Quando Gayà corre, così piccolo e compatto (1.72 metri), le gambe formano un mulinello: e la sua corsa è talmente instancabile che sembra spinta da una turbina

Eppure quando arriva sul fondo e sembra aver ormai compiuto il proprio dovere, ecco quel momento di bellezza estetica, così preciso e geometricamente limpido: il cross per Gayà è un gesto tecnico così naturale che gli riesce in tutti i modi: quello alto e forte che scavalca tutti, come quello di prima, a mezza altezza, che passa alle spalle della linea difensiva.

Nella 1° stagione da titolare ha realizzato ben 6 assist in campionato, gli stessi di un mostro sacro come Dani Alves al suo ultimo anno nel Barca. 

Il piede di Gayà non è da terzino sinistro, ma da un ragazzo che sognava di emulare Vicente e David Silva (e che riesce a incidere anche in fase offensiva, con poco meno di un passaggio chiave a partita in media).

In fase difensiva è difficile trovargli difetti, è un terzino puro e questo è un altro vantaggio rispetto ai suoi concorrenti: governa la diagonale da esperto, mantiene la posizione, spinge sempre il suo avversario sull’esterno, per controllarlo con il piede forte.

È disciplinato tatticamente (2.8 tackle e 2 anticipi a partita), ma la sua velocità gli permette anche di sbagliare e riparare nella stessa azione.

Nella grande tradizione dei terzini del Valencia, Gayà somiglia poco a Jordi Alba e per nulla a Bernat: sia per la velocità di base superiore, ma soprattutto per il maggior talento naturale.