Il calciomercato ha sempre fatto rima con follia, eppure questa follia, che consente la circolazione di danaro è quella che alimenta il calcio, con circuiti di danaro sempre difficili da interpretare.
Una delle operazioni storiche più clamorose, che poi non andò in porto, fu certamente quella del mitico Gigi Riva. Lo corteggiava la Roma, proprio nella sessione di calciomercato che sarà determinate per Riva. L'Italia in quel tempo era considerata quasi come una "mecca" per gli stranieri, l'Eldorado, un Paese ricco con il calcio al top del top.
Siamo nella fine degli anni '60. E l'operazione di Riva fu clamorosa, come proposta perchè oltre ad essere valutato un miliardo di lire, cifra fantascientifica per quel tempo, cifra comunque inferiore rispetto a quella proposta dall'Inter l'anno precedente, un miliardo e mezzo, venne proposto anche il completamento dello stadio nuovo del Cagliari oltre che due giocatori, il difensore Cappelli e il portiere Pizzaballa.
Insomma, immaginative oggi se nella contropartita di un acquisto di un giocatore si metta anche la costruzione di uno stadio. Eppure questa proposta fu seria, ma respinta dal Cagliari che considerò Riva incedibile.
C'era qualcosa che andava oltre il danaro. Incedibile!
E a ben vedere, perchè quella stagione fece la storia dei sardi, portando in casa cagliaritana lo scudetto. Il suo primo titolo con Riva capocannoniere, neanche a dirlo.
La SerieA aveva anche l'allenatore più pagato d'Italia ed uno dei più pagati nel mondo, Herrera, con la bellezza di 110 milioni di euro. Per superare quota un miliardo non si dovette aspettare molto. Qualche anno dopo con Savoldi prima e Paolo Rossi poi si frantumò la barriera dell'impossibile, quella di un miliardo di lire per comprare un giocatore.
Ecco, il calciomercato è sempre andato oltre e le quotazioni che sembrano folli, irraggiungibili, in realtà, lo saranno, e operazioni come quelle di Neymar, al momento la più costosa nel calciomercato moderno, sembreranno noccioline tra qualche anno, noccioline che sfamerebbero milioni di persone, ma che consentono alla macchina capitalistica del calcio di autorigenerarsi fino alla sua implosione.
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