Mi ero preso qualche giorno per riflettere a modo sulla condotta di Pioli durante il match di Bergamo come sulle sue dichiarazioni dopo il match. Pioli mi era apparso in confusione e, dopo averci riflettuto su, mi sento di dire che lo era a tutti gli effetti. La partita è finita bene, perché i giocatori non hanno perso la testa, ma sono riusciti riprendere il pareggio quasi di forza, senza contare su un gioco che, nella ripresa, è andato a farsi benedire. In fondo anche Alessandro Magno sciolse il nodo di Gordio con un colpo di spada, dimostrando che, alla fine, è il risultato che conta, non il gioco. Le considerazioni sul gioco lasciano il tempo che trovano, se non sono supportate dal dato concreto del risultato.

Pioli era stato bravo a preparare mentalmente i suoi. L'arbitro era Maresca, lo sparalesto dei cartellini rossi, e al VAR c'era Valeri, i cui precedenti nel confronti del Diavolo possono essere definiti quantomeno inquietanti. I giocatori dovevano essere bravi a non reagire alle provocazioni degli avversari, vedi il randellamento scientifico dei giocatori orobici, così come dovevano evitare di protestare troppo con Maresca. E tranne un momento in cui Hernandez stava esplodendo, ritrovandosi ammonito per un battibecco con un avversario, tutto è filato liscio. E' il tecnico, tuttavia, che si è dimostrato poco lucido, anzi nervoso e confuso oltre ragionevoli limiti.

Fra le tante incertezze mostrate da Pioli a Bergamo, una è quella dei cambi ritardati e. per giunta, non fra le più allarmanti. Il tecnico rossonero non è uno che ama cambiare i giocatori all'inizio della ripresa, quindi i primi cambi al 58° sono quasi nella norma per uno coi suoi precedenti. Il fatto è che, nell'intervallo, Origi riceveva istruzioni dal vice di Pioli, però non è stato certo fra i primi a fare il suo ingresso, indizio preoccupante di una lettura incerta e ondivaga del match in corso da parte della panchina rossonera. Non solo, ma il Milan si è ritrovato con due attaccanti vicini, Origi e Giroud, senza l'apporto sulla fascia di Leao, bensì con quella del solo Hernandez che, di conseguenza, era più prevedibile, non avendo nessuno con cui incrociarsi. 
Ma la scarsa serenità del tecnico è venuta fuori nelle dichiarazioni finali. Dire, infatti, di aver avuto il controllo match, scaricando quindi la colpa sugli episodi, significa non aver colto o far finta di non aver colto ciò che è accaduto. Le sue dichiarazioni hanno ricordato troppo quelle sui 75' di dominio con cui gli interisti avevano provato a dire che il derby di ritorno dello scorso anno sarebbe dovuto andare a loro. Il dominio, il controllo della partita ecc. sono concetti che sanno tanto di non voler ammettere che le proprie mosse sono state bloccate dal tecnico avversario, sia pure solo in parte, come domenica. Al di là del gioco intimidatorio degli atalantini, dal punto di vista tattico, Gasperini ha messo sul piatto alcune soluzioni di gioco interessanti, di cui gli va dato atto.
Non solo, Pioli non si è reso conto che, nel dopo partita, ha dispensato una dichiarazione allucinante. A dir poco allucinante. De Ketalaere sarebbe nella rosa del Milan per... dare una mano. Dare una mano? Ma Pioli sa che i rossoneri hanno trattato il belga per più di un mese e che per averlo hanno sborsato 35 milioni di euro?
E se è un giocatore preso per... dare una mano, come dice lui, non avrebbe dovuto dire alla società che stava sbagliando a fare l'all-in su un calciatore destinato a quello scopo limitato, invitandola a spendere gli stessi soldi meglio? Qui non è questione di conoscere o non conoscere bene De Ketalaere, ma di chiedersi se è lecito spendere, anzi lasciare che la società spenda, 35 milioni di euro per un giocatore che deve dare la proverbiale mano. Dai non facciamo gli ingenui che ci rendiamo ridicoli! 
Pioli domenica è cascato in uno di quei momenti, che periodicamente si verificano, in cui perde la trebisonda (e quando i marinai di una volta perdevano di vista il faro di Trebisonda nel Mar Nero, andavano in contro a gravi rischi di naufragio). Dal momento che è un tecnico intelligente, con idee valide, sono questi momenti che ne hanno frenato la carriera. Speriamo che si verifichino meno possibile.

Ieri, poi, ci sono stati i sorteggi di Champions. Il Milan era in prima fascia e ha avuto un girone, tutto sommato, buono. Il Chelsea è squadra da quarti di finale come minimo, ma è in linea con quasi tutte le altre della seconda fascia. Il Salisburgo non era fra le migliori della terza fascia, mentre la Dinamo Zagabria è un cliente poco raccomandabile per essere della quarta. Ma è Champions League e ci sta.
Stupisce, in realtà, il lugete o veneres cupidinesque con cui gli interisti, amici di vecchia data ed esponenti del mondo social, hanno accolto il sorteggio della loro squadra. L'Inter era in terza fascia ed ha preso il Bayern, avversario di prima fascia, ma non il più forte di quel gruppo, e il Barcellona, che non è più temibile di Liverpool, Tottenham, Chelsea, Atletico Madrid e Siviglia.
Potevano avere il Lipsia, d'accordo, ma anche il Liverpool. E dimenticano che l'anno scorso ebbero in sorte un girone facilissimo, visto che il Real era sì la più forte della prima fascia, ma lo Shaktar e lo Sheriff sembravano essere lì solo come comparse. Per giunta, i nerazzurri affrontarono lo Sheriff dopo il Real, lasciando ai madrileni la fregatura di affrontare gli sconosciuti avversari in pigiama e con le pantofole, facendosi sorprendere. Il Milan, invece, ebbe in sorte un girone di ferro con il Liverpool, la seconda più forte della prima fascia, l'Atletico e il Porto, quest'ultima la più forte della terza fascia.

Insomma, questi signori a strisce nerazzurre appaiono decisamente egocentrati, nel senso che nel loro immaginario contorto e distorto tutto l'universo gira intorno a loro. Autorità calcistiche, avversari, sorte, episodi... rave e fave... affari vari e perdite di tempo... insomma ogni cosa esistente o immaginabile, anche solo definibile a parole, deve essere  funzionale alle loro esigenze.
Alla fin fine, gli interisti non considerano che, la quarta del loro girone, il Viktoria Plzen, appare meno forte della quarta fascia rifilata ai rossoneri: la Dinamo Zagabria. E poi non credono che la fregatura, in qualità squadra di seconda fascia, l'abbia avuta proprio il Barça? I catalani hanno pescato il Bayern, società cui hanno portato via Lewandosky e con la quale hanno litigato in sede di mercato proprio per lo stesso giocatore, quindi non esattamente una società amica. Hanno poi puppato un brutto cliente fra quelli di terza fascia, cioè l'Inter.

Se il calcio lo leggi senza preconcetti, le cose possono apparire in un'altra luce. Ma ve li immaginate gli interisti privi di preconcetti?