La resistenza di un’istituzione, sportiva e non, all’introduzione di meccanismi di verifica e controllo è sempre sospetta. Lo diventa ancora di più quando gli effetti di eventuali errori non si ripercuotono su nazioni, popoli o sistemi economici, ma sono a costo sociale quasi zero. Anzi consentono di tenere più vivo e spendibile uno spettacolo capace di movimentare miliardi di euro. Per questo le recenti parole del Segretario Generale dell’UEFA Ceferin che si professava contrario all’introduzione del VAR anche nella Champions League 2019 erano sintomatiche della conservazione, che intendeva ignorare le plateali ingiustizie subite da Paris Saint Germain e Bayern Monaco nella scorsa edizione, a vantaggio, guarda caso, di Barcellona e Real Madrid. Come dimenticare le facce scure di Emery e Ancelotti nei dopo partita ? Così come è singolare la posizione di un italiano come capo designatore degli arbitri a livello europeo, stante la ripetuta e sistematica ripetizione di errori a svantaggio delle squadre italiane e, soprattutto, di designazioni di arbitri con precedenti molto negativi: l’esempio di Cakir è emblematico, così come la designazione di una matricola per un quarto di finale al Camp Nou tra il Barcellona e una squadra di seconda fascia come la Roma, priva di protezioni a livello mediatico e politico.  Quando chiesero a quel vecchio volpone di Cossiga perché avesse sostenuto il cambio del governo Prodi con il governo D’Alema, lui rispose candidamente che l’intervento Nato nei Balcani sarebbe stato meno sospetto agli occhi dell’opinione pubblica se sostenuto da un governo di sinistra. E infatti, molti ricorderanno un solitario e infreddolito Michele Santoro, unico a protestare su un ponte di Belgrado. Perché, direte voi, le istituzioni europee dovrebbero sostenere alcune squadre a livello europeo? Semplice: perché quelle inglesi e spagnole si portano dietro un’attenzione mediatica molto superiore a tutte le altre. Il mondo da sempre è mosso da due o tre incentivi primari: messo da parte il primo, che non rientra nel nostro articolo nonostante un’inchiesta di tanti anni fa su alcune interpreti UEFA, il secondo è il potere e il terzo è il denaro.  E una finale con Ronaldo o Messi, o con tutte e due, è il massimo che gli sponsor e le tv possano chiedere. C’era anni fa una curiosa ripetizione nelle finali dei Campionati Europei e Mondiali, in cui i due maggiori sponsor tecnici  riuscivano spessissimo a portare una squadra a testa sino in fondo. Coincidenze, forse. Ma d’altronde: chi ricorda il gol di Lampard dentro di un metro e mezzo contro la Germania ? O chi attribuisce ancora peso a Byron Moreno & C per l’epopea della Corea del Sud ? Diventa tutto storia, narrazione, passato, come le torture del mondiale argentino a cui solo il degnissimo Crujff ebbe la forza di opporsi. E perfino l’Inter di Mourinho affrontò al Camp Nou il Barcellona in 10 contro 11 per quasi due tempi: un vantaggio asfissiante, ma molto meno compromettente di un rigore regalato o di uno contro negato. A volte, naturalmente, il piano non riesce. Ma come diceva il mago Herrera per condizionare una partita basta dare 5 punizioni dubbie a quello che vuoi sfavorire e poi fare un grande regalo a quello che vuoi favorire: al massimo saranno 6 errori di un arbitro impreparato e fuori forma, ma pochi lo credereanno il risultato di un piano preordinato. Dopo lo spettacolo andato in scena al Camp Nou ieri sera, pur non essendo tifosi romanisti, appare chiaro come da Parigi a Monaco di Baviera, da Barcellona a Madrid, la Champions League assomigli sempre di più a una fake news costruita a tavolino. Peccato. Davvero.