Post fata resurgo, come suggeriva e si auspicava qualcuno nelle scorse settimane. Sì, perché il Napoli dopo la sciagurata partita di poco più di una settimana fa contro la Fiorentina, era morto.
Lo testimonia la disperata conferenza post gara di uno sbigottito Gennaro Gattuso: "Non posso mandare giù il fatto che proprio la mia squadra non sia concentrata sulla partita".

Nella filosofia antica la morte corrispondeva all'affrancamento dell'anima dal corpo. Questa è la metafora del percorso intrapreso dal Napoli dopo quella notte.
Il fallimento calcistico con tutte le polemiche, i dubbi, la desolazione che ha sollevato, ha avuto una funzione catartica. L'anima della squadra, dopo essere stata avvolta da questo turbine ed essere stata percossa in maniera violenta dal proprio mister il giorno seguente, ha trovato la forza e lo stimolo giusto per liberarsi da quell'involucro di preoccupazioni venutosi a creare nell'evolversi della stagione. Due giorni dopo poi, quando tutti pensavano di avere in mano il copione di quella che si sarebbe declinata in una vera e propria tragedia per gli azzurri, ecco il plot twist, non il primo né l'ultimo di quest'annata.
Il Napoli scende in campo con carattere e marca da subito il territorio. Non deve essere visto come un caso il fatto che l'undici schierato in campo contro la Lazio fosse pressoché identico a quello del match precedente. Unico cambio significativo quello operato al cuore del centrocampo: in panca lo spaesato Fabiàn Ruiz e dentro il nuovo acquisto Diego Demme, a dare equilibrio e dettare geometrie.

Il gol della rinascita lo segna proprio il Lorenzo Insigne massacrato dai tifosi, aspramente criticato dai media nei momenti grigi, perché considerato troppo fragile per sopportare il peso di quella fascia, invece, pronti via, si carica sulle spalle la squadra e la conduce direttamente in porta, indicando la strada anche ai tifosi. Spettacolari sono le immagini di lui, stremato, seduto a terra, che alza le braccia al cielo ed agitandole, aizza la folla, come fosse il direttore d'orchestra.
Appunto, non ci si può dimenticare di citare l'orchestra. Il San Paolo, dopo il disertamento delle curve per la protesta contro le misure molto restrittive adottate dal comune per limitare vandalismi, aveva improvvisamente cambiato volto. Era divenuto silenziosa e desolata terra di conquista, quasi un luogo avverso agli stessi calciatori azzurri.
Con il ritorno dei gruppi organizzati, a loro stessa ammissione "solo per amore della maglia", si è ricostituito un'apparato fondamentale: il Napoli non può prescindere dal suo caloroso ed iconico tifo, sarebbe come privare l'uomo dell'ossigeno o Rio De Janeiro del suo carnevale.
La squadra non si sfalda nemmeno di fronte all'espulsione di Hysaj, stringe i denti, rimane compatta e viene premiata dalla sorte, quando Lucas Leiva, pochi minuti dopo, in preda ad una crisi di nervi, si fa buttare fuori, ristabilendo la parità numerica. Per il resto del match, il Napoli non fa la partita, ma si arrocca prevalentemente nella propria metà campo, difendendo in maniera molto ordinata e cercando le ripartenze.
Il vantaggio si conserva fino al triplice fischio arbitrale e si leva da Fuorigrotta il primo sussulto della settimana. Con l'incessantismo di partite che caratterizza il calcio moderno, però, non c'è tempo per festeggiare e rilassarsi, è per questo che Rino Gattuso chiama a rapporto la squadra in vista della sfida di campionato. Napoli-Juventus, ben lontana dall'avere un significato rilevante in ottica di classifica, per gli azzurri rappresenta una succosa occasione di rilanciarsi anche in Serie A, regalando allo stesso modo una gioia dai connotati storici, ai propri tifosi.
La carta, però, continua ad indicare gli avversari dei partenopei come favoriti per la conquista dei tre punti. La Juventus dei "traditori" Higuain e Sarri, è motivata più che mai a fare cassa piena al San Paolo, per allungare ulteriormente sull'Inter, fermata dal Cagliari sul pareggio nel pomeriggio. I bianconeri sembrano decisi ad impostare una partita di dominio tecnico e tattico: schierano in formazione tutta l'artiglieria pesante a disposizione del loro attacco si va di tridente Dybala-Ronaldo-Higuain. 
La partita presenta ritmi bassi e pochi sussulti, sia per la grande compattezza dei padroni di casa, sia per una Juventus sufficiente che si specchia e non punge.

Al minuto 63 arriva la svolta, una ripartenza guidata da Insigne si trasforma nel gol del vantaggio azzurro, griffato Zielinski, inseritosi come un fantasma alle spalle dell'inerme difesa avversaria per correggere in rete la respinta maldestra del connazionale Szczesny. A quattro dalla fine poi è sempre il capitano a consolidare il punteggio, mettendo a segno un gol in mezza rovesciata di destro. La rete di Ronaldo è  solo un piccolo intervallo al coro del San Paolo, che si prolunga ben oltre il triplice fischio e accompagna la passerella dei calciatori, prima del rientro negli spogliatoi.

Quello che abbiamo visto nelle ultime due sfide è stato un Napoli assolutamente diverso da quelli vecchi, abbraccia alcuni caratteri tipici del passato, ma propone alcune novità completamente affini alla personalità ed al carattere del nuovo mister. Questo è un Napoli da battaglia, aggressivo, che spesso preferisce rinunciare al possesso palla e sporcarsi le mani, ma allo stesso modo riesce a sfruttare buona parte del grande serbatoio di qualità a disposizione in rosa.
Le prossime partite saranno i test più attendibili sui quali valutare la tenuta di questa squadra e la validità del progetto tecnico. Inoltre ci aiuteranno a capire se potrà ancora recitare un ruolo da protagonista, seppur secondario, in questo campionato. "Il nostro obbiettivo è quello di raggiungere i quaranta punti il prima possibile" ha dichiarato Gattuso dopo la gara contro i bianconeri, nonostante possano sembrare esagerate, le sue parole sono sacrosante per due semplici motivi: il primo perché in questa situazione risulterebbe deleterio fermarsi a guardare la classifica, ora c'è solo bisogno di abbassare la testa e cercare di vincere il più possibile, le somme si tireranno a maggio. Il secondo perché il ricordo di quella partita contro la Fiorentina è ancora troppo vivido e una nuova ricaduta potrebbe rivelarsi irrimediabilmente fatale.