E' il 21 Febbraio, il Coronavirus arriva in Italia. Individuati i primi casi di persone contagiate sul nostro territorio, nessuno dei quali è mai stato in Cina. Il primo positivo è un uomo di 38 anni di Codogno. 

Da quel giorno ad oggi, abbiamo attraversato periodi di menefreghismo, di allarmismo, fino ad arrivare all'attuale stato di quarantena totale. Nel frattempo il contagio è diventato implacabile, il virus si è sparso su tutto il territorio nazionale e ha portato con sé paura e dolore. Oltre agli evidenti ed ingenti danni alla salute pubblica, il virus ha stravolto la vita di milioni di italiani, costretti in quarantena, e recato danno anche all'economia del paese, molteplici le aziende costrette a chiudere temporaneamente o forse per sempre.

Ma questa pandemia che sta mettendo in ginocchio paese dopo paese e si dilaga nel mondo come un fiume in piena, può aver fatto nascere anche dei flussi d'acqua secondari, dei ruscelli, effetti più piccoli, meno evidenti e soprattutto meno importanti, che però nascono comunque di conseguenza a questo stato di emergenza.

Voglio iniziare il mio pensiero con una domanda, chi erano o meglio cosa erano i calciatori quel 21 febbraio? Non penso di esprimere qualcosa di tanto assurdo o surreale dicendo che il calciatore era visto, e probabilmente è visto ancora, come una sorta di semidio, un meccanismo perfetto e intoccabile, trascinatore di folle, distante da ogni tipo di sofferenza o problematica terrena, talmente lontano dalla realtà vissuta da noi esseri umani comuni da sembrare quasi divino. 
Ora possiamo dire che il Covid-19 abbia "terrenizzato" questi esseri superiori, e con loro anche tutto il loro mondo formato da società e leghe varie. Il primo scricchiolio di un mondo apparentemente invulnerabile avviene l'11 Marzo, Daniele Rugani è il primo calciatore ufficialmente positivo al virus. Fino a quel momento nonostante i contagi in Italia aumentavano a dismisura, il calcio ha provato ad andare avanti con tutte le sue forze, incurante delle realistiche problematiche, convinto forse da quell'aurea divina che lo circonda da anni ormai. Chi prosegue a porte chiuse, chi rinvia solo alcuni match e chi continua a porte aperte come se nulla fosse. Questo significa forse che i calciatori sono invulnerabili, immuni all'epidemia? NO. L'11 Marzo infatti arriva, tramite un comunicato ufficiale della Juventus, la triste notizia che il difensore lucchese, dopo aver manifestato alcuni sintomi e effettuato il tampone, è risultato positivo al Covid-19.
Sarà un caso isolato si pensa, quella di Rugani è l'eccezione che conferma la regola, i calciatori sono più forti di noi, non possono ammalarsi. Invece, tutto il contrario, così come successo per tutto il resto d'Italia una volta trovato il primo ospite il virus si è sparso ovunque. In seguito al caso del difensore azzurro arrivano i primi casi in casa Samp, poi quelli alla Fiorentina, e via via sempre più calciatori risultano positivi ai tamponi, in Italia così come in Europa: allora anche loro possono ammalarsi, anche loro esattamente come noi. 

Conseguenza logica all'aumento dell'emergenza è stata quella di chiudere tutti i campionati nazionali ed internazionali, così come è successo a tante aziende italiane, anche la grandissima azienda calcio è stata costretta a chiudere temporaneamente i battenti. E i sui dipendenti, i calciatori? In quarantena, volontaria o obbligata, sono comunque costretti a vivere all'interno delle mura di casa, proprio come milioni di persone comuni, e se volessero lavorare, cioè allenarsi, lo devono fare in smart working. 

Negli ultimi giorni poi sono uscite notizie che avvicinano ulteriormente i nostri due mondi, in Francia alcuni club hanno iniziato a tagliare gli stipendi, mettendo i propri calciatori in disoccupazione parziale per questo periodo di inattività. Certo nonostante i tagli, gli introiti non sono certo paragonabili a quelli di una persona qualsiasi, però anche questo è un gesto che umanizza l'ambiente e i personaggi che girano attorno al pallone.
Molti datori di lavoro, dopo aver sospeso la propria attività, hanno messo i propri dipendenti in cassa integrazione, molti addirittura davanti a delle entrate eccessivamente ridotte, sono stati costretti a ricorrere al licenziamento. Insomma, questa emergenza sta facendo perdere molti soldi a tanti lavoratori comuni e questo sta iniziando ad avvenire anche per i calciatori. Le similitudini tra noi e loro sono sempre di più e forse non sono mai state così tante come in questo momento. Oggi tantissimi appassionati possono non solo idolatrare i propri idoli come comunemente avviene, ma anche immedesimarsi in loro e trovare la forza di superare questo momento, prendendo ispirazione anche da chi, nonostante apparentemente faccia parte di un altro modo, in realtà sta lottando la nostra stessa battaglia, questo significa che per una volta oltre ad essere noi a fare il tifo per loro, avviene anche il contrario.

Questo virus quindi oltre a portare devasto nelle nostre vite e averci fatto allontanare da tantissime persone care, può anche averci avvicinato a qualcun altro?
A chi fa parte di una classe sociale che sembrava così lontana e inarrivabile. E quando tutto finirà, le distanze torneranno ad essere le stesse di prima, se non più grandi, o forse almeno solo inconsciamente rimarranno leggermente assottigliate? Convinti che nonostante le apparenze, quello che distanzia noi da loro sia semplicemente lo schermo di un televisore e nulla più.



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