 1998. La vetta di Pančev risaliva ai primi anni '90 e, nonostante il suo scarso idillio con l’Inter, avrebbe coinciso con la Coppa del Mondo del 1994 in America. Purtroppo tutto questo, come per il resto della sua generazione, non fu colpa sua.

USA 94 non può essere considerato uno dei più grandi campionati del mondo poiché, anche se l'Italia e il Brasile erano squadre meritevoli di essere in finale, i semifinalisti erano delle vere sorprese: la Bulgaria - guidati dall’attaccante del Barcellona Hristo Stoichkov - e la Svezia. Se ci fosse stata una nazionale della Jugoslavia nella Coppa del Mondo del 1994 si sarebbero avuti un gran numero di talenti di livello mondiale riuniti in una unica squadra. Solo per divertimento, ecco una breve lista: Zvonimir Boban, Davor Šuker, Robert Jarni, Predrag Mijatovic, Dragan Stojković, Dejan Savićević, Darko Pančev, Robert Prosinečki, Refik Šabanadžović, Alen Bokšić, Siniša Mihajlović e Vladimir Jugović. Questi erano alcuni dei migliori calciatori non solo in Jugoslavia, ma in Europa. È difficile credere che non avrebbero almeno fatto le semifinali. Quando si pensa che la Svezia e la Bulgaria furono le squadre terze e quarte, si deve presumere che una ipotetica Jugoslavia del 1994 avrebbe almeno sfidato loro. Ma questo non lo sapremo mai. Si può solo immaginare cosa sarebbe successo nello sport se la Jugoslavia non fosse andata verso il suo collasso. Proprio come la squadra di pallacanestro di Dražen Petrović e Vlade Divac non ha mai realizzato il suo potenziale, non sapremo mai quanto sarebbe stata forte la squadra di calcio. Gli unici indizi che abbiamo sono le loro prestazioni a livello di club e di nazionali (separate ed indipendenti tra loro) che hanno particolarmente brillato durante quell’era.

Alcune squadre hanno lasciato il loro marchio in diversi tornei. L'Ungheria del 1954 e l'Olanda del 1974 erano arrivate fino alla finale dei Mondiali, ma poi persero contro la Germania Ovest. Nel 1982, quella che è stata considerata la migliore squadra nazionale brasiliana di sempre con Zico e Socrates ha perso contro l'Italia di Paolo Rossi. Anche la Jugoslavia può essere considerata tra queste sfortunate squadre. Se non fosse stato per la guerra civile, potrebbero aver lasciato il loro marchio a Euro 92 e in tutti gli anni '90. Solo che non sono stati degli avversari a sconfiggerli, ma è stata la storia. Possiamo solo immaginare e sognare. Questa frase incarna la Jugoslavia e la squadra di calcio che il mondo intero ha perso. Sarebbe stato fantastico!