E´ ormai da tempo l´argomento piú trattato nel chiacchiericcio fra tifosi in questo fine inverno 2019-2020, l´arrivo del "magnate" USA che a breve rileverá il club giallorosso è ormai trend-topic e non potrebbe essere altrimenti, vista anche la deriva presa dalla stagione sportiva della squadra, che si trascina anche abbastanza stancamente verso una nuova stagione anonima. D´altronde da sempre é nell´animo del tifoso, l´arrivo di un nuovo proprietario solletica e stuzzica le fantasie e i sogni di gloria, ma l´animo del tifoso si sa, é generoso e di quella generositá che va a braccetto con la scarsa propensione a comprendere le realtá oggettive, realtá che collocano irrimediabilmente ormai la Roma, in compagnia di tanti club, in una sorta di limbo calcistico, li´ un gradino sotto i maggiori club europei, senza la possibilitá concreta (fatto salvo miracoli sportivi) di salirlo quel gradino.
Giá, questo perché il tifoso moderno in realtá poco si é modernizzato, rimasto ancorato ancora a concetti e luoghi comuni non piú di attualitá, benché non so neanche fino a che punto sian stati realmente di attualitá anche nel passato, ma tant´é, il calcio di oggi é cosa ben diversa, e la figura del magnate che spende e spande di tasca sua per la gloria sportiva personale e del club é una figura ormai mitologica, quasi da leggenda metropolitana.
Il mondo é cambiato parecchio negli ultimi decenni, anche il calcio ha subito questi cambiamenti, in un calcio di qualche decennio fa la concorrenza fra i club era verosimile, era un calcio in cui fondamentalmente i club incassavano soldi dal solo botteghino dello stadio, qualcosa arrivava dalle tv pubbliche per i diritti tv, qualcosa arrivava dagli sponsor, in realtá pochi, e prevalentemente aziende che operavano sul territorio nazionale, in quel mondo era ancora di scarso rilievo.
Quel calcio era il calcio in cui in poco piú di venti anni (fine anni 60-inizio anni 90) addirittura 11 squadre diverse ebbero occasione di fregiarsi del titolo di campione d´Italia, bene o male capitava lo stesso in parecchi paesi europei, forse non in Spagna dove anche nel "vecchio calcio" Real e Barca avevano un vantaggio rilevante rispetto alla concorrenza, seppur nel tempo squadre come Bilbao, Atletico, Real Sociedad e in tempi piú recenti Valencia e Deportivo riuscino a ritagliarsi il loro spazio di gloria.

Situazione piú simile alla nostra quella vissuta in Germania, dove parecchie squadre han avuto nel corso di quei tempi l´opportunitá di vincere la Bundesliga. Oggi queste situazioni sono inverosimili, tutte quelle squadre che in quel calcio avevan la possibilitá quantomeno di competere con le grosse realtá nazionali, riuscendo a prevalere anche di tanto in tanto, son finite in questo limbo. Gli strumenti mediatici moderni, che han portato il calcio ad esser prodotto venduto anche a chi non frequenta uno stadio, la globalizzazione, il web e l´e-commerce, han contribuito a creare uno squilibrio economico non compensabile fra grandi realtá, ovvero quelle che storicamente contano in primis su un maggior seguito, e la concorrenza. La differenza in termini di introiti fra i club "nel limbo" e i club "in paradiso" é di svariate centinaia di milioni di euro.

Ora non credo davvero ci sia bisogno di spiegare che l´idea di un magnate che decide ogni anno di "compensare" questa differenza mettendosi la mano in tasca é un´idea fantascientifica, o forse no, magari lo dovrei anche spiegare dato che ancora oggi é possibile leggere spesso concetti di questo tipo, beh il tifoso, mi si permetta, un po´ ingenuo che davvero lo pensa dovrebbe cominciare a ragionare in maniera piú logica. Un imprenditore, un industriale, anche di successo, non guadagna attraverso il suo "fare impresa", che oltretutto presenta anche dei rischi economici, per poi sperperare allegramente denaro in una sorta di hobby, si potrá obiettare che "ah ma gli arabi" beh li´ non stiamo parlando di capitani d'impresa o di industriali, si tratta di fondi sovrani di paesi in primis grandi esportatori di petrolio gas e affini. La differenza la si capisce? In caso negativo potro´ ancora scrivere ulteriore due righe in futuro.
Oltretutto (come se non bastasse) proprio la presenza di questi pochi soggetti aventi disponibilitá economiche rilevanti ha portato l´uefa come noto a cercare di limitare apporti esterni supplementari agli introiti naturali di un club.

Ora, non é mia intenzione trattare approfonditatemente l´argomento in questo specifico articolo, sul come e sul quanto questi strumenti siano efficaci o equi, il punto é che ci sono, esistono, e, se davvero ci fosse stato bisogno, pongono un ulteriore limitazione a quelle che possono essere le intenzioni (ma come detto al ricco scemo ci credo poco) del magnate di turno che fa "sognare il tifoso".

E in tutto questo la Roma quindi? In tutto questo la Roma é una dei tanti club nel limbo, con introiti annuali, limitatamente al fatturato, ai ricavi di gestione, che nella migliore delle ipotesi superano i 200 milioni annui, quando (giusto per rimanere in ambito nazionale) il club leader, la Juve, viaggia ormai sui 500 milioni.
La Roma negli ultimi anni per quanto possibile ha provato in qualche modo ad inseguire la Juve sul livello delle "spese", perché ovviamente cercare la competitivitá vuol dire avere costi elevati, in primis gli stipendi dei calciatori che, come si sa, se son bravi guadagnano bene giá di loro, se non lo erano ma sono cresciuti come prestazioni invece non guadagnano altrettanto bene, ma a quel punto per evitare di "cambiare aria" toccherá farli appunto guadagnare bene.
Per anni la Roma ha inseguito la Juve accettando di avere costi di gestione sempre piú superiori col passare del tempo rispetto ai ricavi, questo ha portato il club a dover cercare attraverso il player trading quei ricavi che potessero permettere di chiudere i bilanci con perdite (poi puntualmente coperte finanziariamente dalla proprietá attraverso aumenti di capitale) in linea con quanto richiesto dall´Uefa, il mancato rispetto di quel settlement agreement sottoscritto con l´uefa proprio a causa di uno "sforamento" passato, avrebbe avuto come conseguenza l´esclusione dalle competizioni europee, cosa che di certo un club che giá non ha ricavi straordinari non poteva permettersi. La situazione oggi é quella che é, a fronte di 200 milioni di fatturato (quest´anno saran anche meno visto il mancato accesso alla Champions League) la Roma deve sostenere quasi 400 milioni di costi, é stato cosi´ nella scorsa stagione e viste le operazioni che han modificato la rosa nelle ultime sessioni di mercato, questa cifra di costi non dovrebbe essere affatto diminuita.

Ovviamente non é che ci sian solo notizie negative, il passaggio di proprietá consente al club di poter richiedere attenzione, richiedere non si tratta di un diritto inalienabile, un accordo di píú ampio respiro e di piú ampia durata con l´Uefa stessa (vouluntary agreement), anche questa "news" sembra essere stata accettata con entusiasmo dai tifosi che forse si fidano un po' troppo di media che, vuoi perché non troppo avvezzi all'argomento, vuoi perché é spesso meglio vendere ottimismo, non la raccontano tutta.

I circa 200 milioni di sbilancio attuali fra costi e ricavi di gestione della Roma sono un enormitá che l´anno scorso é stata "sistemata" attraverso il player trading, l´accordo con l´Uefa per il v.a. sará un accordo che, se si fará, probabilmente dará alla Roma la possibilitá di avere maggiore margine per la perdita d´esercizio, e quindi la possibilitá di non essere costretta a fare oltre 150 milioni di ricavi da player trading come l´anno scorso, l´idea che possan esserci "investimenti" che poi si traducono in un ulteriore aumento dei costi (giá altissimi come visto) é un´idea totalmente campata in aria.
"La nuova era" quindi non sará poi cosi´ tanto diversa dalla precedente, la Roma giocoforza dovrá sempre avere a che fare con l´ormai annoso problema del non avere ricavi sufficienti a quelle che son le pretese di una tifoseria che sogna "in grande", in una situazione che ormai é definibile come cristallizzata, dato che di certo questi introiti non possono crescere in misura rilevante nel breve, ma anche nel medio-lungo periodo.

Il tifoso della Roma, insomma, per concludere, dovrebbe semplicemente rendersi conto di questa situazione, cominciare a capire che la sua passione calcistica la può (e la dovrebbe) vivere in maniera diversa, senza troppe aspettative, e senza troppo "abbaiare alla luna" lamentandosi ora di Pallotta, domani di Friedkin, dopodomani di chissa chi. Non servirebbe a nulla, non cambierebbe la realtá delle cose, e contribuirebbe a vivere male anche una passione sportiva.
Non ne vale la pena.