Scritto con la mia fidanzata Alice

Immaginiamo un classico paesaggio mitico, una sorta di "El dorado" ante litteram: satiri e sileni che si dilettano in sfrenati riti dionisiaci, baccanti che ballano in cerchio invocando il dio Bacco, in Baccanalia (le feste dedicate al dio Bacco in epoca romana) annuali. Ecco, in questo paesaggio il personaggio principale, la figura attorno alla quale ruota tutto, sarebbe Josip Ilicic, in arte "la nonna". Un soprannome che, a chi non segue il calcio, potrebbe sembrare offensivo, oltre che monito di uno scarso talento tecnico e fisico. Peccato che "la nonna" sia uno dei calciatori più talentuosi della Serie A: dati alla mano, un giocatore così decisivo e continuo in due stagioni consecutive non si vedeva da parecchio tempo nel nostro campionato. Ma non solo, la seconda punta slovena ha dimostrato di essere un giocatore europeo, segnado ben 4 goal l'anno scorso nel girone di Europa League. Mica male per uno considerato un "talento bruciato" pagato meno di 6 milioni di euro. Prendiamo ad esempio questa stagione: 12 goal e 7 assist messi a referto solo in campionato, per un giocatore considerato discontinuo, non sono pochi. Oltretutto, se mettiamo il fatto che ha giocato solo 2.151 minuti, ovvero nemmeno 25 partite da titolare, questi numeri potrebbero veramente farci pensare ad un Coutinho, o ad un Ozil delle passate stagioni, o ad un De Bruyne. Insomma, I trequartisti migliori del panorama mondiale, dei fuoriclasse pagati milioni e milioni di euro. Oppure, se vogliamo rimanere più vicini a noi, prendiamo due giocatori come Luis Alberto e Milinkovic-Savic, I protagonisti della grande annata 2017-2018 della Lazio, insieme ad Immobile: i due centrocampisti, insieme, hanno contribuito a ben 39 goal (in campionato) della loro squadra (11 goal e 13 assist per lo spagnolo, 12 goal e 3 assist per il serbo), sfornando prestazioni da veri fuoriclasse che hanno attirato I più grandi club europei. Quest’anno, tuttavia, il calo improvviso: solo 17 goal con il loro contributo (4 goal e 5 assist per lo spagnolo, 5 goal e 3 assist per il serbo). Va detto, il calo è stato generale di tutto l’ambiente laziale, e fisicamente Luis ha sofferto della famigerata pubalgia per molto tempo, ma due giocatori, che tra l'altro Lotito non ha venduto di fronte a offerte a dir poco imbarazzanti (si parla di ben 50 milioni di euro per l'ex Barcellona, mentre di 120 milioni per il "Sergente"), che incappano in una stagione così non possono avere più estimatori dello sloveno. Ma no, stiamo pur sempre parlando di Josip, un giocatore che nel suo momento migliore sta giocando nell'Atalanta, che sì sta facendo miracoli, ma rimane una realtà di secondo piano (purtroppo...). Ma non è tutto oro quello che luccica, o meglio, qua l'oro è proprio a gocce.

Se adesso non gioca al Barcellona o al Real Madrid, c'è un motivo, anzi, due: la discontinuità, fisica e psicologica, e la voglia. La prima va analizzata nel dettaglio, in entrambe le sue accezioni: che lo sloveno non sia un campione di continuità è risaputo, ma dovremmo analizzare meglio il perchè di questo. Da quando è arrivato in Italia, sponda Palermo, è subito stato etichettato come il classico giocatore slavo: talentuosissimo, fortissimo, devastante, sia fisicamente che tecnicamente, ma quando vuole lui. Ma soprattutto indolente. Quest'ultima caratteristica (per altro nemmeno troppo vera) lo ha tormentato per tutta la sua carriera. E subito I tifosi rosanero l'hanno amato, ma non è stato un amore platonico, che trascendeva da ogni suo sbaglio, anzi: ogni partita giocata male, in cui risultava assente e le sue giocate si perdevano come sassi gettati nel Mediterraneo, diventava il bersaglio preferito delle critiche. La prima stagione, però, smentì tutti: 39 partite e 8 goal realizzati fra tutte le competizioni, per un giocatore pagato 2.2 milioni, sono veramente molti. Soprattutto per una "nonna" come lui. La stagione successiva fu quella che certificò la sua discontinuità cronica: appena 2 goal segnati e tante prestazioni sottotono, oltre ad un marea di critiche, resero la sua stagione sotto le aspettative del pubblico e della stampa specializzata. Nonostante ciò fu il giocatore più schierato, e non a torto: se si voleva un po' di fantasia, la manovra doveva necessariamente passare dal suo mancino. L'annata si concluse anzitempo per una contusione al piede, fra tanti dubbi e poche certezze: la stagione successiva, tuttavia, mostrò l'Ilicic migliore, che fece innamorare il "Renzo Barbera" con le sue giocate d'alta scuola, oltre ad andare, per la prima volta in carriera, in doppia cifra. Dieci goal segnati, di cui ben 5 fra la 30esima e la 34esima giornata, periodo nel quale era affetto da pubalgia, diedero la certezza che Ilicic fosse un talento da salvaguardare e da far esplodere.

Peccato che la stagione del Palermo si concluse con una triste retrocessione, e un giocatore della sua qualità non sarebbe mai rimasto in Serie B: così arrivò l'offerta della Fiorentina, interessatissima al giocatore, che avrebbe così fatto parte di quel ciclo di successi con Montella in panchina. Il primo anno fu di ambientamento, con l'Aeroplanino che non voleva bruciare il nuovo talento a disposizione: solo 21 presenze in campionato, ma ben 10 nelle altre competizioni, a dimostrazione di come vi credesse l'allenatore. Inoltre gran parte del girone d'andata fu condizionata da un grave infortunio dello sloveno, che non potè così trovare la continuità sperata. La seconda stagione in maglia viola si rivelò di ottimo livello, soprattutto nella seconda parte, con lo sloveno capace di segnare ben 8 goal in campionato, contribuendo in maniera importante al quarto posto (per il secondo anno di fila) della Fiorentina, e la conseguente qualificazione in Europa League. Tuttavia, nel girone d'andata le prestazioni furono spesso deludenti, e la società arrivò a metterlo sul mercato di gennaio, ma per fortuna non arrivò l'offerta giusta. un'altra prova dell'altalenante rendimento del talento slavo. Le due stagioni successive, con Sousa subentrato a Montella alla guida della panchina viola, mostrano una Fiorentina in netto calo, mentre le prestazioni di Ilicic si mantengono su ottimi livelli, soprattutto nella prima annata: 13 goal (record personale iAcarriera in Serie A) e 6 assist che aiutarono, e non poco, la viola a raggiungere la qualificazione in Europa League. E l'Artemio Franchi ricominciò ad amare lo sloveno, etichettandolo come un grande talento. Già l'anno dopo si dimenticò completamente del magnifico giocatore che fino a poco tempo prima aveva idolatrato: appena 5 goal segnati e un mediocre ottavo posto fecero finire in un tornado di critiche giocatori e allenatore, che venne esonerato, mentre Ilicic venne messo sul mercato, perchè creduto un eterno incompiuto, un talento straordinario, bello da vedere, ma poco funzionale e indisciplinato. E, sinceramente, chi avrebbe mai continuato ad investire su un giocatore che si avvicinava ai trent'anni, per giunta un trequartista, che non avrebbe più avuto margini di crescita? In più, la sua carriera era stata più di una volta fermata da pesanti infortuni, che lo avevano tenuto lontano dai campi di gioco anche per mesi interi.

La prima squadra a interessarsi fu la Sampdoria, a cui il giocatore fu vicinissimo, ma poi l'Atalanta irruppe prepotente e lo sloveno, che aveva sentito l'ottima esperienza del connazionale e amico Kurtic, cambiò rotta e si vestì di nerazzurro: beh, mai scelta fu più giusta, per entrambe le parti. 5,5 milioni alla Fiorentina e un contratto in meno da pagare: sembra un affare, no? Beh, non proprio. È stata l'Atalanta a fare uno degli affari migliori degli ultimi anni. All'inizio lo sloveno ha firmato un triennale da 1,2 milioni l'anno: stipendio da giocatore discreto, quale era considerato. Ma la cura Gasperini ha fatto miracoli, a lui e all'intera Atalanta, che in due anni si è ritrovata ad essere una realtà solida, capace di sfornare grandi giocatori ma allo stesso tempo di giocare dei campionati ad altissimo livello: due quarti posti e un settimo posto sono veramente il massimo che si può ottenere da una rosa come quella orobica, che di sicuro non ha dei fuoriclasse assoluti, ma I vari Gomez, Ilicic, Mancini, Zapata, Conti, Cristante, Kessiè e Caldara sono degli ottimi giocatori (e magari anche futuri fuoriclasse, speriamo noi milanisti, con I tre...), che hanno detto la loro e hanno fatto o faranno le fortune delle casse o, speriamo, dei tifosi nerazzurri.

Inizialmente l'avventura sembrò un fulmine a ciel sereno, e I blucerchiati, soprattutto dalla parte del focoso patron Ferrero, non ne furono proprio entusiasmati: cambiare squadra il giorno prima delle visite mediche non è il massimo della professionalità, vero. Però se I risultati sono stati quelli che possiamo ammirare, tutti dovrebbero essere felici: peccato che ad agosto, poco prima dell'inizio del campionato e dell'Europa League, Josip contrasse un'infezione pericolosissima e dolorosissima ai linfonodi del collo. I medici inizialmente sottovalutarono l'entità della malattia, che costrinse il giocatore a parecchi giorni di ricovero e a ben due mesi lontano dai campi di gioco: lui stesso ha affermato "In quei due mesi sotto antibiotico ho capito che il pallone non era tutto. A volte ci si arrabbia per niente ma la malattia mi ha cambiato. Non volevo nemmeno vedere le partite. Famiglia, compagni e Gasperini mi sono stati vicini, poi si è trattato solo di riprendere il ritmo partita". Un giocatore cambiato profondamente da una malattia, e appena rientrato in campo, mostrò subito che il suo talento era più forte di qualsiasi malattia e critica: tripletta e tante giocate d'alta scuola al malcapitato Chievo, che davanti a questo campione potè solo che inchinarsi. Dopo questi eventi, il suo modo di vedere il mondo è cambiato: il calcio non è il centro di tutto, e la vita, in fondo, va goduta appieno, senza troppi fronzoli e troppi pensieri. Una visione tutta sua e leggera, che lo ha reso un giocatore, ma soprattutto un uomo migliore. Un uomo capace di cambiare le partite, come dimostrano I 12 goal di questa stagione e gli 11 della scorsa: ovviamente, la discontinuità non si è persa nel nulla, ma è un attributo caratteristico di Ilicic, oltre che di quasi tutti I calciatori balcanici. Ma Gasperini ha trovato la chiave giusta per motivarlo a dovere, per farlo allenare bene, per farlo diventare il perno di una squadra che ormai è quasi "Ilicic-dipendente", ma come non si potrebbe? Finte di tacco e di corpo, filtranti, cambi di gioco, corsa e tanti, ma tanti goal. E più di due passaggi chiave a partita. E un premio di calciatore del mese di aprile AIC, oltre ad un secondo posto in quello di novembre. What else? Direi.

Beh, peccato che sia rimasto umilissimo: non a caso, il soprannome "la nonna" lo accompagna perchè a parole sembra uno scarsone, sempre distrutto fisicamente e psicologicamente. E poi spacca, letteralmente, le partite. Un vero campione, maltrattato da tutte le tifoserie d'Italia, una volta: adesso lo vuole il Napoli, ma giustamente l'Atalanta spara alto. Accorgersene prima, no? Beh, certo sappiamo una cosa del nostro caro Josip: la classe di sicuro non è acqua, ma in questo caso non è nemmeno oro, un lingotto. Quindi qua abbiamo solo gocce d'oro, gocce di altissimo valore specifico. Gocce d'oro in mezzo ad un oceano d’acqua. Ma Gasperini le sta raccogliendo tutte, facendo le fortune della sua Atalanta. E non posso far altro che augurare tutto il meglio a Josip Ilicic, Il giocatore più sottovalutato della Serie A!