Dopo otto giornate di campionato e due partite del girone di Champions, la Juventus si ritrova in testa alla classifica con sette vittorie ed un pareggio in campionato e una vittoria e un pareggio in Champions. E’ indubbiamente un notevole ruolino di marcia, sebbene non sia una novità in casa bianconera.

La novità sarebbe rappresentata dal fatto che – secondo tantissimi tifosi (convertiti al Sarrismo dopo un iniziale scettiscismo all’annuncio del nuovo allenatore), illuminati giornalisti ed illustri opinionisti – la Juve ora esprime un gioco nuovo, d’attacco e i risultati sono appunto soltanto la logica conseguenza di quanto prodotto sul campo.

Mi permetto di dissentire, almeno parzialmente con queste considerazioni.

Se andiamo ad analizzare le prime otto giornate di Campionato, occorre riconoscere che i risultati conseguiti sono stati, anche e soprattutto (come peraltro sempre avviene nel calcio), il frutto di ripetuti episodi favorevoli (e non mi riferisco ad eventuali discusse decisioni arbitrali, in quanto, ad oggi, non ci sono state occasioni di gioco per le quali si possa seriamente opinare in termini di regolarità).

Soltanto in due occasioni (Napoli e Inter) - invero le più importanti - la Juventus ha brillato per prestazione di squadra, nonostante anche in tali partite si siano verificati episodi (anche clamorosi) a noi favorevoli.
Basta soffermarsi sulle partite disputate sinora dalla Juventus, per prendere atto della ricorrenza di situazioni contingenti, che ci hanno consentito di uscire illesi o quasi dai vari confronti.

A Parma (prima di campionato), dopo un primo tempo accettabile, nei minuti finali ci siamo chiusi nella nostra area di rigore e il Parma avrebbe avuto l’occasione di pareggiare con un calcio di punizione (fuori di un niente).
In occasione di Juventus/Napoli, la prima rete è nata da un ribaltamento in esito ad un calcio d’angolo a sfavore, scaturito da una miracolosa parata di Scezny su tiro da fuori di Allan e - dopo essere riusciti nella titanica impresa di subire tre reti in venti minuti - siamo stati baciati dalla fortuna allo scadere con un’autorete da antologia di Koulibaly.
A Firenze abbiamo subito i viola per 90 minuti e tirato in porta una volta sola. A Torino, con il Verona, ribaltiamo il risultato dopo l’iniziale svantaggio ma, alla fine, sarà necessario un grande intervento di Buffon per portare a casa i tre punti; a Brescia, pareggiamo su rocambolesca autorete e passiamo in vantaggio grazie ad un gran destro di Pjanic ma nell’utimo quarto d’ora il Brescia sfiora più volte il pareggio.
In Juventus/Spal, disputiamo il peggior primo tempo della storia bianconera da trent'anni a questa parte. A Milano con l’Inter, scendiamo in campo e, nei primi 20 minuti, prendiamo a pallate gli avversari e dominiamo in modo imbarazzante nel secondo tempo. Eppure, analizzando gli episodi (e sono sempre e solo quelli che indirizzano il risultato da una parte o dall’altra), prima del nostro 1 a 2, l’Inter colpisce un palo clamoroso su tiro deviato di Vecino e sfiora il 2 a 2 sempre con Vecino a “tu per tu” con Scezny.
Infine, in Juventus/Bologna, dopo avere realizzato due reti su errori degli avversari, nei minuti finali i felsinei sfiorano il pari in almeno due occasioni (per dovere di cronaca (i) non esprimo alcun commento sul fallo di mani di De Ligt nel recupero perché solo coloro che sono palesemente in malafede possono sostenere che trattasi di intervento da punire con il calcio di rigore, (ii) sorvolo su qualsiasi considerazione in ordine al fallo su De Ligt nel primo tempo in area di rigore avversaria; sui presunti falli su Bernardeschi prima e Cuadrado poi, che hanno preceduto il pari del Bologna e sulla presunta spinta di Pjanic in occasione della seconda rete).

In Champions League l’andamento non è stato tanto diverso. A Madrid, contro l’Atletico di Simeone, dopo un primo tempo sostanzialmente equilibrato, abbiamo realizzato due reti nella ripresa con superbe azioni, ma in ripartenza e quindi con manovre che non rappresentano una novità per la Juventus. In proposito, vorrei ricordare la rete di Higuain, nella semifinale di andata di Champions a Monaco nel maggio 2017 con scambi partiti dalla propria area tra Dybala, Dani Alves e Higuain: rete da enciclopedia del calcio). Anche a Madrid, la Juve evidenzia gravi carenze in difesa, subendo due reti su azioni partite da palla ferma.

Con il Bayer Leverkusen, vinciamo in casa 3 a 0, giocando a ritmo ridotto e sfruttando gli errori degli avversari, che si segnalano, nell’occasione, per un attacco inesistente e una difesa imbarazzante.

Un’analisi critica e il più possibile oggettiva delle citate prestazioni denuncia, in primo luogo, le grandi difficoltà incontrate dalla Juventus nel reparto difensivo (che per noi rappresentano una preoccupante novità negativa), che potrebbero determinare – ove non si ponga rimedio - gravi ripercussioni nel corso della stagione, quando le partite diventeranno decisive per il raggiungimento degli obiettivi.

Come seconda considerazione, strettamente correlata alla prima, emerge che la Juventus (a parte due occasioni: Bayer e Spal) è stata incapace di chiudere gli incontri con almeno due reti di scarto, soffrendo in tutte le altre occasioni la possibile rimonta degli avversari ed evidenziando l’incapacità di “gestire” il risultato che, a differenza di quanto sembra pensare Sarri, è uno dei requisiti fondamentali per essere considerata una grande squadra.

Infine, come anticipato all’inizio dell’articolo, credo che il percorso della Juventus, sino a questo momento, sia stato contraddistinto da una notevole dose di fortuna. Auspicando che, nel prosieguo della stagione, la Dea bendata non ci abbandoni e confidando nell’esortazione virgiliana Audentes fortuna iuvat (la “fortuna aiuta gli audaci”, intendendo per “audaci” le squadre che giocano all’attacco), vorrei che anche il nostro attuale tecnico possa ripercorrere le gesta di un suo illustre predecessore, Arrigo Sacchi.

Al tecnico romagnolo fu addirittura dedicato un libro, “Il culo di Sacchi”, autore Gene Gnocchi (noto umorista, e non solo. di fede rossonera), per celebrare la dose di fortuna, che ha accompagnato il tecnico di Fusignano e che ebbe il suo apice nella partita di Belgrado del 9 novembre 1988, da tutti ricordata come la famosa “partita della nebbia”.

E’ il 9 novembre del 1988 e il Milan di Sacchi affronta il secondo turno (all’epoca la competizione era, sin dall’inizio, ad eliminazione diretta) di Coppa dei Campioni contro la Stella Rossa di Belgrado. Dopo l’1 a 1 a Milano, i rossoneri scendono in campo nella capitale slava contro una Stella Rossa, che schiera autentici fuoriclasse come Dejan Savicevic, Robert Prosinecki e Dragan Stojkovic. La partita è controllata dallo squadrone jugoslavo, cui basta un pari a reti inviolate per passare il turno. Nel Milan, manca Gullit per infortunio, che ha comunque viaggiato al seguito della squadra. Dopo lo 0-0 del primo tempo, la Stella Rossa, ad inizio ripresa passa in vantaggio con Savicevic e il Milan è in 10 per l’espulsione di Virdis. Dopo un quarto d’ora circa, l’arbitro decide di sospendere la partita in quanto il terreno di gioco è avvolto da una fitta nebbia. La partita viene rigiocata il giorno successivo e termina 1-1. Il Milan passa ai rigori e vincerà quell’anno, a Barellona, la prima Coppa dei Campioni dell’era Sacchi, contro lo Steaua di Bucarest (4 a 0).

E’ evidente che in 10 contro 11 e sotto di una rete, sarebbe stata un’impresa disperata per il Milan (senza Gullit) riprendere a trenta minuti dalla fine la partita e quindi ci sarebbe stata l’eliminazione, la mancata vittoria del Mondiale per club, la mancata partecipazione alla coppa dei campioni (rivinta) dell’anno successivo (in quanto il campionato della stagione precedente fu conquistato dal Napoli), etc. etc..

Per inciso anche l’Inter contò nella stagione del Triplete su un evento atmosferico straordinario, ovvero l’eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajokull (poi ridenominato affettuosamente dagli interisti, con il diminutivo Kekull), che, causa chiusura aeroporti, costrinse il Barcellona a raggiungere Milano, nella semifinale di andata, con un viaggio biblico in pulman di due giorni (da Barcellona a Venezia e da Venezia a Milano) con le ovvie conseguenze in termini di rendimento sul campo dei calciatori spagnoli.


Tornando ai tempi attuali, dobbiamo affermare che - per ora (in termini di fortuna bianconera) - le premesse ci sono tutte e noi juventini abbiamo il diritto/dovere di rifarci anche ad “eventi del destino”, per sfatare la nostra tradizione sfavorevole in Champions League, eventualmente con una pioggia monsonica, che sconvolga per mesi tutta Europa, salvo il capoluogo piemontese e che costringa le squadre a giocare la Champions, sempre e solo a Torino o con un attacco di influenza (denominata “La Sarriana”, una volta individuato il ceppo), che periodicamente possa decimare i 4/5 della rosa dei nostri avversari di turno.

Insomma, confido che, al termine dell’esperienza bianconera, a Maurizio Sarri possa essere dedicato un libro, dal contenuto analogo a quello scritto da Gnocchi per Sacchi, magari titolato: “Dopo il culo di Sacchi, ecco il culo di Sarri: la storia si ripete”.