"Una rivoluzione rimandata di un giorno non si fa più per sempre": ritengo che questa frase di Denis Diderot sia abbastanza esplicativa per descrivere la situazione che sta vivendo il Real Madrid, squadra ormai senza più alcuno stimolo e fuori dai giochi in tutte le competizioni già a marzo, e che rischia di compromettere anche le prossime stagioni, quantomeno nell'immediato futuro.

Ogni ciclo, chiaramente, è destinato a chiudersi, prima o poi; il segreto sta nel saper gestire il processo di graduale rifondazione dell'organico per tornare, in poco tempo, ad ottenere risultati molto importanti, evitando, invece, di spremere più del dovuto giocatori ormai logori e "sazi" che non hanno più molto da dare alla causa. Ora, la domanda lecita da porsi è una: il Real Madrid, e nella fattispecie Florentino Perez, ha iniziato questo processo di ricostruzione? La risposta, vedendo i risultati catastrofici di questa stagione, non può che essere no. Un no grande quanto una casa.

Per capire un pò quello che sta succedendo al Real, facciamo prima un passo indietro nel tempo, di circa 12 anni: è il 23 maggio 2007, e il Milan, ad Atene, si laurea campione d'Europa per la settima volta nella sua storia. Un vero e proprio miracolo compiuto dai ragazzi di Ancelotti, se consideriamo le vicissitudini di quella stagione. Però, per un momento, prendiamo in esame la rosa di quell'anno: almeno il 90% dei giocatori c'era già a Manchester quattro anni prima, così come a Istanbul, e in altri momenti che hanno visto il Milan di quel periodo trionfare. Di conseguenza, viene naturale pensare che quello fosse il momento giusto per cominciare un processo di rifondazione, sostituendo passo dopo passo i giocatori ormai sul viale del tramonto con altri più giovani, ma comunque di pari spessore tecnico e carismatico. Berlusconi, all'epoca, non solo non fece ciò, ma anzi, insistette con l'acquistare giocatori praticamente finiti (su tutti Ronaldo, Beckham, Ronaldinho), mettendo su una squadra che, a livello di stimoli ma anche di freschezza atletica, non aveva più nulla da dare. E le conseguenze di questa politica autodistruttiva si stanno vedendo ancora oggi.

Per i connotati che sta assumendo, la situazione in casa Real appare assai simile a quella del Milan di 12 anni fa: una squadra fatta di giocatori che hanno ormai dato tutto quello che potevano dare, senza più quegli stimoli necessari per ottenere grandi risultati, e che anche dal punto di vista della carta d'identità non può essere più al top. La cosa preoccupante, è che Florentino si sta comportando proprio come fece, a suo tempo, Berlusconi; infatti, il presidente madrileno non solo quest'anno ha perso il giocatore più rappresentativo, senza sostituirlo adeguatamente, ma ha anche mantenuto intatta l'ossatura della squadra, non andando a inserire almeno un paio di giocatori da cui si poteva (e doveva) porre le basi per rimettere su una squadra "galattica" (mi vengono in mente Hazard e Kane). Perez ha sbagliato nel ritenere i "mal di pancia" di alcuni giocatori-chiave (Modric, Isco, Marcelo) strettamente legati a questioni economiche, quando, in realtà, erano (e sono tutt'ora) figli di una mancanza di stimoli, obiettivi da raggiungere, poichè ormai tutto quello che si poteva vincere è stato vinto, e ora, giustamente, molti componenti della rosa si sentono appagati e vogliono lanciarsi in nuove sfide. 

A questo punto, il processo di rifondazione non potrà essere più graduale, poichè è palese il fatto che a giugno saranno in tanti, forse troppi, ad andare via, e di conseguenza i loro sostituti dovranno necessariamente impiegare un po' di tempo prima di conoscersi a fondo e poter assimilare una determinata identità di squadra, e questo rischia, chiaramente, di estromettere il Real dalla corsa per obiettivi che contano per un po' di tempo. Ai posteri l'ardua sentenza "galactica".