Non si fa che parlare di altro. Dal triplice fischio dell'arbitro spagnolo Lahoz, l'Italia calcistica si è accartocciata su se stessa e sui suoi enormi limiti. Quelli di un movimento che di benzina non ne ha più, complice un motore che, in quanto vecchio e malandato, necessita di essere sostituito. Dalle poltrone di chi comanda, a chi indossa gli scarpini e scende in campo.

Quando si parla di rifondazione non si sbaglia: la Nazionale Italiana, quella delle quattro stelle cucite in petto, dev'essere demolita e riprogettata da architetti e ingegneri all'altezza della situazione e della eccellente tradizione calcistica. E non si dimentichino i muratori, elementi fondamentali nella realizzazione delle grandi opere.

Che peccato, però, a pensarci bene. Sì, perché il potenziale umano di questa Nazionale non era poi così male. E' vero: si dirà che l'Italia è un paese per vecchi, ma è pur vero che il Bel Paese è da sempre stata patria di giovani artisti ricchi di talento.
Come gli Insigne, i Bernardeschi, i Rugani, ma anche i Florenzi e i Darmian. Calciatori che - ahinoi - non saranno fanciulli ai Mondiali del 2022 (ai quali, si spera, l'Italia ci arriverà in carrozza, per lavare l'onta della Russia).
La sconfitta di Stoccolma e il pareggio ad occhiali di Milano hanno letteralmente bruciato un'intera generazione d'oro. Basti pensare che l'età media dei nostri prodigi attuali, nel 2022, si aggirerà intorno ai 30 anni. 

Ma facciamo degli esempi: Immobile, cannoniere azzurro dell'era Ventura, a 32 anni avrà gli stessi spunti di oggi? E Florenzi? Tuttocampista infaticabile che fa della corsa il suo forte, di anni ne avrà 31, età in cui il passo si fa più indeciso. E Bernardeschi, Conti, Caldara, Rugani, Berardi, tutti futuri 28enni. Il migliore a Stoccolma, Darmian, avrà probabilmente appeso gli scarpini al chiodo, con le sue 35 primavere. 

La speranza resta pur sempre l'ultima a spirare, ma una cosa è certa: il tonfo di Ventura ha aperto un buco nero dal quale sarà dura uscire.