“Per me la scienza fornisce una parziale spiegazione della vita.
Per quanto è possibile, la scienza è basata sui fatti,
sull’esperienza e la sperimentazione
Sono d’accordo che la fede sia essenziale per riuscire nella vita
Dal mio punto di vista, la fede sta nella convinzione 
che, facendo del nostro meglio
,
ci avvicineremo di più all’obiettivo e che l’obiettivo

 (il miglioramento di tutto il genere umano, presente e futuro) sia un bene degno di essere perseguito.”
Rosalind Franklin (da una lettera al padre)

Cambridge 28 febbraio 1953
L’eco dell’ ultimo rintocco delle campane della Cappella del King’s College non si era ancora dissolto nell’aria, quando giù per le scale del Cavendish Physics Laboratory dell'Università di Cambridge, si precipitarono due uomini in camice bianco che urlavano festanti la loro gioia.  “Ce l’abbiamo fatta gridavanola struttura del Dna non è più un misterospiegavano ai colleghi accorsi numerosi, richiamati dalle grida di gioia. Una scena, decisamente in contrasto, con l’atmosfera immersa nel silenzio dei secoli di questa cittadina che ospita uno degli atenei più prestigiosi e famosi del mondo.
Un tempio di studio e conoscenza da più di 700 anni. La prestigiosa Cambridge University circondata da edifici, dalle eleganti facciate e chiese antichissime che si specchiano nelle acque del fiume Cam, che attraversa la città. Atmosfere ricche di mistero e luoghi medievali che al turista rammentano le scene più suggestive del film “Il nome della rosa”Qui, nel 1669, all’età di 27 anni, Isaac Newton iniziò la sua carriera di docente di matematica. Nel 1871, tra queste secolari mura, fu fondato il laboratorio Cavendish, che prende nome dal fisico che effettuò la prima misura della costante di gravitazione universale. James Maxwell, lo scopritore dell’elettromagnetismo, fu il primo professore di fisica sperimentale al Cavendish. Nel 1897, sempre in questo stesso laboratorio,J.J.Thomson con la scoperta dell’elettrone aprì la strada allo sviluppo della fisica moderna. Nelle aule dell’Università di questa cittadina, dalle armoniose proporzioni di chiese e palazzi e un incantato equilibrio tra pietra e verde, studiò Charles Darwin, che con la sua Origine delle specie, ci svelò chi siamo e da dove veniamo. Sempre qui Stephen Hawking, astrofisico,scomparso nel 2018,, elaborò la sua suggestiva teoria dei buchi neri.

L’EPOCA  DELLA BIOLOGIA MOLECOLARE
Il 25 aprile 1953,
sulla prestigiosa rivista inglese Nature, comparve un articolo, estremamente succinto, dal titolo Molecolar structure of Nucleic Acids (Struttura molecolare degli acidi nucleici n.d.r). L’articolo, annunciava al mondo, la scoperta della doppia elica del Dna.
Quel giorno iniziò l’epoca della biologia molecolare. Perché, non appena il contenuto dell’articolo fu noto, la maggior parte dei biologi, impegnati nello studio del meccanismo dell’ereditarietà, si rese conto che la genetica doveva essere pensata in termini di macromolecole portatrici di informazione ereditaria.
L’articolo recava due firme: James D.Watson e Francis Crick. I due giovani ricercatori che qualche mese prima urlarono la loro gioia tra le antiche mura del Cavendish Lab, infrangendo il silenzio secolare di un luogo che da sempre è ritenuto deposito di conoscenze e concepito per lo studio. Watson, americano, decisamente stravagante, sin da ragazzino aveva mostrato facilità nell’apprendimento. Quasi un’icona di quei ragazzi-prodigio per cui gli americani vanno matti e poi ne fanno protagonisti di trasmissioni radio o TV. Watson, infatti, non sfuggì alla regola e sin da giovanissimo ebbe il suo quarto d’ora di celebrità con la partecipazione a una trasmissione radiofonica che si chiamava The Quiz Kid.
Dopo la laurea, a 21 anni, lavorò per un periodo all’Università di Copeaghen, poi si trasferì in Inghilterra al Cavendish Lab di Cambridge. Fisicamente, appariva goffo, spilungone, con una massa di capelli che svettavano verso l’alto. Francis Crick, inglese di Northampton, dodici anni più vecchio di Watson, appariva leggermente più raffinato del suo collega yankee.
Watson, nel suo libro più controverso La doppia elica (in seguito spiegheremo perché) lo descrive come uno spaccone ficcanaso, polemico e intollerante nei confronti di chiunque tardasse ad afferrare un concetto. I suoi amici, pur considerandolo un amabilissimo commensale,non riuscirono mai a nascondere che una banalissima conversazione sullo sherry bastava a far irrompere Francis nella vita altrui.

UN QUARTETTO MAL ASSORTITO
In quegli anni, inizio anni ’50, a Cambridge ad occuparsi di Dna erano in quattro. Crick e Watson che seguivano un metodo e poi c’erano Maurice Wilkins, neozelandese, biofisico che cercava una risposta al dilemma attraverso la tecnica della diffrazione dei raggiX. Nel 1951, il direttore del King’s College, chiama Rosalind Franklin, espertissima di cristallografia, perché aiuti Wilkins nello studio della struttura del Dna.
Ma, come in tutte le vicende della vita, anche la ricerca scientifica non è fatta solo di dati e di cifre, ci sono anche le personalità dei ricercatori che non sempre sì integrano.
Così accadde tra la Franklin e Wilkins, caratteri diversi, visioni della vita e del lavoro ancor più diversi. Rosalind, la cui personalità esploreremo meglio in seguito, entrò subito in rotta di collisione con l’ambiente del King’s che si rivelò maschilista e misogino. Tanto per dare un’idea del tempi va sottolineato il fatto che il celebre college aveva due sale di ritrovo. Una per gli uomini e una per le donne. Un ‘usanza medievale. Wilkins,addirittura, vorrebbe che Rosalind diventasse la sua assistente.
Ma, la Franklin, carattere orgoglioso, ma, soprattutto preparatissima nel settore della cristallografia, non era certo venuta a Cambridge per fare da segretaria a chicchessia. Wilkins e Franklin non andarono mai d’accordo. Il primo, secondo alcuni, era geloso della giovane ricercatrice,  intimidito e risentito perché aveva corretto la sua teoria in pubblico. Crick, invece, sosteneva che all’origine del disaccordo ci fosse un aspetto psicanalitico, una faccenda di odio-amore. Insomma, Maurice era innamorato di Rosalind, ma questa lo detestava perché- sempre secondo Crick – era stupido e la stupidità urtava la sensibilità della rigorosa scienziata. Wilkins la definì dark lady.

UNA STORIA MESCHINA
Il racconto di come si è giunti a quella che è considerata la scoperta scientifica più importante degli ultimi settanta anni, non è fatto solo  di successi scientifici, improntati a una collaborazione intensa e leale tra quanti erano impegnati a comprendere il meccanismo del Dna.
C’è da rammentare anche una storia di ripicche, di rivalità, di meschinità e, quel che è più grave, l’atteggiamento verso la Franklin, che oggi, senza dubbio, definiremmo stalking, senza se e senza ma. Vicende, come questa, che somigliano a un noir che potremmo benissimo vedere al cinema o in TV hanno sempre un eroe positivo e uno cattivo. Negli ultimi anni, osservatori e divulgatori più obiettivi, hanno assegnato i ruoli. L’eroe positivo, anzi l’eroina, è senza dubbio Rosalind Franklin, mentre James Watson è sicuramente il ‘cattivo’, spalleggiato dal collega Crick. Tanto per capirci ecco come Watson descrive la Franklin, nel suo libro Doppia Elica, uscito nel 1968 .Non faceva nulla per mettere in rilievo la sua femminilità. Malgrado i lineamenti un po’ marcati non mancava di attrattive e avrebbe avuto il suo fascino se si fosse occupata un minimo del suo abbigliamento. A 31 anni vestiva con la fantasia di un’occhialuta liceale.”

LO SPREGIUDICATO WATSON
Amava dire, spesso, che la sua strada per il Nobel iniziò a Napoli nel 1951. Qui, a una conferenza, incontrò Maurice Wilkins. A quel tempo Watson era un giovanotto, brillante, senza alcun dubbio, non privo di intraprendenza, ma sicuramente arrogante. Lavorava allora all’Università di Copenaghen. Il direttore del laboratorio di Biologia, Herman Kalckar, invito lui e un’altra collega Barbara Wright  ad accompagnarlo a Napoli. Ovviamente accettò con entusiasmo. Scrisse, infatti, ai suoi genitori:”Dovrebbe essere piuttosto eccitante”. Nonostante queste premesse, il vivace James, si annoiò molto durante la conferenza. Provò interesse solo quando Wilkins proiettò immagini del Dna, ottenute con la cristallografia a raggi X. Le nuove immagini mostravano che la molecola doveva avere una struttura cristallina. Intuì, subito, che quella era la strada giusta. Brigò per fare amicizia con Wilkins. Ma, il neozelandese, era un uomo schivo che rasentava l’invisibilità. Fece dunque di tutto per evitare il presuntuoso americano. Ma, James, non era il tipo che si arrendeva facilmente. Quando la sorella lo raggiunse nella città partenopea, e vide che chiacchierava con Wilkins la sua mente cominciò a lavorare freneticamente.
Una sera si avvicinò alla coppia, ma Maurice si allontanò con una scusa. C’è da registrare un curioso retroscena su questa conferenza di Napoli. Kalckar, sposato,  aveva una relazione con la Wright e, naturalmente, doveva tenerla nascosta. Watson fu invitato per fare da copertura alla liaison del suo capo.
Come ha sapidamente commentato lo scrittore inglese Howard Markel nel suo bel libro The secret of life “non si può fare a meno di sorridere al paradosso che il dipanarsi della doppia elica del DNA è iniziato con l’accoppiamento di Kalckar e Wright”.

(SEGUE)