Conoscere appieno il calcio e saper parlare di calcio è un’impresa proibita, un sogno nel cassetto destinato a rimanere tale.
Devi essere un eroe, devi studiare e commentare ogni sfaccettatura, perché anche il particolare nascosto dietro l’angolo può ingannare il tuo senso di orientamento e ribaltare i piani che ti eri costruito per raggiungere il successo. Ti lanci quindi in un miscuglio nel tempo, un insieme di interpretazioni che cercano di concettualizzare la forma sferica di un pallone, cominciano a svilupparsi dibattiti e alla fine tutto si conclude con la classica difesa della propria squadra. Ma per poter essere informati sul mondo del calcio c’è bisogno di sapere un po’ tutto, di capire a fondo le questioni tattiche ed economiche, ma soprattutto di attivare un confine temporale degno di nota.

Mi è successo molto spesso, riguardando i filmati in bianco e nero di una generazione ormai passata e trovando all’interno di ognuno di essi un po’ di pazzia sportiva, perché quel calcio distante dalla mia visione del mondo si distaccava dalle regole supreme dei nostri campionati; ma la saggezza di mio nonno, conoscitore di alcune dinamiche passate mi è servita a legare con un filo molto spesso alcuni elementi del passato con i pezzi pregiati del palcoscenico sportivo attuale. Mi trovavo a tavola con i parenti e tra una frase e l’altra, l’argomento calcio si è insediato alla perfezione. Mi chiedono con molto sarcasmo: ma tu che ne pensi di questa Inter? Comincio a dire la mia, ma non so per quale motivo la conversazione si sposta su un altro argomento, sul valore del paragone e su quella figura retorica studiata nelle scuole che prende il nome di analogia. E qui, puntando gli occhi sulle prestazioni di Keità Baldè, attaccante dell’Inter, viene fuori una suggestione, un eco nel vento e una somiglianza stilistica in un ex calciatore nerazzurro che verso la fine degli anni sessanta vestiva la casacca del biscione, Jair da Costa.

Nato nel 1940 a Santo Andrè, il brasiliano si impose nell’adrenalina dei tifosi che in quell'arco di tempo popolavano il Meazza in un periodo assai particolare; siamo nel centro degli anni 60, in un’epoca diversa, ma degna dello sport visto come passione e svago.
Sulla panchina nerazzurra sedeva Helenio Herrera, difensivista puro animato dalla coesione di un gruppo di uomini disposti a gettarsi nel fuoco pur di accontentarlo. E tra questi spiccava proprio la figura di Jair, numero 7 e ala dalle grandi falcate, dotata anche di un tiro potente in grado di stravolgere la muraglia nemica che si accasciava ai suoi piedi pur di non farlo partire.
Insomma, un velocista da autostrada che ottenne consensi da tutti e dimostrò che i portatori di quella famosa ginga brasiliana non dovevano battere l’occhio al football europeo, ma identificarsi nel proprio io, perché solo così i trofei sognati potevano avvicinarsi ed essere palpati dalla mano del vincente. E queste coppe furono osannate al cielo perché proprio nella stagione 63-64 l’Inter del mago conquistò la prima Coppa dei Campioni grazie anche alle corse di Jair, che segnò il primo gol nerazzurro nella competizione. Un vincente degno del blasone Inter, che riuscì a ritagliarsi le giuste ricompense nell’albo d’oro interista anche grazie alle numerose battaglie vinte sul campo.

Ripercorrendo i filmati in bianco e nero di quell’epoca, noto in effetti qualche somiglianza con l’attuale ala nerazzurra, Keità Balde. Un’empatia dovuta forse ad un qualcosa di inconscio che si identifica nella corsa del senegalese, pescato a più riprese dai filtranti dei centrocampisti nerazzurri, su tutti Marcelo Brozovic. Una corsa rapida, scattante e volta a lasciare sul posto l’avversario per progredire in area di rigore e calciare in porta. Un po’ come Jair diversi anni fa: il tempo recita la sua parte, il gioco del calcio si è evoluto, ma correndo dietro ad una palla viene spontaneo anche ricordare chi ha incantato e fatto ballare intere linee difensive.

Il periodo di Keità è magico per la truppa di Spalletti, ma soprattutto per un riscatto che sembra essere sempre più vicino e chissà, le grandi falcate, sognando Jair potrebbero rappresentare la chiave per tornare all’apice del successo.
Non resta altro che attendere per un Baldè che corsa dopo corsa stra diventando sempre più la freccia che all’Inter mancava da ormai troppo tempo.