Succede che a volte sembri quasi necessario distaccarsi dal calcio come forma di gioco, divertimento, intrattenimento puro, per ricalibrare la mira su questioni che col gioco più bello del mondo c’entrano davvero poco ma, ahinoi, ne fanno inevitabilmente parte.

Succede che oggi, 7 novembre 2017, l’avvocato Giussani – legale del Presidente De Laurentiis –, uscendo dagli uffici della Filmauro dopo una breve riunione con il Procuratore Federale Giuseppe Pecoraro, annunci che le accuse di collusione con esponenti della Camorra, mosse dall’accusa nei confronti del suddetto Presidente De Laurentiis, siano definitivamente cadute. Buon per lui, direte voi. Eh sì, buon per lui.

Riavvolgiamo il nastro
Siamo al 25 settembre 2017 e Andrea Agnelli, Presidente della Juventus FC, viene condannato ad un anno di inibizione e un’ammenda personale di 20 mila euro da aggiungersi agli altri 300 mila addebitati alla Juventus FC, per aver intrattenuto rapporti “loschi” con esponenti ultrà vicini alle sirene della malavita. La condanna sembra un macigno, ma sicuramente risulta più agevole rispetto a quella richiesta dall’accusa (due anni e mezzo per Agnelli e due partite a porte chiuse per la Juve).

Accusa rappresentata, nella fattispecie, dal Procuratore Federale Giuseppe Pecoraro.
Sì, lo stesso Giuseppe Pecoraro che oggi, dopo una chiacchierata di soli 5 minuti con De Laurentiis e il suo Avvocato, ha avuto la lucidità di stabilire che le accuse rivolte a carico del Presidentissimo partenopeo “sembravano infondate”. Sì, lo stesso Giuseppe Pecoraro, nato il 20 marzo 1950 a Palma Campania, Napoli, che andò addirittura contro le deduzioni della magistratura pur di dimostrare la colpevolezza di Andrea Agnelli per “aver agevolato e, in qualche modo avallato, o comunque non impedito” rapporti di favoreggiamento tra società ed ultrà. Ovviamente la società e il suo Presidente, “non potevano non sapere” che alcuni di quegli ultrà fossero presunti affiliati alla ‘ndrangheta.

“Non poteva non sapere”.

Riavvolgiamo il nastro? Questa volta no, non ce n’è bisogno.
Presunti ‘ndranghetisti che ricevono biglietti dalla società costano alla Juventus FC nella figura del suo Presidente una pena esemplare, contro una totale assoluzione per camorristi a bordo campo intenti a godersi il calcio champagne del Napoli.

Ora, non è né il mio lavoro né il mio compito valutare le procedure e la struttura della giustizia italiana, ma sembra evidente che ci sia qualcosa di strano in tutto questo. E qualcosa di pericolosamente familiare.

Lascio a voi ogni giudizio, e vi saluto con un quesito che sconfina l’ambito dello sport prendendo delle sembianze ancora più grandi e importanti, una riflessione da affrontare in maniera sana e ponderata: ma in che Paese viviamo?

C’è un detto milanese che recita:
“A pensà mal se faa maa, ma se sbaglia mai.”
A pensare male si fa peccato, ma non si sbaglia mai.