In tanti pensavano o speravano di iniziare la stagione calcistica 2020/2021 a stadi aperti ma il Coronavirus, con la sua seconda ondata di contagi, costringe i governi d’Europa a tenere le porte chiuse. Decisione che pesa come un macigno per staff, tifosi e giocatori, una stagione così vuota non si era mai vista; il calcio, una macchina all’apparenza inarrestabile, è stato messo alle strette come tanti altri settori. La ripresa del campionato e della Champions ed Europa league quest’estate, ha placato un poco gli animi ma la “voglia di stadio” resta, e a soffrirne sono anche le casse di tutta Europa. 

Sicuramente questa pandemia ha generato molteplici riflessioni toccando svariati ambiti: il mercato, l’organizzazione e la struttura dei campionati, la gestione delle emergenze, gli stadi, i tifosi, i social e molti altri. Qui è stata misurata la capacità di problem solving dei comitati, andavano trovate soluzioni veloci ed efficaci per non buttare all’aria un'intera stagione. Ci sono riusciti? Difficile rispondere con fermezza, forse sì, se guardiamo alla messa in atto dello svolgimento delle competizioni, un po meno se si valutano questioni più economiche dei club.

Prendendo esempi di altri sport, si è rivelata efficace la Bolla della NBA, come anche quella dell’International Swimming League a Budapest che terminerà il 16 novembre, ma sono esempi che non possono essere presi e replicati allo stesso modo per Champions ed Europa League. I campionati nazionali devono continuare i loro percorsi non possono essere destrutturati ancor più di quanto si è dovuto fare finora, impensabile quindi un unico stop troppo lungo per permettere lo svolgimento delle gare europee. Anche gli Europei stessi, già posticipati alla prossima estate, devono trovare pace ed essere disputati. 

Nonostante lo scorso agosto abbiamo assistito alla final eight a porte chiuse, Lisbona è riuscita ad avere incassi notevoli grazie all’esposizione mediatica per ben 12 giorni. Infatti, nonostante le restrizioni, anche se allentate durante il periodo estivo, molti tifosi si sono comunque spostati per questo grande evento, generando turismo per la città e quindi beneficiando sullo status economico. Certo che il rischio di un'impennata di contagi c’era e, ad oggi, non tutte le città europee sarebbero ben disposte ad assumersi tale rischio se si arrivasse alla conclusione di contenere l’evento in una bolla per un periodo prolungato.
Con uno stop al campionato di 3 mesi in primavera e la nuova stagione alle porte, non si poteva fare altrimenti, ma ora che abbiamo chiara la situazione e tempo per elaborare un piano efficace, bisogna calarsi nella realtà e trovare soluzioni che permettano un ritorno alla normalità, se di normalità si può parlare, che non vuol dire rendere l’evento meno appetibile, può anche essere che da queste decisioni scaturiscano nuove idee interessanti per il futuro.

Immaginiamo ora i vari scenari che possono verificarsi quest’anno:

  •  il primo, quello a cui si spera di non arrivare, è quello dello stop alle competizioni di ogni genere;

  • il secondo, il più immaginabile, la pandemia non da segni di arresto, gli stadi restano chiusi al pubblico ma le competizioni possono procedere a porte chiuse

  •  il terzo, quello più desiderato, la pandemia si ferma o viene trovato un vaccino che pian piano riporta tutto alla normalità.

 Quali potrebbero essere le soluzioni dei primi due scenari?

  • nel primo caso, se lo stop dovesse ripresentarsi nella prima parte dell’anno, la competizione slitterebbe di nuovo nel periodo estivo con accorgimenti rispetto all’edizione passata, cercando di incastrare il tutto anche con gli Europei 2021; 

  • il secondo scenario invece potrebbe svilupparsi nel seguente modo, dedicando una settimana al mese (dagli ottavi in poi) per disputare la Champions League. Mantenendo lo schema andata e ritorno solo per la fase degli ottavi, si potrebbero disputare le gare di andata nella prima settimana di Febbraio conciliando 8 partite in 7 giorni (es. 2 martedì, 2 mercoledì, 2 giovedì e 2 venerdì, ore 18:00 e ore 21:00). Successivamente, giocare le partite di ritorno la prima settimana di marzo nella stessa modalità. La distanza di un mese dalle gare di andata permetterebbe ai club di recuperare la partita persa dei rispettivi campionati nazionali, aggiustare eventuali problemi logistici e di smaltire nuove positività dei giocatori. Inoltre la proposta di giocare in 8 stadi anziché sceglierne uno/due in una bolla, scaturisce da un quesito: è meglio far spostare 16 squadre in una città e mobilitare quindi il sistema di quella città per accogliere tutti, con il rischio che anche i tifosi stessi si spostino pur senza poter entrare allo stadio, o meglio muovere solo 8 squadre a febbraio e 8 a marzo in diverse città in modo tale che il carico di persone sia minore e più gestibile dalle città coinvolte? Entrambe le soluzioni hanno pro e contro ma ritengo più opportuna la seconda. Dalla fase dei quarti di finale, fino alla finale stessa, la proposta è quella di disputare partite ad eliminazione diretta: finalizzando le 4 partite dei quarti di finale nella settimana dal 12 al 18 aprile in 2 stadi neutri in due diverse città (scegliendo sia in base alla situazione pandemica sia basandosi su quale città sia riuscita a gestire meglio la fase degli ottavi). Avendo a che fare con 8 squadre, il carico di 4 su una città e 4 sull’altra risulterebbe comunque più gestibile rispetto alle 16 degli ottavi. Successivamente nello stesso modo dei quarti, disputare le semifinali o in un’unica città o in due città differenti nella settimana tra il 10 e il 16 di maggio e la finale, come già concordato, sabato 29 maggio ad Istanbul. 

Naturalmente, se alla volta di aprile/maggio, la situazione pandemica va verso il miglioramento, si deve anche valutare un’eventuale decisione di apertura degli stadi ai tifosi e, la distanza temporale tra una fase e l’altra, aiuterebbe nella presa di decisioni (nel caso in cui gli ottavi di andata si giochino a porte chiuse, anche quelli di ritorno devono rispettare la stessa modalità per essere imparziali, nonostante ci possa essere la possibilità di apertura degli stadi).

Questa mia proposta quindi garantirebbe una giusta dose di Champions tra i mesi di febbraio e maggio, dando la possibilità alle competizioni nazionali di continuare e salvaguardando gli Europei di giugno/luglio.